No alla venetizzazione del Trentino. Le associazioni ambientaliste contro il completamento della Valdastico.
8 Agosto 2015Fermare gli insediamenti illegali e la rapina della terra palestinese, se si vuole parlare di pace!
20 Agosto 2015La razionalità che ci impone di soccorrere nel Mediterraneo migliaia di persone dovrebbe continuare sulla terraferma ma qui si produce una specie di corto circuito: sembra impossibile immaginare una ordinata distribuzione sull’intero territorio nazionale di un numero così contenuto di persone certo bisognose di aiuto ma spesso soltanto in cerca di una piccola sosta in Italia per poi raggiungere altre mete in Europa e nel mondo.
Conta molto il cattivo esempio – moralmente devastante – di tre importanti presidenti di regioni che pubblicamente boicottano l’iniziativa governativa come pure quei sindaci per i quali l’unica accezione di accoglienza è solo quella turistica, vale a dire quella degli affari.
Anche noi, nel nostro bel Trentino, quello dei numerosi record in qualità della vita, dell’istruzione e della ricerca, quello della Trentini nel Mondo, quello del Mart e del MuSe, abbiamo registrato dei preoccupanti segnali negativi. Anche quello dell’“anomalia trentina”?
Zappini osserva che l’anomalia trentina “appare oggi molto più lontana e sbiadita rispetto al reale scarto temporale (neppure due anni) che ci separa dalla sua ultima rappresentazione”.
I segnali negativi possono ben essere intesi come i risultati anche di questo appannamento ma si può pure aggiungere che, anche in pieno corso, quell’anomalia veniva percepita superficialmente, spesso contrapposta al centralismo nazionale – da preferire – e neppure godeva di buona stampa, vedi la quasi generale incomprensione di ciò che l’istituzione delle comunità di valle poteva rappresentare, soprattutto in tema di riforma del centralismo della provincia stessa.
“Serve un nuovo mito fondativo” e Zappini lo colloca su “l’orizzonte doppio del territorio e della sovranazionalità” ma basterà l’endiadi “territoriali#europei”?
Roberto Pinter, a proposito del PD (ecco un soggetto che appare affatto dimentico dell’anomalia trentina, pur essendone stato attore protagonista), punta su “l’orgoglio di rappresentare una buona idea… un’idea fatta di scelte rispetto ai valori in campo, che sono la vita delle persone e i loro diritti, la giustizia, l’uguaglianza, la distribuzione delle ricchezze e del lavoro, la cura dell’ambiente e l’uso delle risorse…”.
Ciascuno di noi ha una buona idea su tutte queste voci, un’idea centrata nel modo ottimale sul sé ma quanto commisurata all’intero della platea degli aventi analoghi diritti o aspettative?
I nostri giovani, si sente spesso argomentare, sono destinati a meno benessere dei padri. Ma quale rapporto tra i circa 12 milioni di italiani in classe di età giovanile e l’1,8 miliardi di adolescenti e giovani del rapporto UNFPA (United Nations Population Fund)? Sono tutti “connessi”, hanno sogni e aspettative e diritti uguali, un concentrato di entusiasmo energia e speranze, vera ricchezza del mondo, e farne parte senza rimpianti per passati privilegi vuol dire essere ben oltre il benessere dei padri.
Il fatto è che non siamo in grado di conoscere veramente il nostro “particulare” se non vogliamo confrontarlo con l’intero, con la realtà globale del sistema mondo.
Perché i numeri contano, i dati contano e la demografia non è un’opinione, essa incrocia distribuzione delle ricchezze e del lavoro, uso delle risorse e ambiente, interessa e agisce la democrazia come non mai.
Loro si presentano con lo slogan “We are the 99%”, puntano all’1% più ricco; sono gli “occupy wall street”, rappresentano certo le altre 9 parti del decile superiore, anche quel 35-40% della classe media patrimoniale di cui parla Thomas Piketty, sono tutti difensori del nostro stile di vita. Quel 50% di chi non ha niente, o meno di niente, vedi quei 600 milioni di persone che non hanno il gabinetto in casa e per le quali l’ONU ha lanciato la campagna “End open defecation”, chi li rappresenta?
Alla ricerca dunque di una buona idea o, se si preferisce, di un nuovo mito fondativo. Dal popolo sale un’indistinta cacofonia con degli squarci di orrore.
E’ curioso e singolare, caro Michele, ma parole di moderazione e di saggezza in questa fase provengono più dall’alto, dalle posizioni di più grande responsabilità, dal capo della chiesa, da un Dalai Lama, da un Presidente degli Stati Uniti e anche da un Matteo Renzi, almeno in tema di Grecia e di migranti.
3 Comments
Quando evoco la guerra, Edoardo, non faccio nulla di diverso rispetto a ciò che afferma papa Francesco quando dice che respingere i migranti è un atto di guerra, che lasciare una parte dell’umanità nella deriva dell’esclusione è un atto di guerra, che non avere a cuore i destini del “creato” è anch’esso un atto di guerra. Quello che ancora papa Francesco, Barack Obama o Matteo Renzi (anche se questo accostamento mi riesce difficile) non dicono è che questa “guerra” è stata dichiarata nella logica della crescita illimitata (in realtà Francesco nella sua enciclica “Laudato sii” ci arriva molto vicino). Certo, non è la guerra tradizionale, anche se – a guardar bene – le “guerre moderne” hanno a che fare con tutto questo. Il problema è che le “parole di saggezza e di moderazione” faticano a produrre atti politici coerenti da parte dei governi e degli apparati (quel che avviene in Ukraina, ad esempio) e rischiano di non reggere l’urto delle nostre società incattivite. Cero che servono moderazione e saggezza, ma anche uno sguardo lungo e d’insieme per comprendere dove stiamo andando.
Non evoco la guerra come forma di allontanamento non di cecità. E per opporsi all’incattivimento trovo utile valorizzare anche un Renzi che di fronte all’ONU vanta “mare nostrum” come azione di civiltà ed è giusto il suo tentativo di convincere l’Europa a una maggiore apertura, mentre ingiustissime sono le critiche al Governo da parte del rappresentante CEI sui migranti (fatte magari pensando all’ICI per le scuole private).
Un Iglesias (Podemos),che in alternativa a Marin Le Pen si augura “governi che applicano politiche keynesiane” non è forse allineato alla “logica della crescita illimitata”, come gli “occupy…”, come i Tsipras, come da noi le Susanna Comusso?
Parole come manutenzione, responsabilità, buon senso, sobrietà e limite devono diventare parole dure come pietre.
Ciao.
“Mare nostrum” altro non è che corrispondere alle “leggi del mare”. Mi verrebbe da dire “ci mancherebbe altro”, anche se so bene che alcuni governi non farebbero nemmeno questo. Costruire una cultura dell’accoglienza e della cittadinanza è ancora cosa diversa. Ci abbiamo fatto un intero volume come Forum pace tre anni fa, proprio per ridare significato a parole altrimenti banalizzate (e per cercare di dare un nuovo impulso al centro “Millevoci”). Questa necessità si pone a prescindere che al governo vi sia Renzi, Tsipras o Iglesias le cui culture politiche come tu ben dici non si discostano dall’approccio keynesiano.