Sci di massa e crisi climatica: una conversazione a Merano
3 Aprile 2023«Inverno liquido» a Macerata
4 Aprile 2023«Se vi capita di soggiornare in uno dei rifugi ai piedi del Gruppo delle Odle – Geislerspitzen la magia di questa montagna non tarderà a manifestarsi attraverso un suono che avvertirete soprattutto nelle ore della notte. è la voce delle Odle, un fruscio che all’inizio non saprete decifrare ma che poi accompagnerà come un flauto lontano il vostro sonno. Come nel quotidiano avverarsi di una leggenda che racconta di una gana – la figura ladina che porta con sé particolari forze magiche – che alla vista di un giovane pastore dà vita a una fonte sorgiva e trasforma la pietraia alle pendici della montagna in un fertile pascolo. Ma che successivamente, sentendosi tradita e scacciata, si vendicherà riportando il pascolo alla condizione precedente che nei secoli non smise mai di estendersi. Eppure, malgrado il quotidiano franare delle Odle, le valli che circondano questo gruppo montagnoso (la Val Gardena, la Val Badia e la Val di Funes) offrono uno spettacolo di rara bellezza: “dagli altipiani calcarei ai pascoli, dalle vette e dalle maestose pareti alle gole profonde e ai boschi da fiaba” scrive a questo proposito la Fondazione Dolomiti Unesco. Odle, deriva da «Odles» che in ladino significa «aghi», il che ci racconta della forma di queste montagne, un susseguirsi di vette spesso oltre i 3000 metri, dal Sass Rigais alla Piccola e alla Gran Furchetta, dalla Gran Fermeda al Campanile di Funes e alla Gran Odla.
La Valle di elezione delle Odle – e che più di altre ne esprime lo spirito – è quella di Funes. Rispetto alle grandi mete turistiche del Sud Tirolo, la Valle di Funes si distingue perché non racconta quel che l’ospite vuol sentirsi dire. Sappiamo quanto la montagna sia stata vittima di questo romanticismo, che non sa vedere anche la fatica, il dolore, le privazioni di chi in montagna ci ha vissuto e ci vive. Questa valle, con il suo ambiente sostanzialmente integro e un’attività umana dedita all’economia silvo-pastorale, malgrado le sirene del turismo di massa, ha scelto di essere se stessa, facendo di questo tratto un elemento di attrazione turistica, senza però smarrire la propria identità. Fuori (ma non lontana) dai maggiori comprensori sciistici, in una piccola valle che fonda la sua capacità di accoglienza sui masi piuttosto che sulle grandi strutture alberghiere. E chi decide di venire in val di Funes lo fa per entrare in relazione con la natura, con i luoghi e le persone, con il genio trasformativo dell’uomo e, non ultimo, con se stesso».
dal capitolo “Funes. Il turismo delle relazioni”