Far depositare la polvere. Aggiustare la bussola. Politicizzare la società.
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19 Marzo 2019SYSTEM CHANGE, NOT CLIMATE CHANGE
I cambiamenti climatici e il riscaldamento globale sono problemi che comprendono trasversalmente ogni aspetto della nostra vita: le nostre abitudini alimentari, come ci spostiamo, l’energia elettrica che utilizziamo e persino i flussi migratori saranno sempre più influenzati dalla crisi climatica in corso.
Ad oggi il sistema di produzione è diventato insostenibile, non possiamo più permettere che i danni provocati dall’industria si riversino sui cittadini e sugli stessi lavoratori. Sarebbe anacronistico non considerare la produzione industriale come una delle maggiori cause della crisi climatica e delle sue relative conseguenze: gli allevamenti intensivi, la relativa deforestazione, l’uso e l’abuso di combustibili fossili, l’industrializzazione forzata e la cementificazione incontrollata sono solo alcune di queste.
La costante presenza di livelli elevati di Co2 nell’atmosfera ci porterà, in meno di una generazione a toccare il cosiddetto “punto di non ritorno”. L’ago della bilancia che segnava il normale equilibrio naturale si è spostato, ma siamo ancora in tempo per cambiarne la direzione. Ognuno di noi può e deve fare qualcosa nel proprio piccolo per ridurre il proprio impatto sull’ambiente ma è necessario un cambio radicale del sistema.
Dobbiamo ragionare seriamente sulla sostenibilità dell’attuale paradigma produttivo, ripensandolo e aprendoci ad un reale tentativo di cambiamento dal basso per rendere la nostra società sostenibile e allo stesso tempo più equa e giusta. Iniziamo a lavorare e lottare da oggi, a partire dalle nostre abitudini, perché vogliamo che cambi radicalmente il sistema prima che cambi irrimediabilmente il clima! Come? Vi presentiamo alcuni punti critici su cui bisognerebbe iniziare a prendere coscienza per riportare l’ambiente in primo piano:
Alimentazione
Negli ultimi 40 anni il consumo di prodotti di origine animale è aumentato esponenzialmente: solo in Italia siamo passati da un consumo individuale annuo di 27kg a 78kg. Ciò ha comportato la rapida diffusione di allevamenti intensivi, che tuttavia richiedono un enorme dispendio di risorse, tra cui l’erosione del suolo e le deforestazioni. I disastri ambientali sono quindi all’ordine del giorno e l’esposizione a grandi calamità naturali è costantemente in aumento.
Un altro punto cruciale è la pesca spesso praticata in modi insostenibili (cattura intensiva e alla cieca). Quest’ultima è il principale motivo dell’impoverimento della biodiversità ittica oltre che della distruzione degli ecosistemi marini.
Il legame tra alimentazione e inquinamento è oggi evidente: il 20% delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra arrivano dagli allevamenti e dai loro sottoprodotti (FAO) mentre l’utilizzo di pesticidi nell’agricoltura aumenta drasticamente il rischio della desertificazione. A tal proposito, sottolineiamo che Trento è seconda in Italia per la concentrazione di pesticidi nel territorio, tanto che se ne sono trovati residui in oltre il 70% delle zone monitorate, senza contare la contaminazione del 73% delle acque prese in esame.
La riduzione e l’acquisto consapevole dei prodotti di origine animale si professa come una tra le soluzioni chiave per risolvere l’inquinamento globale. Impegniamoci nel consumo di prodotti di origine vegetale e a basso impatto ambientale, che quindi possano essere prodotti a chilometro zero. Con un semplice cambio di abitudini, potremmo sperare di non mettere ulteriormente a rischio le specie animali e vegetali, grazie ad una minor contaminazione dei nostri prodotti alimentari e a un vantaggio economico di riduzione sui costi della nostra salute e del nostro benessere.
Energia
La produzione di energia pulita rimane una delle chiavi del cambiamento di paradigma sul clima. Consideriamo che circa il 45% delle emissioni di Co2 sono provocate dalle centrali a carbone. Queste ultime, in tutte le stime, si aggiudicano il primo posto nella lista dei combustibili fossili più inquinanti con il 30% in più delle emissioni di co2 rispetto al petrolio e il 70% rispetto ai gas naturali (es. metano).
In Europa, vicino a Bonn (Germania), vediamo la miniera di carbone più vasta del continente allargarsi sempre più, portando alla deforestazione del territorio circostante. Lo stesso modello vale per molte aziende produttrici di energia, le quali tengono in pugno il mondo politico e le sue scelte dettandone l’agenda.
