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Srebrenica, diciott’anni dopo…

Come non vedere che nel genocidio di Srebrenica era in discussione l’idea stessa di Europa come insieme di minoranze che quando non si sono più riconosciute come tali, rivendicando primati o egemonie, hanno prodotto le più immani tragedie?

Come non comprendere che nella distruzione dei luoghi della cultura e di città come Sarajevo o Mostar si voleva cancellare ogni forma di sincretismo che la storia ha prodotto nel cammino fra oriente e occidente?

Come non capire che nella guerra che ha lacerato i Balcani c’era una partita tutt’altro che riconducibile ad antichi conflitti ma piuttosto alla postmodernità, ovvero la natura criminale di quella strana transizione fra comunismo e capitalismo o la sottile continuità fra potere burocratico e deregolazione?

Srebrenica. Oggi hanno trovato sepoltura nel cimitero di Potočari altri 409 corpi ai quali è stato dato un nome. Un luogo di silenzio e di pace. Domani a Bratunac, pocodistante da Srebrenica, si ricorderanno altre vittime, ancora contrapposte. Fin quando a quelle domande non sarà data risposta, se non ci sarà un serio lavoro di elaborazione del conflitto, le ferite profonde lasciate dalla tragedia balcanica non troveranno pace.

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