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«Dove troverai con il pane al sole la tavola imbandita»

Rimangono un paio di spacci alimentari, il forno per il pane e i dolci, qualche bar e una manciata di ristoranti, che però tendono a chiudere quando finisce la stagione estiva. Nessun albergo e dove un tempo ci abitavano gli isolani si sono ricavati alloggi per ospitare chi ama vacanze diverse dai luoghi alla moda.

In compenso i bambini (quei pochi che ci sono) giocano indisturbati nelle viuzze e nelle piazzette del vecchio borgo – Marettimo appunto – contese dai cani, da qualche mezzo elettrico del servizio rifiuti e dai piccoli furgoni che approvvigionano i locali pubblici quando sono aperti.

Al porto (quello dei pescatori e quello dove arrivano i collegamenti con la Sicilia, poco distanti l’uno dall’altro) una bancarella che fa la spola con la piazzetta del paese per la vendita del pesce fresco: sarde, triglie, qualche tonno, aragoste.

Il mare, anche al porto, è trasparente. Siamo nell’Area marina protetta delle Egadi e i fondali assomigliano a loro modo alle terre emerse. Osservarlo al tramonto o al sorgere del sole è uno spettacolo della natura, ci staresti per delle ore, nel silenzio che accompagna il giungere della notte o il crescere del giorno.

Se non fosse per quel generatore a motore in azione ventiquattr’ore su ventiquattro, che avverti in lontananza e che ti fa capire come le contraddizioni alberghino anche qui, il silenzio regnerebbe sovrano. Perché in tutta l’isola gli impianti per l’energia solare sui tetti delle case praticamente non esistono. Basterebbe un piccolo investimento e invece no, l’energia fossile ancora la fa da padrona. Il Comune è unico per tutte le isole e Favignana fagocita buona parte delle risorse disponibili. La Regione è lontana, lo Stato ancora di più e così ci si arrangia… Anche con il fisco.

Presenti al nostro tempo

Mentre arriviamo sull’isola esce l’Esortazione Apostolica “Laudate Deum” di Francesco. Mi prendo il tempo, qui è facile, di leggerla con attenzione. Il suo valore, a saper vedere, è dirompente. Ci aiuterà nella nostra conversazione del primo giorno d’incontro, quando discuteremo a ruota libera sul “quel che accade alla nostra casa”, come titola il primo capitolo della “Laudato sì”. E’ del resto, quella di Francesco, la voce più importante che oggi ti scuote – ti esorta, appunto – a cambiare il proprio sguardo sulla Madre Terra e sui paradigmi della modernità.

Nelle stesse ore i ragazzi di Friday for future riprendono la parola nelle piazze italiane. Lo fanno anche in relazione all’avvicinarsi della Cop 28, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che a novembre si riunirà a Dubai. Per dire, in buona sostanza, che malgrado gli impegni assunti dai potenti della Terra, non sta cambiando granché, tanto meno in questo paese dove al contrario si sta facendo di tutto per rimangiarsi anche quel che di buono è stato fatto nel corso degli anni, dalla scelta antinucleare al rifiuto di grandi opere come il ponte sullo stretto. Forse perché il nodo non sta nelle singole scelte, per quanto impattanti possano essere, bensì nelle visioni (e nei parametri di riferimento) che delineano il futuro. Ancora immersi nelle magnifiche sorti progressive di cui Giacomo Leopardi osservando il Vesuvio nel lontano 1836 ci aveva ammonito. Sotto questa angolazione il pensiero è proprio unico, anche quando viene da soggettività che si vorrebbero alternative.

Tanto che la mobilitazione nazionale della CGIL e di trecento sigle della società civile a Roma nemmeno ci sfiora. Non che non ci siano buoni motivi per manifestare contro questo governo, ma perché le parole d’ordine fanno riecheggiare manifestazioni ben più grandi di qualche anno fa e che pure si rivelarono divisorie e perdenti. Avremo dovuto comprenderlo sin da allora che in un mondo globalizzato ed interdipendente, lanciato a tutta velocità verso il baratro, il cambiamento avrebbe dovuto passare da una riconsiderazione profonda sul nostro modo di stare al mondo, laddove la sostenibilità di un modello di sviluppo non avrebbe potuto essere declinata in chiave nazionale, nell’incerto confine fra diritto e privilegio. Nel riascoltare lo stesso spartito misuro l’inadeguatezza del pensiero politico e l’incapacità di uscire dai vecchi rituali.

