La brochure dell'incontro
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Caro Poletti, Lei si deve vergognare

Di errori ne sono stati commessi molti, moltissimi nell’ultimo quindicennio. Dai governi Berlusconi, e ancora prima a dire il vero, fino al governo Monti e alla grande coalizione di Letta. Ma di danni, al di là della propaganda che ci martella quotidianamente spiegandoci che viviamo nel Paese di Bengodi, ne sono stati fatti ancora più dalle riforme, o meglio sarebbe chiamarle contro-riforme, quali il Jobs Act promosse dal governo Renzi, di cui Lei fa parte. Riforme che hanno dato il colpo di grazia alle poche speranze che ancora esistevano tra le nuove generazioni. L’obbrobio dei voucher, tra i tanti obbrobri che sono stati approvati e difesi a spada tratta dal governo Renzi, stanno facendo rivoltare nella tomba un suo conterraneo, quel Nullo Baldini che fu tra i fondatori oltre un secolo fa della Lega delle Cooperative, associazione di cui Lei è stato presidente per molti anni. Si legga, per cortesia, la vita di Baldini, le sue lotte quotidiane, la sua attività costante per un mondo migliore per chi aveva poco o non aveva nulla. È vergognoso che una controriforma del Lavoro come questa sia stata promossa da un dirigente proveniente dal cooperativismo. E dimostra fin troppo bene come la socialdemocrazia sia, nel bene e nel male, morta e sepolta, dopo aver accettato supinamente la Terza Via blairiana, nome dietro al quale si nasconde, nemmeno troppo bene, il modello neoliberista.

Credo che dichiarazioni come le Sue non siano, purtroppo, una sfortunata scivolata o un’uscita fuori luogo, ma dimostrino una forma di concepire le relazioni sociali nel nostro paese. In realtà, dobbiamo forse ringraziarLa per aver detto quello che davvero pensa e per averci messo così di fronte alla realtà nuda e cruda. Le Sue scuse, siano esse sincere o meno, non servono a nulla. Anzi, fanno ancora più danno.

Non sono solito parlare di me e della mia vita, ma in questo caso risulta necessario per dare un significato alle mie parole. Dopo essermi formato in Italia, tra studi superiori e universitari, ho scelto di andarmene all’estero, vista l’impossibilità di continuare nel campo della ricerca nel mio paese. Da oltre dieci anni vivo tra la Spagna e il Portogallo, dove insegno all’università e faccio ricerca nel campo della storia contemporanea, oltre ad occuparmi di analisi politica per diversi mezzi di informazione e ad organizzare attività culturali, principalmente legate alla canzone d’autore. Vivo a cavallo tra due paesi che sono stati colpiti duramente dalla crisi economica, forse più dell’Italia, ma ciononostante mi hanno concesso la possibilità, pur tra molte difficoltà, di proseguire il mio cammino. Cosa che l’Italia non ha fatto, soprattutto per la pessima situazione dell’università e della ricerca, esistente già prima dell’inizio della crisi del 2008, ma peggiorata notevolmente in questi ultimi anni. Sono moltissimi, e lo dico perché molti li conosco personalmente, i giovani che, come me, lavorano, fanno ricerca o cercano, e a volte ottengono, borse di studio nelle università spagnole, portoghesi, francesi, inglesi o tedesche.

Leggere le Sue parole mi indigna profondamente. E, come me, indigna tanti, tanti altri che si trovano nella mia stessa condizione, lavorino essi in università, in un’impresa, un supermercato, un call center o un bar. A Barcellona, a Lisbona, a Berlino, a Londra, a Buenos Aires o a New York. Se vuole, glieli posso presentare, le loro storie hanno molto da insegnarLe. E hanno molto da insegnare a tutti noi per comprendere dove siamo arrivati. E magari per riflettere perché siamo arrivati a questo punto.

Personalmente, caro ministro Poletti, penso che ho fatto bene ad andarmene: credo sia meglio spendere le mie energie in altri luoghi, dove crescere, vivere e lottare per un mondo più giusto. L’Eldorado non esiste, né esisterà mai, ma almeno dove vivo ora, per quanto siano tante le inefficienze, i problemi e le difficoltà, nessuno si azzarda a sbeffeggiarmi e insultarmi in questo modo. O se si azzardasse a farlo, si dimetterebbe il giorno successivo per la vergogna. Chiedere questo in Italia è un’utopia. Troppa grazia, Sant’Antonio!

Può dunque stare sereno: non ho nessuna intenzione di tornare in Italia. Almeno non finché ci saranno ministri che fanno dichiarazioni di questo tipo con tanta leggerezza. So che quest’ultima frase è una sconfitta. Un’enorme sconfitta. Per l’Italia, in primo luogo. E per molti che leggeranno queste mie parole. Ma, forse, è meglio essere sinceri e mettere tutti di fronte alla dura e cruda realtà, come, a modo suo, ha fatto anche Lei.»

* Professore di Storia Contemporanea presso l’Universitat Autònoma de Barcelona e ricercatore presso l’Instituto de Historia Contemporanea dell’Universidade Nova de Lisboa

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