La caduta di un muro. La fine di una storia e il vuoto di pensiero che non siamo stati capaci di riempire.
13 Novembre 2019La grande cecità
5 Marzo 2020“La maledizione di vivere tempi interessanti‘ (99)
di Michele Nardelli
Sono incerto se scrivere o meno sulle elezioni comunali della città di Trento, ormai alle porte. Forse per le troppe stagioni che mi sento addosso, forse perché l’impegno politico di una vita tende ad essere considerato come occupazione indebita del potere anziché valore civico, forse per la mia stessa estraneità verso le attuali espressioni politiche…
Sono combattuto altresì perché credo di averne di cose da dire (e qualcosa ne ho scritto anche di recente quando il collettivo “La Trento che vorrei…“ mi ha chiesto di tracciare un racconto dei passaggi salienti di questa città dal secondo dopoguerra ad oggi – http://michelenardelli.it/commenti.php?id=4380), sulla sua classe dirigente come sul suo corpo sociale, sulle scelte urbanistiche come sugli interessi che non hanno mai smesso di far sentire la propria voce. Se ne potrà parlare.
Il passaggio che ci aspetta è però troppo importante per lasciare qualcosa di intentato. E quindi mi limito ad esprimere un solo pensiero su ciò che potrà accadere nelle prossime ore e che, a mio parere, sarà decisivo per l’esito del voto del 3 maggio. Perché, malgrado l’esito elettorale delle ultime consultazioni che hanno interessato l’elettorato della città e dei borghi attorno a Trento ci dica il contrario, le elezioni comunali di Trento si possono vincere.
Per raggiungere questo scopo c’è però una condizione essenziale, l’attivazione delle tante persone che oggi guardano con scetticismo e talvolta sconcerto ad un centrosinistra autonomista chiuso nelle proprie liturgie, privo di radicamento sociale, incapace di analisi critica del passato e povero di visione del futuro.
Per farlo non basta aggrapparsi alle graduatorie sulla qualità della vita nelle città italiane che vedono ormai da due decenni la città di Trento ai primi posti (che pure, certo, qualcosa ci racconta), e nemmeno alla ricerca del candidato sindaco che ci tolga le castagne dal fuoco (perché subalterna all’idea di un uomo solo al comando da sempre cara alla destra).
Per rimotivare persone e ambiti di impegno occorrono sguardi nuovi capaci di coniugare l’idea di una città che guarda al proprio presente e futuro con il pulsare del pianeta. Di valorizzare quel che di importante sa esprimere sul piano della ricerca e della capacità di attrazione culturale ed ambientale, con la sua vocazione di incrocio che storia e collocazione geografica hanno resa possibile fra Europa e Mediterraneo.
C’è un’interdipendenza da riconoscere e da abitare che richiede di cambiare il modo tradizionale di vedere le cose, considerato che ognuno dei problemi con i quali la città di Trento si trova a dover fare i conti, non lo si può risolvere senza uno sguardo lungo e tanto meno da soli.
In queste settimane più di una voce ha posto il tema di una svolta partecipativa e capace di inclusione oltre i partiti, cui corrispondesse l’indicazione di figure che bene avrebbero potuto interpretare questa svolta di innovazione politica e culturale (nomi che qui indico attenendomi all’ordine alfabetico): Andrea de Bertolini, Alessandro Franceschini, Franco Ianeselli, Michele Lanzinger, Marco Merler, Barbara Poggio.
Eppure, se non stiamo accorti, tendono a prevalere l’inerzialità, i veti incrociati, le simbologie riferite alle storie personali, le meschinità di bottega. Tanto che questi nomi od altri vengono contrapposti fra loro secondo logiche vecchie e stantie.
Queste persone – e qui potrebbe avvenire il cambio di passo – dovrebbero insieme prendere l’iniziativa candidandosi non in primarie necessariamente divisive ma in una comune proposta di governo della città, un patto di persone (oltre che di soggetti politici) – sostenute da migliaia di adesioni attraverso una sottoscrizione di impegno condiviso – quale ossatura del progetto politico e amministrativo per il Comune di Trento 2020 – 2025.
Un’idea di amministrazione nella quale la figura del candidato sindaco sia quella di “primus inter pares“, espressione latina che indica la scelta diuna persona rappresentativa in un gruppo di altre che sono al suo stesso livello e con pari dignità, e dove la scelta di direzione collettiva risponde proprio al particolare momento di passaggio che stiamo vivendo.
Se questa scelta venisse condivisa dalle persone in questione avrebbe un effetto di straordinaria moltiplicazione di partecipazione, mettendo in moto un concorso di adesioni individuali e collettive, quel tessuto sociale, culturale e politico per troppo tempo lasciato da parte ma che ancora oggi è in grado di fare la differenza.
La semplicità che è difficile a farsi?