Mentre ci riuniamo a Marettimo arrivano le prime tragiche notizie dell’azione militare di Hamas in territorio israeliano e dei primi bombardamenti israeliani su Gaza. Come già diciannove mesi prima con la guerra in Ucraina, il vulnus che ne è all’origine è il paradigma dello stato-nazione, il cancro otto-novecentesco che continua a produrre i suoi frutti avvelenati. Difficile uscirne senza un cambio di prospettiva, laddove sovranismo e autodeterminazione nazionale rappresentano le sbarre di una prigione ideologica che avvolge non solo il dibattito pubblico ma anche lo stesso diritto internazionale. In un dolore senza fine.

Sempre in quegli stessi giorni cade il decimo anniversario della strage del 3 ottobre 2013, quando su una delle tante carrette del mare al largo dell’isola di Lampedusa, nell’ennesimo naufragio persero la vita 368 persone. In questi dieci anni questo è stato il tragico destino di oltre 28 mila persone. Una strage immane che, vista da Marettimo, appare ancor più colpevole: perché bastava andarle a prendere queste persone, fornir loro una prima assistenza e regolarizzarle così da colmare la mancanza di forza lavoro, da valorizzarne le capacità e la voglia di riscatto, dando loro una nuova possibilità di futuro. Qui o in altri luoghi di un’Europa, che invece risponde stoltamente come una fortezza. Quella stessa Europa che ha smarrito la strada del Processo di Barcellona, lanciato vent’anni fa dalla presidenza europea di Romano Prodi e che aveva mobilitato le migliori energie intellettuali per un disegno euromediterraneo dal segno inclusivo. Nel quale era stato coinvolto uno dei più grandi scrittori mediterranei, l’amico Predrag Matvejevic, autore di quel “Breviario Mediterraneo” nel quale – a proposito del nostro mare di mari – scriveva: «E’ un immenso archivio e un profondo sepolcro». Ci manchi, caro Predrag.

Questo grande mare del quale si parla in queste ore come la faglia di uno scontro di civiltà. E’ ancora Francesco a prendere la parola, questa volta a Marsiglia nel settembre scorso: «… oggi si sente ripetere che la storia mediterranea sarebbe un intreccio di conflitti tra civiltà, religioni e visioni differenti. Non ignoriamo i problemi – ce ne sono! –, ma non lasciamoci ingannare: gli scambi intercorsi tra i popoli hanno reso il Mediterraneo culla di civiltà, mare straripante di tesori, al punto che, come scrisse un grande storico francese, esso non è «un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma una successione di mari»; «da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia» (F. Braudel, La Méditerranée, Paris 1985, 16). Il mare nostrum è spazio di incontro: tra le religioni abramitiche; tra il pensiero greco, latino e arabo; tra la scienza, la filosofia e il diritto, e tra molte altre realtà. Ha veicolato nel mondo l’alto valore dell’essere umano, dotato di libertà, aperto alla verità e bisognoso di salvezza, che vede il mondo come una meraviglia da scoprire e un giardino da abitare, nel segno di un Dio che stringe alleanze con gli uomini».

Il mare e quella particolare lunghezza d’onda

E’ proprio nel Museo del mare di Marettimo che ci incontriamo, per la prima volta in presenza, come Collettivo. Un luogo che sembra fuori dal tempo, tanto le immagini e gli oggetti ci riportano ad un passato più o meno remoto. Con Vito e Mimma ci vuol poco ad annusarci, basta qualche parola, qualche autore e qualche amico in comune perché ci si possa sintonizzare. Un calda accoglienza, che facilita il nostro incontro.

Quanto a noi, non è facile mettere insieme in un luogo così estremo tutte le persone che hanno aderito all’idea del Collettivo, ma comunque la presenza esprime istanze e sensibilità territoriali significative che hanno contribuito in maniera decisiva dapprima alla realizzazione di “Inverno liquido” e, dopo l’uscita, alla sua diffusione1. E poi anche fra noi c’è il bisogno di conoscersi, di condividere senza pregiudizi diversi punti di vista, anche perché fra le persone che s’incontrano per la prima volta proprio qui a Marettimo ci sono esperienze di vita così diverse. Sbaglieremmo nel dare per scontata – nella complessità del tempo che attraversiamo – una visione comune, ma ce n’è a sufficienza e qualcosa sembra aiutarci2.

