"Millevoci" ha rappresentato per un decennio, nel mondo della scuola trentina, un punto di riferimento sui temi dell’interculturalità. Significa in sostanza che una buona parte delle politiche di inserimento dei bambini e ragazzi di origine straniera sono passate da lì, sul piano dell’educazione alla multiculturalità, del sostegno linguistico come nella formazione degli insegnanti. Il progetto nasce alla fine degli anni ’90 per iniziativa proprio del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e prende corpo attraverso l’accordo fra diversi soggetti, la Provincia Autonoma di Trento, l’Università, l’Iprase, il Comune di Trento e, appunto, il Forum. Mano a mano che il progetto è diventato realtà ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio servizio alla scuola trentina, forse lasciando dietro di sé una delle ragioni che ne avevano motivato la nascita, come spesso avviene quella più politica, la capacità di un interrogarsi permanente sulle nuove frontiere dell’accoglienza riferita al mondo della scuola. Questo ha fatto sì che uno dei soggetti promotori, identificabile con la componente amministrativa, tendesse a prendere il sopravvento, includendo "Millevoci" come un segmento della Pat, lasciando al Forum un ruolo di supplenza nelle attività di sperimentazione formativa nelle scuole. Si pone dunque, a completamento di un ciclo comunque molto significativo, la necessità di un bilancio di "Millevoci" capace di indagarne luci ed ombre, interrogandosi sulle linee di rilancio del Centro quale interfaccia fra le attività degli enti fondatori (che ancora intendono parteciparvi), la Pat (ed in particolare gli assessorati all’istruzione e alla solidarietà internazionale) e i luoghi della formazione e della ricerca sui temi dell’immigrazione, della pace e della mondialità il Trentino nel frattempo si è dato. E’ quello che vado a proporre di buon mattino al Palazzo dell’Istruzione, dove mi attendono Laura Bampi, Alberto Conci e Francesca Zeni. Una conversazione gradevole e approfondita che tocca anche i temi della formazione degli insegnanti tanto sul piano dell’educazione alla nonviolenza come delle "nuove geografie", della memoria (il treno avocato a sé dalla Pat è nato per la verità nell’ambito dell’attività del Forum) intorno alla quale si svilupperà l’iniziativa congiunta con il Consorzio trentino dei Comuni e la Trentini nel Mondo, l’organizzazione della marcia "Perugia – Assisi" nell’obiettivo di rendere meno rituale questo appuntamento, l’educazione permanente. Insomma, se ne va quasi l’intera mattinata. Così arrivo alla sala della cooperazione dove si svolgono gli "stati generali" dell’agricoltura trentina che gran parte delle relazioni più importanti sono già state svolte (e delle quali non c’è traccia scritta). E’, questo, un mondo che mi affascina ma che avverto ingessato nelle idee e negli apparati. Gli interventi che ascolto sono banalissimi saluti, più per marcare la presenza che altro. Ma i nodi, invece, sono complicati da sciogliere, ed il mondo dell’agricoltura vive oggi una crisi nella crisi più generale. Dalla quale si dovrebbe uscire investendo sulla qualità, sull’educazione al consumo consapevole, sulla capacità di fare sistema territoriale. Esattamente quel che si fatica a fare e la strada che la cooperazione trentina non ha ancora saputo imboccare con determinazione. Le persone che affollano gli "stati generali" sono un guazzabuglio di istanze e di approcci diversi, filo ogm e amici dell’agricoltura biologica, sostenitori delle filiere corte e quelli che… il mercato richiede il prodotto tutto l’anno, produttori di qualità e "vim, ostia", innovatori (pochi) e conservatori (i più). Devo dire che grazie alla legge sull’educazione alimentare e le filiere corte trovo anche molte persone che ti avvicinano e chiedendoti informazioni. Non è così per Paolo De Castro, già ministro dell’agricoltura per l’Ulivo ed ora presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, un luminare insomma, con il quale scambio due parole e che – con la tipica spocchia di quello che sa già tutto – ti gira le spalle mentre stai parlando. Fa tempo a dirmi che il problema dell’agricoltura italiana è che non riesce a vendere più niente (il 18% di quel che produce) e al diavolo dunque le filiere corte (sto semplificando, s’intende, ma la sostanza è questa). Mi chiedo se gli capita mai di andare a fare la spesa in un supermercato dove vengono proposti i pomodoro provenienti dal Belgio o gli asparagi dal Perù… La politica (quella buona, s’intende) richiede di interrogarsi sulla cultura del limite e, prima ancora, di avere un po’ di curiosità. Lunedì sera a Povo ci troveremo con i produttori locali per parlare di agricoltura biologica mentre in settimana finiremo di scrivere il disegno di legge sugli affitti dei terreni agricoli comunali. Ci sarà anche il tempo per mettere in calendario la visita in Italia ed in Trentino del ministro all’agricoltura dell’Autorità nazionale palestinese e quella di Carlo Petrini, inventore ed anima di Slow Food. Esco dal Palazzo (quello dell’altro potere in Trentino) e ci ritroviamo con Armando, Fabio e Stefano per fare il punto di "Politica è responsabilità" allo scopo di raccogliere le idee e definire il filo conduttore (l’indice è stato detto) di un nuovo abbecedario fatto di parole capaci di comunicare. Dopo aver fatto la spesa per il fine settimana, verso le 17.00 sono a casa. Mi metto subito al lavoro per preparare cena (aspettavo quattro amici, ne arriveranno il doppio) ma la casa è accogliente e il fogolar sempre in funzione. Trovo anche il tempo per aggiornare il sito, fra l’altro ne controllo gli accessi e mi consolo con il fatto che le mie non sono solo parole al vento. Ma di questo ne parleremo nei prossimi giorni.