Il paesaggio non è cambiato. Quali insegnamenti dal voto di domenica scorsa?
10 Dicembre 2016La saggezza del proporzionale contro l’avventurismo politico
10 Dicembre 2016Perché, a ben guardare, Trento, Torino e Roma sono sì quanto di più diverso si possa immaginare, ma è anche vero che gli echi che arrivano ad esempio dalla capitale, «dove si sperimenta — dice Falocco — la capacità di governo della complessità da parte di “organizzazioni politiche moderne”», arrivano anche al nord. Perché le «organizzazioni politiche moderne», costruite, secondo Falocco, «sulla base di un processo, allo stesso tempo, di verticalizzazione (il leader, il cerchio magico, il premier, il governatore, il sindaco) e restrizione della base militante (sezioni inesistenti, assenza di luoghi di riflessione ed elaborazione, sovrapposizione tra eletti e dirigenti di partito), si mostrano alla prova dei fatti inadeguate, fragili e fortemente instabili».
«È evidente — commenta l’economista ambientale a proposito dell’esito del referendum — che se un percorso iniziato all’insegna dello svecchiamento e della rottamazione, in pochi anni si trova davanti solo un esercito di voucher, un’assenza di prospettive, una simulazione della partecipazione, la differenza tra quanto annunciato e quanto verificato sulle persone generi una risposta talmente forte che solo un Paese cieco può non vedere».
Per Curti «la politica non intercetta più il cambiamento ». «Parla agli over 50 non captando le nuove generazioni — ammette Curti — in questo modo non si creano le condizioni per il futuro». I giovani non dispongono di «luoghi collettivi dove contarsi e discutere», non hanno «un campo da gioco, se non quello di provare a fare delle cose per loro stessi o per la collettività che li circonda». A mettersi in gioco come «soggetto politico », secondo l’ex assessora, dovrebbero essere le «comunità del cambiamento»: «Quei giovani che, da nord a sud, provano dal basso a fare progetti di sviluppo locale, si pongono domande sul futuro, utilizzano tecnologie creative — spiega — tocca a loro porre domande, essere presenti nel discorso pubblico, non solo protestare votando». Perché queste risposte dal basso spesso funzionano.
«Ciò che serve è la creatività politica in grado di riconoscerle» sottolinea Falocco. E questa può esplicarsi solo se alla base esiste una progettualità: «Ma le organizzazioni politiche moderne — conclude — spesso ossessionate dalla personalizzazione e dalle cinture protettive che si costruiscono intorno, basate sulla logica dell’amico-nemico, nel momento in cui si trovano prive di nemici personali e dunque in grado di dispiegare il pieno della propria progettualità si rivelano fragili, perché la loro costruzione della politica è fondata sulla distinzione e la lotta».