Troppo poco spazio è lasciato alle energie rinnovabili, energie per le quali i governi e le istituzioni dovrebbero spendersi con maggiori incentivi e liberi da ingerenze economiche o elettorali.
Migrazioni climatiche
Immigrazione e Clima sono questioni che all’interno del panorama politico e giornalistico si sta sempre ben attenti a tenere separate. Costa caro correlare questi due fenomeni, perché parlare di migrazioni forzate, a causa delle crisi ambientali, impone una riflessione.
Gli effetti degli stravolgimenti climatici provocati dall’uomo sono una causa sottovalutata e sempre più importante degli esodi e delle migrazioni. I dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati rivelano che su 68,5 milioni di persone costrette a fuggire dal proprio paese nel 2017, solo poco più di 113 mila sono arrivate in Europa. Vi sono flussi migratori interni ai paesi di tutt’altra portata. Basti pensare che due anni fa gli sfollati interni sono stati 30,6 milioni. Di questi, più della metà, il 61%, a causa di calamità naturali (si guardi alle conseguenze delle desertificazioni in Africa o USA).
Per questo motivo riteniamo necessario che si affrontino questi temi con la dovuta serietà e senza sminuirne la complessità. La Provincia trentina ha purtroppo dimostrato di essere anche lei chiusa nelle letture semplicistiche applicate a livello nazionale confinando la questione immigrazione ad un mero fatto di “sicurezza provinciale”. Serve una vera analisi del problema, un tavolo dove esperti e realtà, che ogni giorno toccano con mano queste problematiche, possano elaborare una vera soluzione liberi dalle influenze “elettorali”.
Trasporti
Un altro settore protagonista di questo disfacimento ambientale è quello del trasporto e delle infrastrutture. Le esigenze del nostro paradigma di sviluppo richiedono una sempre maggiore mobilità di merci e persone per via marittima e terrestre (si pensi alle 60 milioni di vetture che si aggiungono ogni anno al parco globale). Inoltre, fenomeni economici quanto mai attuali ed in espansione come il commercio elettronico e la dislocazione della produzione, portano un notevole aggravio della situazione con un forte aumento delle emissioni rispetto alle attività commerciali.
Il settore dei trasporti utilizza più della metà dei carburanti derivati dal petrolio, emette nel suo complesso circa 1/3 dei gas serra prodotti e ha un ruolo primario nella produzione di polveri sottili concentrate nei centri urbani. Nel quadro degli obbiettivi internazionali di riduzione di gas serra entro il 2050 (del 60%), la dipendenza del settore dei trasporti dai derivati del petrolio è insostenibile e richiederà una riduzione del consumo di petrolio di circa il 70%. Nelle aree urbane inoltre la grande concentrazione di veicoli inquinanti mette in serio pericolo la salute degli abitanti: l’OMS stima di poter evitare 144 mila morti premature, rispettando la soglia dei PM2,5.
Per tutto ciò è fondamentale ridurre innanzitutto l’utilizzo di autovetture private (entro il 2025 l’Olanda punta ad eliminare le autovetture a diesel e derivati del petrolio) con l’incentivo al trasporto pubblico ed allo spostamento ‘attivo’: pedonale o con bici (in Germania il trasporto pubblico ed i servizi di bike sharing sono stati resi gratuiti nei giorni in cui le polveri sottili si avvicinavano alle soglie). E’ in generale necessaria una grande organizzazione territoriale specifica, coordinata e sussidiaria che garantisca capillarità ed accessibilità al servizio pubblico, e una buona alternativa slow.
Per quanto riguarda le infrastrutture è fondamentale la razionalizzazione, che tenga conto oltre che dell’impatto della singola opera in termini di inquinamento, anche ,e soprattutto, di come va’ a modificare l’ecosistema e il territorio. L’approccio da adottare in queste manovre dovrebbe essere sistemico, anche se ,di solito, la politica di tutela ambientale italiana pecca vistosamente. A causa degli ingenti interessi economici in gioco e dell’opportunismo politico spesso non vengono rispettate le normative, non vengono effettuati i giusti accertamenti ed iter autorizzativi. In questo modo grosse aziende riescono a concludere progetti, nonostante vengano ritenuti oggettivamente dannosi e/o inutili. Chi ne subisce le conseguenze sono le popolazioni locali, la collettività globale, e ancora in ultima battuta l’ambiente.
In conclusione se anche tu pensi che sia arrivato il momento di fare qualcosa per tutto questo contattaci ed aiutaci ad organizzare lo sciopero globale del 15 Marzo!
System Change Not Climate Change