Ed è questa la ragione per cui si è pensato di riservare la prima parte della nostra conversazione ad uno sguardo d’insieme che riprende la cornice nella quale abbiamo descritto l’ecosistema alpino e appenninico alle prese con un modello ormai in declino, le ragioni che ci hanno portati ad immaginare un collettivo di scrittura, il valore delle presentazioni come occasioni per riprendere la parola, l’urgenza di mettere a fuoco complessità e connessioni di un tempo inedito dove si va capovolgendo il tradizionale disallineamento fra tempi storici e tempi biologici, la fatica di un radicale cambio di paradigma che investe il nostro modo di stare al mondo (la fine della società dell’abbondanza e la cultura del limite, l’antropocentrismo e il rapporto fra genere umano e natura, l’inadeguatezza delle categorie che hanno informato la modernità ma anche degli assetti politico/istituzionali tanto su scala locale che globale), l’assonanza delle nostre riflessioni con quelle proposte da papa Francesco in particolare nell’ultima Esortazione Apostolica, che ci viene in aiuto. La consapevolezza – infine – che non ci si salva da soli e quindi la voglia di rompere gli steccati, che poi rappresenta la cifra narrativa di “Inverno liquido”3.

Ne discuteremo a lungo, fin quasi a sorprenderci che è ora di cena. Riprenderemo il filo dei nostri pensieri il giorno successivo, ma non prima di aver compiuto il giro dell’isola in barca malgrado il grecale, con tuffo in mare in una delle insenature al riparo dalle correnti. “Come i congressi dei medici: fino alle 16 al mare e poi si lavora” commenterà sarcastico Silvano con un messaggio da lontano. Nemmeno Giuliano che non s’era neanche portato il costume da bagno pensando che avremmo discusso dalla mattina alla sera sembra fare una piega, anzi.

Eppure quando ci ritroviamo al Museo del Mare il tempo sembra effettivamente sfuggire via. Discutiamo sulle modalità attraverso le quali questa piccola comunità cercherà di favorire la circolazione delle idee e delle informazioni (una piattaforma? un gruppo whatsapp? una mailing list?), dei gruppi di scrittura sulle piste di ricerca che abbiamo sin qui identificato4 e che piano piano si stanno mettendo al lavoro dando così corpo alla collana.

Si conviene sul fatto che – almeno per il momento – abbiamo bisogno di uno spazio nostro, non necessariamente chiuso ma nemmeno pubblico, dove condividere pensieri ed azioni capaci di tradurre l’urgenza di quel cambio di paradigma del quale andiamo parlando da tempo. L’opzione è per la comunità whatsapp che sarà “governata” dal più giovane di tutti noi, Luigi D’Antonio.

C’è fra tutti/e i/le partecipanti la condivisione che la cifra narrativa di “Inverno liquido” debba essere riproposta in ogni nuovo lavoro, soprattutto nel dar voce ai territori anche nella loro problematicità. Il far tesoro dell’elaborazione che altri prima di noi hanno saputo sviluppare e di cui si è talvolta smarrita la memoria. L’utilità di bilanciare il confronto collettivo e il lavoro individuale. Senza per questo smarrire l’obiettivo di fondo: raccontare come le crisi impattano sugli ecosistemi e valorizzare le strade inedite di coesione sociale. Non entriamo nel merito delle piste di lavoro, diamo solo informazione sui primi incontri che si sono realizzati, in particolare sulle Comunità energetiche e le Nuove geografie.

Gli argomenti che c’eravamo proposti di affrontare sono molti. E quando su Marettimo scende l’imbrunire ci accorgiamo che di alcune cose non abbiamo proprio parlato. Rimangono indietro il rapporto con la casa editrice “DeriveApprodi”, che ha un suo prestigio nell’editoria indipendente, una buona capacità di diffusione e che certamente ha creduto in noi, mettendoci a disposizione una collana. Nei mesi scorsi la casa editrice ha subito un processo di riassetto organizzativo piuttosto importante e, nell’ambito di questo rilancio, ci è stata avanzata anche la richiesta di partecipare come singoli e come Collettivo alla proposta di un ambito formativo che si propone come una sorta di Università parallela. La vorremmo interpretare come una proposta federativa delle molte esperienze formative che nascono in ogni dove, come a rompere – anche da questo punto di vista – gli steccati nei quali siamo maestri.

