BIBLIOTECA

18 Ottobre 2016

Mistero napoletano

"La Romania, fra arretratezza e post modernità". E’ questo il titolo della conferenza che devo tenere nel pomeriggio ad Alessandria su invito dell’Istituto per la cooperazione allo sviluppo e la Provincia di Alessandria. Si tratta del terzo ed ultimo incontro di un ciclo di conferenze dedicate alla Romania, in relazione al gemellaggio in corso fra la città piemontese e Alba Julia, antica città di origine romana. Sono stato in più occasioni a visitare questo paese, ne ho seguito nel corso degli anni le vicende seguite alla deposizione di Ceasescu, ho cercato di approfondire i legami economici fra il nostro paese e la Romania nelle forme della delocalizzazione di molte imprese italiane, grazie ai suoi corrispondenti OB fornisce un quadro sempre aggiornato della situazione politica, sociale e culturale della Romania. Ho passato la tarda serata di ieri a rimettere in ordine le idee, raccolgo articoli e pubblicazioni, metto in borsa "Ad est di Bucarest" film straordinario che può venirmi in soccorso qualora manchino le parole. Mi piacerebbe utilizzare "Generazione ‘89", un cortometraggio realizzato dall’Osservatorio e presentato proprio qualche giorno fa a Trento in occasione della conferenza sul ventennale della caduta del muro di Berlino: si riferisce ai giovani rumeni che oggi hanno più o meno vent’anni e che descrivono con parole semplici il loro rapporto con il passato, il presente e il futuro. In realtà potrebbe essere questa la mia relazione, ma l’organizzazione tecnologica è un po’ carente e allora dobbiamo ricorrere alla tradizione orale. Le persone che si sono iscritte al percorso (una trentina) sono quasi tutte donne. E’ più o meno sempre così, quasi che i maschi fossero estranei a questi temi o non avessero nulla da imparare. Fra le presenti , alcune sono donne romene e mentre parlo osservo con attenzione il loro sguardo e le loro reazioni. E’ sempre delicato parlare di luoghi che rappresentano radici e anima di una persona, nel cercare di descriverle in maniera obiettiva ma anche con la necessaria criticità. Ma vedo segni di condivisione ed anche di stupore nel loro sguardo, quando ad esempio parlo dei "Luxuri show", le fiere del lusso che si svolgono a Bucarest e in altre capitali "post comuniste" dove va per la maggiore la Hummer con gli accessori dorati. Parliamo ovviamente anche di cooperazione, della fatica a mettere in moto relazioni di comunità. E mi fa piacere vedere che alcune di loro hanno con sé una copia di "Darsi il tempo" zeppa di bigliettini gialli e di appunti. Finiamo verso le 18.00 e mi metto in auto verso Torino. Chiamo i miei compagni di gruppo che ho abbandonato verso mezzogiorno in un aula che dava segni di forte nervosismo. L’invito che avevo ricevuto qualche mese fa per la conferenza di Alessandria si è sovrapposto infatti ad una riunione piuttosto delicata del Consiglio Provinciale. Si discute delle modifiche proposte alla legge istitutiva delle Comunità di Valle e la minoranza annuncia l’ostruzionismo se non si accoglieranno le loro richieste. La cosa si risolverà solo in tarda serata, accettando la proposta del centro destra di separare la data delle elezioni comunali della prossima primavera con quella dell’elezione diretta di una quota (3/5) dei componenti le assemblee delle Comunità. A Torino cercare una via dove mi hanno prenotato l’albergo, fra ingorghi di traffico e divieti d’accesso, è un’impresa. Finalmente ci riesco e, a questo punto, devo solo decidere se saltare anche la cena oltre al pranzo oppure andare per i fatti miei a prendere qualcosa nella prima trattoria che incrocio. Non amo andare a mangiare da solo ed è troppo tardi per chiamare gli amici. Annoto solo che il pasto che faccio non rimarrà nei miei ricordi. Domani mi attende una giornata tutta torinese: incontri con Slow Food, la presentazione del libro con Luca Rastello e gli amici di "Paralleli", il vecchio amico Alberto Tridente che sento al telefono e che trovo più impegnato che mai. Un vero leone.  
15 Luglio 2016

L’ultimo rigore di Faruk

Gigi Riva


LÕultimo rigore di Faruk


Una storia di calcio e di guerra


Sellerio, 2016


 


«Sono quasi le 7,30 della sera a Firenze. Nessuna brezza è arrivata a dare un briciolo di refrigerio. Ai calci di rigore di consuma il destino di quella che sarà lÕultima Jugoslavia alla fase finale di una competizione mondiale».


