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Sono venuto a prenderti alla stazione…

Così abbiamo imparato a fermarci sulla soglia del nostro furore (o di ciò che ne rimane) e nel rispetto verso quel che pure non ci convince del tutto o forse anche per nulla, indignandoci piuttosto verso l’arroganza e la cattiveria.

Del resto è questo, prima ancora della condivisone delle idee, il tratto della nostra amicizia, un sentire che si ritrova nella gentilezza e nell’assenza di secondi fini, oltre che nel gioire della bellezza che la vita ti può donare.

In questo riconoscersi, pur nella diversità di opinioni che spesso emergeva nelle nostre accese discussioni, si è andata creando una piccola comunità di persone per bene, quasi fosse un dettaglio il sentirsi parte di un progetto comune. Cresciuta, paradossalmente, proprio quando fra queste stesse persone si sono fatte scelte politiche diverse.

Pur non avendo una frequentazione particolarmente assidua, è come se fra noi emergesse un codice comune, capace di andare oltre le burrascose discussioni di Villa Kef, nello splendido scenario di Camogli, dove di tanto in tanto ci ritrovavamo a riversare i nostri dubbi, le frustrazioni o quel che di nuovo ci passava per la testa.

Qui invece, nella nostra casa di campagna, c’è un raccontarsi più disteso, che sa mantenere anche qualche spazio di reticenza quasi a proteggere la magia del nostro incontro, delle fettuccine o delle lasagnette ai funghi porcini, dell’arrosto che si scioglie solo a guardarlo.

Due passi in città, ma proprio due, un aperitivo in piazza del Duomo, l’incontro casuale con qualche vecchia conoscenza. E poi di nuovo nel calore del focolare domestico, svegli fino a tardi per il piacere di conversare e di aprire un’ultima bottiglia di vino.

Sì, parliamo ancora di “una nuttata” di cui non vediamo la fine, quand’anche attenuata dall’orgoglio di una sperimentazione locale che ha saputo far diversa questa terra ma di cui però c’è poca memoria, magari di scriverne… ma dove?

Ah già, che stupido, il tempo nei ricordi tende a sovrapporre passato e presente. Massimo Gorla se ne è andato il 20 gennaio di dodici anni fa. E tutto questo mi dice di un vuoto che non possiamo colmare se non nel ricordo di una persona e di un amico straordinari. Ancora grazie, caro Massimo.

 

* Massimo Gorla è stato parlamentare italiano nella VII e IX legislatura per Democrazia Proletaria. Milanese, laureato in architettura, fu fra i fondatori di Avanguardia Operaia e successivamente di Democrazia Proletaria. Negli anni ’80 abbiamo insieme fatto parte della segreteria nazionale di DP. Con il concludersi di quell’esperienza politica, si impegnò nell’Associazione per la pace e nel collettivo milanese della Convenzione per l’Alternativa.

4 Comments

  1. lidia campagnano ha detto:

    Come è bello questo racconto! ricordo anch’io Massimo con affetto e stima…era meravigliosamente gentile

  2. Angelo Orientale ha detto:

    grazie, grazie, grazie. Ricordare i compagni come Massimo fa sempre bene alla nostra anima e al nostro cuore

  3. luisa morgantini ha detto:

    Grazie Michele, quanti ricordi, nostalgie, amerezze ma quanto orgoglio, un abbraccio a tutti noi che siamo ancora qui (forse per non molto) e pensiamo che valga la pena vivere sentendo ancora la “voce roca” per ogni ingiustizia.

  4. Francesco ha detto:

    Che bel post Michele. E’ forse questo uno dei significati dell’essere veramente amici…permetterci di continuare a vivere nel racconto quando noi non ci siamo più?