di Roberto Pinter
(9 agosto 2016) Il dibattito riguardante il referendum sulla riforma costituzionale è partito male e prosegue peggio. Ci sono due schieramenti in campo: chi vuole la testa di Renzi e chi vuole rilanciare Renzi. In mezzo ci sta la maggioranza degli elettori: quelli che non sono interessati, quelli che non conoscono nel merito la riforma, quelli che la voterebbero ma non vogliono più Renzi e quelli che non la voterebbero ma non vogliono far cadere Renzi.
Nessuna discussione di merito che non sia ipotecata dal futuro del governo, ed è un peccato perché del merito si dovrebbe discutere. La colpa è senz'altro di Renzi che fin dall'inizio ha scelto come sfida simbolica questo referendum, convinto che sarebbe stata più facile che scommettere sulla ripresa economica, sulla legalità o sui diritti per tutti, e convinto che sarebbe stato un suo trionfo. Annunciare la riforma delle riforme ed un paese che cambia, poteva essere una facile scommessa, ma in realtà è difficile appassionarsi al superamento del bicameralismo perché nessuno l'ha mai visto come il motivo di un'Italia che non cambia. Allora Renzi ha provato a giocare la carta più comoda, quello del populismo: “riduciamo i politici”! Finendo per scegliere un terreno dove altri sono più capaci, vedi i 5stelle, e finendo per scontentare una sinistra che non si trova a suo agio nell'agitare gli slogan che, quand'anche in parte giusti, finiscono per togliere alla politica il residuo di credibilità.