«... Si è definito il Novecento come il secolo di Sarajevo. I cicli se ne infischiano delle cifre tonde, del tempo così come lo scandiscono gli umani. UnÕepoca si esaurisce quando deve e non rispetta le date. Convenzionalmente il Novecento lo si afferma aperto il 28 giugno 1914, con gli spari di Gavrilo Prinzip allÕarciduca. Nei libri di storia il rapporto causa-effetto è repentino. Gavrilo preme il grilletto e scoppia la prima guerra mondiale, muoiono quasi dieci milioni di soldati e sei milioni di civili, compreso quelli uccisi dai "danni collaterai", epidemie, carestie, fame. Altrettanto convenzionalmente il secolo si chiude a Sarajevo, emblema di tutte le guerre balcaniche degli anni Novanta. Naturalmente nessuno azzarda la semplificazione: Faruk sbagliò il rigore e la guerra fu. Suonerebbe blasfemo...»


Forse un poÕ "jugonostalgico" ma bello il libro che il giornalista Gigi Riva ha dedicato a Faruk Hadzibegic, il terzino e capitano dellÕultima nazionale jugoslava di calcio.

13 Aprile 2016

La nascita imperfetta delle cose

Guido Tonelli


La nascita imperfetta delle cose


La grande corsa alla particella di Dio e la nuova fisica che cambierà il mondo


Rizzoli, 2016


 


Una sensazione di schizofrenia? Mentre leggo il libro di Guido Tonelli, un racconto appassionato attorno alla ricerca del bosone di Higgs, mi sto occupando della cultura del limite.


Le due cose sembrano confliggere fra loro. La fisica delle alte energie, nel suo indagare attorno allÕorigine dellÕuniverso o, per meglio dire, del multiverso attraverso acceleratori di particelle sempre più potenti e sofisticati. E un pianeta incapace di interrogarsi sulla propria impronta ecologica, pure misurata e certificata, dove si preferisce abbracciare la paura (e lÕidea di esclusione) piuttosto di mettere in discussione stili di vita insostenibili. 

11 Marzo 2016

Missione incompiuta

Romano Prodi


Missione incompiuta


Intervista su politica e democrazia


a cura di Marco Damilano


Laterza, 2015


 


«Ci sono momenti in cui lÕItalia ha bisogno di un auto-illusione ed è disposta a non guardare dentro se stessa pur di continuare ad illudersi. Attraversiamo spesso questi momenti nella nostra storia nazionale...»


Un racconto "da dentro" su ventÕanni di vicende politiche e sociali che hanno attraversato lÕItalia, lÕEuropa e il mondo. «Una missione incompiuta, anzi, in attesa di compimento»

17 Febbraio 2016

Perdonare

Jacques Derrida


Perdonare 


Raffaello Cortina Editore, 2004


 


Nel 1971, Viktor Jankélévitch risponde alla polemica scoppiata in Francia sulla prescrizione dei crimini hitleriani: il perdono è impossibile perché “é morto nei campi della morte”. Interrogando il testo di Jankélévitch, Derrida si chiede se non sia proprio a partire da questa impossibilità che si possa e si debba pensare il perdono. Il perdono, se ce n’è, non perdona che l’imperdonabile...

29 Gennaio 2016

Tito e i suoi compagni

Jo—e Pirjevec


Tito e i suoi compagni


Einaudi, 2015


 


(29 gennaio 2016) EÕ uno sguardo sul Novecento quello che ci propone Jo—e Pirjevec in questo minuzioso lavoro di ricerca storica (620 pagine, 1722 note bibliografiche) sulla figura che più di ogni altra ha caratterizzato la vicenda di un paese come la Jugoslavia, sorto e scomparso nel corso del secolo breve.


Non è solo una questione di date. CÕè dellÕaltro, che ben interpreta la lucida follia di questo secolo, le sue “sovrumane promesse” e le grandi tragedie che il Novecento ci ha lasciato in eredità.


Ci si dovrebbe chiedere, semmai, le ragioni che hanno portato un piccolo paese ad essere al centro del mondo. Perché, a pensarci bene, il Novecento nasce e muore a Sarajevo. Perché qui avviene la più forte resistenza popolare al nazifascismo. Perché è la Jugoslavia di Tito a rompere nel 1948 il monolitismo del blocco sovietico. Perché è sempre qui che prende il via lÕidea del “non allineamento”, movimento che accompagnerà nel secondo dopoguerra la fine del colonialismo. Perché è ancora qui che negli anni Õ90, dopo mezzo secolo e nel cuore dellÕEuropa, riappariranno i campi di concentramento della pulizia etnica. E come anche un piccolo centro possa contenere – lo insegnano gli esoterici – tutto il mondo1.


