Proprio non ci siamo…
18 Aprile 2013Frana sul Monte Velo, in località Gazzi
19 Aprile 2013La stessa democrazia è in pericolo: i poteri si accentrano sempre di più, la trasparenza viene meno e le autonomie locali sono sotto tiro.
La valanga finanziaria, che si muove on line, travolge tutto e tutti ed "è sfuggita ai governi pur eletti dai popoli", come ha giustamente osservato anche il vescovo Bressan nell’omelia pasquale.
Come fermare questo flagello? Come tornare al territorio soprattutto nella gestione dei "beni comuni" garantendo che la coesione sociale non vada in mille frantumi e che la povertà non ci porti ad un medioevo prossimo venturo?
Certamente molti interventi sono in mano alla politica, spesso paralizzata e incapace di decidere, ma alcune scelte sono in mano anche alle singole persone che possono operare al di là del momento del voto. Una di queste è come orientare l’uso del proprio risparmio che va considerato ormai come "bene comune" perché il suo impiego distorto può danneggiare l’intera società.
La Cassa Rurale di Trento nelle recenti assemblee zonali, riprendendo la proposta di Leonardo Becchetti di Banca Etica, ha sollecitato i soci a "votare col portafoglio" nel senso di orientare, almeno parte del proprio risparmio, verso iniziative di imprenditoria giovanile.
L’alto rapporto impieghi-depositi delle Casse Rurali mostra che la gran parte del risparmio viene investita in loco e il Credito Cooperativo è in prima fila nell’utilizzo delle risorse messe a disposizione della Provincia per contrastare la crisi.
Ma non basta! Occorre dare segnali più forti: tagliare qualsiasi rapporto col mondo dei "derivati", con le "cartolarizzazioni" e con l’economia finanziaria che sta uccidendo l’economia reale. Questo vale anche per i Fondi Pensione regionali che devono investire le loro risorse nell’economia locale, anche a costo di "guadagnare" qualche centesimo in meno ( ma spesso lo si guadagnerebbe in più).
Tornare ad una finanza a "chilometro zero" come fu nell’intuizione di Raiffeisen e di don Guetti non è un limite ma un’opportunità di crescita. Il vincolo territoriale nell’impiego delle risorse finanziarie, voluto dai fondatori del credito cooperativo, non era frutto di una visione limitata, in un mondo chiuso e contadino, ma una scelta ben precisa di solidità, di sviluppo e di responsabilità dei soci che, all’epoca, era addirittura illimitata. Questo permise di ottenere credito dalla Banche di città (don Guetti si rivolse alla Banca popolare di Riva del Garda per avviare la prima Cassa Rurale di Quadra) per riportare le risorse finanziarie sul territorio e distribuirle ai soci. Questi ultimi non erano "soggetti bancabili", erano poveri, comunque non possedevano liquidità; la garanzia illimitata e solidale fu la condizione per avere credito dando così vita ad un processo di sviluppo che permise l’accumulazione del risparmio da impiegare solo in sede locale.
Il limite territoriale poi permetteva una gestione trasparente e partecipata dell’impresa cooperativa. Tutti i soci potevano controllare l’utilizzo del credito anche perché i rischi a cui si andava incontro erano altissimi.
Erano "banche etiche" a tutti gli effetti. In fondo i guai, anche recenti, di certe Casse o di certe cooperative agricole, sono scoppiati a seguito dell’abbandono del proprio territorio e nell’imitazione di processi di espansione "neoliberisti in sedicesimo". Non solo: bisognerebbe tornare ognuno ad operare nei propri confini territoriali magari chiudendo gli sportelli che sono stati aperti nelle zone limitrofe spesso per fare un dispetto alla Cassa Rurale vicina che, a sua volta, aveva cercato illusoriamente di espandersi "fuori zona" o, addirittura, fuori provincia.
Per superare le piccole dimensioni ci sono i Consorzi di secondo e magari di terzo grado che devono però restare al servizio dei primi gradi senza, a loro volta, lasciarsi coinvolgere in false illusioni espansionistiche.
Questo non è solo compito degli organismi centrali del movimento, ma anche dei soci e dei risparmiatori.
Nello stesso modo in cui la scelta di consumare i prodotti a "chilometro zero" porta un beneficio a tutta l’economia del territorio, anche pretendere che il proprio risparmio venga impiegato in loco è una scelta per contrastare la crisi.
I giovani del movimento "occupy wall street" o "gli indignados" spagnoli hanno suggerito di dirottare il risparmio dalle grandi banche verso le banche di comunità anche perché i costi del risanamento dei grandi istituti di credito vengono poi messi a carico di tutti. Una cifra enorme (centinaia di miliardi di euro solo in Europa in questi ultimi anni) che poteva essere meglio utilizzata per contrastare la crisi e la disgregazione sociale.
Se poi, come scrive Saviano, ormai le grandi banche europee e i loro dirigenti super pagati, sono condizionati dalla criminalità e sono strumenti per l’esportazione dei capitali nei paradisi fiscali, allora è un dovere civico evitare di collocare qui i risparmi della gente per qualche punto in più di interesse, attraverso le banche on line.
Le idee vincenti spesso partono da piccoli gruppi per poi estendersi all’insieme della società superando i confini di parte per diventare trasversali alle diverse sensibilità politiche. E’ stato così per il movimento ambientalista che, da posizioni minoritarie, ha inciso nella cultura e nella realtà sociale fino a diventare spesso maggioranza.
Speriamo sia così anche per un movimento che sappia contrastare la speculazione, l’arricchimento dei pochi e la finanza globale che sono i veri pericoli per la stabilità e il futuro del mondo.
* Luciano Imperadori è uno studioso del movimento cooperativo