Argomento che richiederebbe una discussione specifica, ma a quel punto è già buio e veniamo a sapere che i due ristoranti ai quali avevamo rivolto le nostre attenzioni, malgrado i doppi turni, non hanno più posto. Non ci resta che organizzarci in proprio, dividerci le incombenze per la spesa, la cucina e la logistica. Ci aiuteranno Valerio Beltrami, figlio di Giuliano ma soprattutto cuoco in prestito alla nostra delegazione, e Cesare Picciotto, figlio di Veronica e di Francesco, che – nonostante i suoi undici anni – di cucina se ne intende in quanto figlio d’arte. Al quale non sfugge una parola di quel mondo di adulti che ha intorno e che osserva con aria curiosa, ma che è qui a Marettimo in primo luogo alla ricerca di Pluto, conosciuto nella sua precedente visita in quest’isola e che riuscirà a trovare malgrado non si chiami così.

Empatia

Dell’università parallela prendiamo la decisione di parlarne a breve da remoto. Nell’arco di un’ora la tavola sarà imbandita. E’ notte ormai ma il pensiero va ad un testo struggente di Chavela Vargas (Canción de las simples cosas) che recita:

Demórate aquí, en la luz solar de este medio día

Donde encontrarás con el pan al sol la mesa tendida.

Rimani qui, nella luce di questo mezzogiorno

dove troverai con il pane al sole la tavola imbandita.

Ripreso qualche anno fa da Vinicio Capossela sul suo album “Rebetiko”, non a caso ambientato nello spazio meridiano (https://youtu.be/0GgUymHbeIo). Le semplici cose di chi ama la vita, che sono poi quelle che permettono alle persone di riconoscersi senza mai essersi incontrate in precedenza.

Verrebbe proprio voglia di rimanere qui, con il pane caldo e il tempo scandito dal sole, come a prendere commiato da un mondo impazzito. Sarà la serata più bella, carica di empatia e della consapevolezza di aver forse posto le basi di qualcosa di importante.

§§§

1Ha
no partecipato all’incontro di Marettimo: Sandra Ballerini (Firenze), Roberto Barbiero (Trento), Giuliano Beltrami (Storo), Lorenzo Berlendis (Bergamo), Antonio Cherchi (Modena), Saro Cuda (Avola), Luigi D’Antonio (Teramo), Silvia Depaulis (L’Aquila), Maurizio Dematteis (Torino), Gabriella Di Lellio (L’Aquila), Guido Lavorgna (San Salvatore Telesino), Alessandro Mengoli (Roma), Gabriella Merz (Trento), Vittorio Molinari (Modena), Michele Nardelli (Trento), Francesco Picciotto (Palermo), Neri Pollastri (Firenze), Veronica Schiera (Palermo), Luca Serenthà (Brianza). Altri come Vanda Bonardo (Ivrea), Luigi Casanova (Cavalese) e Diego Cason (Belluno) hanno provato a collegarsi, ma invano. Con noi hanno partecipato anche gli animatori del Museo del Mare di Marettimo Vito Vaccaro e Mimma Grillo, e il direttore dell’Area marina protetta delle Isole Egadi Salvatore Livreri Console.

2Scriveva Alberto Savinio che «a perder di vista il mare, si perde il tremolar della marina: si perde l’intelligenza».

3Se ci riesco vedo di mettere per esteso gli appunti introduttivi per le persone che non si sono potute collegare.

4Proprietà collettive; Aree protette, parchi; Consumo e difesa del suolo, paesaggio, riordino fondiario; Comunità energetiche; Cibo delle terre alte; Le guerre dell’acqua; Ecosistemi e nuove geografie; L’altra montagna, ovvero le esperienze alternative che si vanno affermando; Olimpiadi Milano Cortina 2026; Nuovi montanari.

4 Comments

  1. Rita Salvatore ha detto:

    Caro Michele, grazie di aver dato la possibilità di sentire le emozioni di Marettimo anche a chi, come me, purtroppo non ha potuto partecipare. Bellissimo post!

  2. Raffaella Molinari ha detto:

    Devo dirti, Michele, che da antica letterata sono stata conquistata in prima battuta dalla qualità della tua scrittura Hai mostrato i luoghi le persone con grande efficacia, restituendone l’atmosfera direi la visione. È stato interessante anche il racconto di quanto avete scambiato in presenza sul progetto di scrittura e di cui ti ringrazio di averci messo a parte.
    Ma quella pagina di alta letteratura…

  3. Vito Vaccaro ha detto:

    Bellissimo. Grazie

  4. Micaela Bertoldi ha detto:

    Avevo tentato di collegarmi, ma senza esito.
    Mi pare che ci sia stato un bel clima, con progettualità da portare avanti nel futuro.
    Grazie per il resoconto.
    E buon lavoro.