 

22 Gennaio 2016

Massimo Gorla: un gentiluomo comunista. Cinquant’anni della nostra storia

A cura di Roberto Biorcio, Ida Farè, Joan Haim, Maria Grazia Longoni


Massimo Gorla, un gentiluomo comunista


Sinnos editrice, 2005


 


«Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri. Perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché era solo una forza, un sogno, un volo, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.


Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto quello slancio, ognuno era... come più di se stesso. Era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e, dallÕaltra, il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo e cambiare veramente la vita.


No, niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare... come dei gabbiani ipotetici».


Qualcuno era comunista, Giorgio Gaber

3 Gennaio 2016

Il Romanzo della Nazione

Maurizio Maggiani

Il Romanzo della Nazione

Feltrinelli, 2015

 

«Vivere di sogni è unÕutopia. Come facessero non lo so, ma era tutta gente che sognava mentre lavorava, e quello che avrebbero fatto con il loro lavoro era la loro utopia. E sono finiti allÕIstituto Giuseppe Mazzini, impacchettati nei pannoloni, rincretiniti dal loro lavoro. E più in là del laghetto delle tartarughe non vedono nessuna nazione, non vedono niente perché non cÕè niente. Semplicemente non cÕè niente...».

Il romanzo di Maurizio Maggiani è la storia di una Italia scomparsa, che nel bene o nel male credeva in se stessa prima ancora di farsi e che ha smesso di essere tale ogni volta che è venuto meno il patto sociale e politico sul quale si reggeva. E che anche per questo fatica a pensarsi parte di un progetto europeo.

27 Dicembre 2015

La casa della saggezza

Jim Al-Khalili La casa della saggezzaLÕepoca dÕoro della scienza araba Bollati Boringhieri, 2013 
Un affresco di grande fascino alle radici della conoscenza e dellÕidentità euromediterranea. LÕautore ricostruisce con straordinaria perizia la storia di unÕepoca nella quale menti geniali spinsero le frontiere della conoscenza così in là da plasmare le civiltà che seguirono, fino ai giorni nostri.

23 Dicembre 2015

Alla cieca

Claudio Magris Alla cieca Garzanti, 2005  «Del mio fato no me lagno, go trovà un altro bagno». Potrebbe essere sintetizzato in queste poche parole la tragedia del Novecento raccontata da Salvatore Cippico (o anche Cipiko o Čipiko), un comunista triestino che dopo la guerra di Spagna conosce il campo di concentramento di Dachau e lÕinternamento con i "Monfalconesi" nel bagno penale di Goli Otok, il gulag titino, per finire in manicomio. In questi giorni ho riletto "Alla cieca" di Claudio Magris: poche volte ho sentito un libro cos“ vicino. Ogni volta che parlo della necessitˆ di «scollinare il Novecento» penso che questo straordinario romanzo della storia andrebbe usato come lo strumento per lÕelaborazione del nostro recente passato. Imperdibile.
23 Dicembre 2015

Prima che l’amore finisca

Raniero La Valle


Prima che lÕamore finisca


Ponte alle grazie, 2003




Il rapporto fra il presente ed il passato nelle figure di alcuni straordinari testimoni del proprio tempo


Il lavoro che ci offre Raniero, il profilo dei testimoni di questa ricerca incessante, ha un grande valore perché ci dice fra lÕaltro che un’altra politica è possibile. Riportiamo qui le parole con le quali Raniero La Valle ricorda il massaggio di un amico, Claudio Napoleoni, scomparso nel 1988.
«È su questa ricerca, su quest’ultima domanda, che Napoleoni ha chiuso la sua vita. Continuare Napoleoni, “cercare ancora”, vuol dire a mio parere, ripartire da qui. Da un lato riprendere con forza, in quest’alba del terzo millennio, la questione antropologica, la questione umana, riaprire l’unica ricerca che la cultura e la scienza moderne hanno trascurato o lasciato cadere, la conoscenza che l’uomo ha di se stesso e dell’altro, a partire dal riconoscimento della sua costitutiva ingigenza che, mentre lo radica nel fecondo e creativo bisogno, lo destina all’accoglienza, al servizio e all’aiuto reciproco. E dall’altro, in forza di questa ricostruzione antropologica, verso una antropologia, come diceva Franco Rodano, radicalmente non signorile, riaprire la domanda sulla salvezza e la domanda su Dio.»