di Federico Zappini
Le parole di un anno che ne vale dieci.
Mi avvicino alla discussione del bilancio sempre con una particolare attesa. Si tratta infatti del momento in cui si può tentare di portare al massimo livello la qualità dell’interlocuzione politica, l’ambizione di contribuire con le proprie proposte all’indirizzo dell’azione di governo della città.
Confermo qui questo senso alto di responsabilità che sento mentre tento di mettere in fila parole che devono entrare in connessione (e, perché no?, in conflitto dove serve) con quelle che gli altri consiglieri e consigliere pronunceranno in questi giorni o che il Sindaco Ianeselli e l’Assessora Franzoia hanno già utilizzato presentandoci la previsione di bilancio per l’anno 2023 e – almeno in filigrana – per gli anni successivi.
Dodici mesi fa per iniziare presi spunto dal Rapporto Censis e dalla sua fotografia annuale dello stato della società italiana, ma il Sindaco mi ha anticipato richiamando nel suo intervento la malinconia che ci attanaglia, che ci blocca, che ci impedisce di proiettarci nel futuro. Ci tornerò poi, per un appunto connesso a questa mia introduzione.
Nanni Moretti – in Palombella Rossa – ripeteva spesso che le parole sono importanti: “Chi parla male, pensa male e vive male”. A trent’anni di distanza quel monito è ancora più azzeccato lì dove i tempi della politica (e non solo della politica) sono ulteriormente accelerati, l’attenzione ai termini e al loro utilizzo spesso piuttosto superficiale. Servono parole buone, che costruiscono pensieri attenti alla vita di comunità e alle sue sfumature, ai suoi lati meno in luce, alle sue sofferenze.