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Dove spira il vento della secessione, scoprirsi cittadini europei

Nella saletta dell’associazione “IlPortico“ di Dolo, a due passi dalla laguna, ci sono una ventina digiovani che si sono iscritti ad un fine settimana di pensiero, parolee convivialità. Mediamente sui vent’anni, i loro nomi sono Sara,Giorgio, Clara, Caterina, Marta, un’altra Sara, Enrico, Davide,Elena, Anna, Lucia, un’altra Anna, Tommaso, Giacomo, Pietro,Giancarlo, Francesca, Giulia, un altro Tommaso, Michele, Jacopo,Giorgio e qualche altra persona che forse mi sfugge. Fanno parte diun vasto mondo associativo, dagli Scout all’Azione cattolica, daLibera ad Amnesty International, che hanno deciso di uscire dalproprio ambito d’impegno per condividere esperienze e sguardi sulmondo. Molti di loro frequentano l’Università, alcuni anche aTrento.

Sono qui con loro per parlare di Europama Giorgio che introduce il nostro incontro mi chiede di presentarmiperché, dice, frequentando il mio sto è rimasto incuriosito dallamia storia politica. Troppo lunga per essere raccontata in qualcheminuto e allora provo a dire del tratto che ha accompagnato il miopercorso politico e di cui sono orgoglioso, quello di essere stato“presente al mio tempo“. Nell’aver cercato cioè di comprenderequel che stava accadendo senza dover rincorrere gli avvenimenti maprovando ad interagire con il presente, quell’essere sul pezzo che tipoteva aiutare a capire la natura dei processi sociali, deiconflitti, delle fratture della storia. Parlo di quando cadde il murodi Berlino e del nascere in quelle stesse ore di un progetto politicolocale che contribuirà a rendere possibile negli anni successivil’anomalia trentina, parlo dell’intuizione che porterà allacostituzione del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani,racconto di come nacque non lontano da qui, in un bar della Giudecca,l’idea dell’Osservatorio sui Balcani e del ruolo che ha svolto inquesti tredici anni. Dell’importanza di alzare lo sguardo sulle coseche vediamo tutti i giorni, per comprenderne i messaggi.

E poi mi inoltro nel mio raccontoeuropeo, di un’Europa di cui non conosciamo la storia né legeografia, di un’Europa in divenire anche nella sua identità,costruita nell’attraversamento delle terre e dei mari. Parlo di unNovecento di cui non abbiamo indagato il delirio, degli anni ’90 dicui non abbiamo saputo ascoltare i messaggi, girando il nostrosguardo altrove quando nel suo cuore balcanico si bombardava con laVijesnica (la biblioteca nazionale di Sarajevo) l’idea stessa diun’Europa dove ognuno è minoranza.

Parole che qui, nel Veneto dove tiraforte il vento della secessione, vanno usate con prudenza. Identitàin primo luogo. Uno dei ragazzi presenti mi fa notare che Casa Poundusa lo slogan “zero per cento razzismo, cento per cento identità“.E mi rendo conto che quel referendum virtuale per l’indipendenza chenei giorni scorsi io stesso avevo osservato con sufficienza pesa piùdi quel che pensassi nella crisi devastante di un modello come quelloveneto dei capannoni e degli ulivi rubati, come nel vuoto di visioneche oggi segna la politica.

Un racconto, il mio, fatto di paginecruciali che a scuola non vengono insegnate. Perché cancellate inquanto ritenute ingombranti dalle vulgate dominanti, perchésemplicemente ignorate, perché non corrispondenti ad un immaginariozeppo di pregiudizi e di vicende non elaborate. Cerco di capirequanto le mie parole riescano ad entrare nel sentire dei presenti, lesuggestioni sono molte… qualcosa forse resterà.

Nella conversazione che segue, ledomande investono il futuro, la vita che questi ragazzi hanno davantia loro, l’inquietudine per l’incertezza, la fatica nel dare rispostecomplesse quando altri dispongono di messaggi tanto semplificatiquanto violenti.

S’interrogano anche su come darecontinuità al loro incontro, affinché non sia solo un passaggiogenerazionale, “un gioco a cui avremmo giocato poco“ per dirlacon Fabrizio, quando si può anche sognare prima di trovarsi a fare iconti con la vita reale. Gli suggerisco qualcosa… di investiresulle cose che rimangono, sulle relazioni, sulla conoscenza.

Qualcuno di loro mi chiede a che puntosia il mio impegno politico, rispondo che sto lavorando per costruireuna prospettiva diversa, lungo le traiettorie del locale e delsovranazionale. Messo alle strette sulle prossime elezioni europee,mi rendo conto di quanto mi trovi ad essere distante da quello chec’è, sempre sull’uscio, disposto a farmi carico ma esigente nel nonvoler percorrere strade già battute.

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