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Lettera agli amici 2

3 Comments

  1. stefano fait ha detto:

    “qui la sintesi sono io”.
    “L’etat, c’est moi”.

  2. fabio ha detto:

    Ciao Michele,
    noto, sia con soddisfazione che con preoccupazione, l’intensa attività. Consiglio di ponderare le energie perchè la legislatura sarà ancora lunga. Seguo il viaggio in palestina sul giornale e la migrazione di Roberto Bombarda dai Verdi al PD. Un buon inizio anno.
    a presto
    fabio

  3. Vincenzo ha detto:

    Caro Michele,
    buon 2010 e grazie per il tempestivo aggiornamento sulle tue iniziative politico-culturali. Come elettore che ti ha dato la preferenza dormo sonni tranquilli. Per il portale che intendi avviare, uno spunto di riflessione alla voce memoria.

    Il passato da cui proveniamo pesa e non poco. A ridosso del capodanno avevo inviato la seguente nota (non pubblicata) al “Trentino”, a margine di un’iniziativa di Antonio Marchi su Rostagno (l’incipit era lo stesso dell’articolo di Guido Crainz che è uscito ieri sullo stesso giornale): Ritornano, sempre attuali, le parole ad un amico de “l’anno che verrà” di Lucio Dalla, scritte in uno dei momenti più tragici della nostra storia recente: “…Da quando sei partito c’è una grossa novità, l’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va….”. In questo fine anno 2009 non va che a distanza di quarant’anni nulla si sappia ancora sui responsabili della strage di Piazza Fontana, come sulla serie di stragi che l’hanno seguita nel decennio successivo. Non va che della morte “accidentale” dell’anarchico Pino Pinelli sia emersa solo la mezza verità del “malore attivo”. “Io so, ma non ho le prove”: queste parole dell’intellettuale Pier Paolo Pasolini che suonarono come severa condanna del “sistema Italia”, attendono ancora di essere smentite. Non va che a distanza di più di vent’anni la giustizia non abbia fatto il suo corso per l’omicidio di Mauro Rostagno, il sociologo di Trento. Le 10.000 firme raccolte in tutta Italia e inviate al Presidente Napolitano potranno forse scongiurare il pericolo di “archiviazione” del procedimento contro i responsabili e i mandanti del delitto. Perchè è morto Mauro Rostagno? Così rispondeva nel decennale dell’assassinio un’altra intellettuale, Marta Losito: “E’ morto quando ha ripreso la sua propria genialità rabbiosa per denunciare una forma di potere arcaica e forte che lega insieme mafia, logge massoniche e politica”. In questi ultime ore dell’anno, un gruppo di amici, sollecitati da Antonio Marchi, hanno voluto ricordare Mauro Rostagno, il leader di un movimento che incise sulla storia di Trento, nel bar Duomo di Via Verdi, il luogo che ospitava la comunità studentesca di quei tempi.

    Memorie scomode queste, forse non “politicamente corrette” nell’Italia e nel Trentino degli anni dieci del XXI secolo; amore è oggi parola di moda, ma senza amore della verità che storia è quella sulle cui fondamenta vogliamo costruire il nostro futuro? Assistiamo ad una caduta di memoria storica molto grave, caduta di cui la rimozione del sessantotto trentino è sicuramente un aspetto, e ciò non fa bene ad una comunità che si trova a far fronte ad un radicale cambiamento del “paradigma autonomistico” con una scatola degli attrezzi in cui troviamo Alcide Degasperi e Bruno Kessler ma non Alex Langer. Porto questo esempio, che mi sottopone al rischio di essere etichettato come “vecchio contestatore incallito” per il semplice motivo che senza una seria riflessione sul nostro meno recente e doloroso passato un “progetto memoria” rischia di arenarsi. Anche di altri sconfitti del pensiero libertario occorrerebbe parlare: Manci ad esempio, un vero federalista, il cui modello di autogoverno del Trentino a cui egli accennava nella corrispondenza clandestina con Luigi Battisti era la risposta alle sirene localistiche incantatrici del nazismo. Anche della storia recentissima della crisi dei partiti della prima repubblica abbiamo perso memoria: la forma partito, che è il bambino della politica, l’abbiamo gettata insieme all’acqua sporca della corruzione e del clientelismo, e tornare a riflettere, per il passato e per il presente, sulla “voce partito”, non guasterebbe. Come assaggio di inizio d’anno il mio non è dei più incoraggianti, ma “prendiamoci il tempo” come diresti tu: al cinquantesimo del sessantotto e al quarantesimo dell’autonomia mancano ancora una manciata d’anni, per cui non disperiamo, grazie ad una buona ginnastica, di poter ritrovare un pò di memoria. Diverso il discorso per la forma partito: dalla nascita del primo che qui ha avuto una forma compiuta, quello socialista, sono trascorsi più di cent’anni, per cui l’esercizio di memoria, pensando ad una scuola per i nostri giovani militanti democratici, si fa un pò più arduo: bisognerebbe padroneggiare le tecniche comunicative di James Cameron!

    Saluti militanti e ancora auguri di buon 2010.
    Vincenzo