Dalla tempesta Vaia allo spillover nel mercato di Wuhan, il filo rosso che unisce le grandi calamità contemporanee
29 Maggio 2020Il monito della ninfea, un video su Youtube
29 Maggio 2020Ma mentre la ninfea non è responsabile della sua crescita a dismisura, non solo perché non dipende da volontà propria, ma anche perché non invade tutti gli ambienti, l’opera umana ha imitato il livello esponenziale di espansione e lo ha esteso in ogni dove, a prescindere dal contraccolpo che ne potesse derivare per altri esseri. È lì che appare in tutta la terribile portata l’insipienza umana.
Forse è per questo che il volume di Diego Cason e Michele Nardelli non può che esordire con la commiserazione racchiusa nella frase: “Povero tempo nostro” (p.15)
Di fronte ad eventi catastrofici la gente si trova a dover accorgersi che il mondo precedente non c’è più (p.25). Tale constatazione viene evidenziata e analizzata nel libro in maniera precisa. Oltre ai dissesti materiali, oltre alle ferite nel corpo stesso della terra, la Madre Terra di cui ha scritto Edgar Morin, ciò che rimane è lo spaesamento, il dissesto emozionale, la paura, il timore che a breve tutto si ripeta.
Dopo la tempesta Vaia, i paesini di alta montagna sono rimasti isolati, senza elettricità, a volte senza più strade percorribili per raggiungere i centri vicini. Senza rifornimenti, senza aiuti: un vuoto di riferimenti sociali, di indicazioni. Tuttavia in presenza di un pieno di dolore, di smarrimento.
Mi pare interessante la sottolineatura/denuncia circa il fatto che da parte delle Amministrazioni è stata compiuta l’analisi scientifica delle cause del fenomeno Vaia, mentre nulla è stato ancora fatto circa l’analisi degli effetti che questo ha prodotto nelle persone e nelle comunità colpite dal disastro.” (p.23)
Perché l’attenzione dovrebbe essere soprattutto puntata sulle persone, sulla loro capacità di comprendere quanto accade, di assumerne culturalmente la portata e le responsabilità, con conseguente decisione circa la necessità di modificare comportamenti privati e scelte pubbliche, ovvero politiche, circa la prospettiva futura.
Condivido la scelta di indicare come destinatari del lavoro di ricerca e della rielaborazione compiuta i giovani di Friday for Future, dato che a loro viene consegnata, da parte di chi li ha preceduti, una scomoda eredità, con il compito di cambiare la rotta finora seguita.
Nel descrivere le Fragilità ambientali e strutturali, pagina dopo pagina emergono impressioni decisamente poetiche, dove i boschi diventano i luoghi dell’anima e delle favole antiche, eppure non si trascurano i dati, l’analisi quantitativa e qualitativa delle condizioni dei boschi, della loro evoluzione storica sia in Trentino Sud Tirol, sia in Veneto, sia in Friuli ed anche una complessa geografia dei danni. Significative sono le descrizioni circa le diverse modalità con cui sono stati affrontati i problemi immediati e del ripristino dei luoghi nelle varie aree amministrative, da cui si ricavano indicazioni su quanto sarebbe necessario approntare per agire con prudenza e capacità progettuale. Consapevoli che altre tempeste Vaia ci saranno, altri disastri annunciati, come ricordato da Gianfranco Bettin in prefazione: dato che trasformazioni locali irresponsabili hanno perso ogni legame con le conoscenze antiche mentre si procedeva ad alterare il contesto, il pianeta, il clima, l’atmosfera stessa che ci consente di vivere non si può ignorare il fatto che esiste un intreccio tra effetti locali e effetti globali.
La terra, Amica fragile, (cfr, p. 83), al momento unico pianeta in grado di ospitare forme di vita complesse […] è un piccolo pianeta, dove le condizioni adatte alla vita sono limitate, non più di venti chilometri di guscio dotato di acqua e gas.”
Per questo occorre avere consapevolezza di quanto siano sbagliate alcune direzioni su cui ci si è mossi finora: la tendenza all’inurbamento, la crescita disuguale, il consumo delle risorse in un’ottica di sviluppo senza limiti da cui sono derivati produzione di anidride carbonica e altre sostanze climalteranti, aumento delle temperature globali, produzione di plastiche, e quindi anche invasione di rifiuti, scarsità di acqua, accaparramento delle terre, migrazioni e incertezza dei destini delle persone e di intere popolazioni.
La puntuale disanima di tutti questi aspetti permette ai lettori di approfondire ogni passaggio del ragionamento, così da confutare eventuali critiche circa posizioni ideologicamente precostituite.
Perché è davvero giunto il tempo per rendersi conto realisticamente della necessità di cambiare atteggiamento nei confronti della natura e del modo in cui abitiamo il pianeta, entrando in sinergia con gli alberi, con le piante, con gli animali e con i prodotti della terra, elementi basilari in ogni territorio, di cui spetta a noi avere cura.
Soprattutto spetta alla politica il farsi carico di queste problematiche, non con apparenti ammissioni di errori che ne sottovalutano tuttavia la portata, o con retoriche adesioni all’idea di economie verdi, che di verde hanno solo l’aggettivo, svuotato perfino del significato reale.
Opportunismi, false proposte vanno ricacciati nel mare della retorica perché il mondo di oggi ha bisogno di un cambio di visione, fondato su altri paradigmi che non ripetano all’infinito parole come crescita e sviluppo, ma cerchino di riconnettere l’umanità con il destino di tutti i viventi. Si tratta di coniugare la parola Futuro con le parole rispetto, dignità, giustizia e relazioni di cura: per la terra, per l’aria, i boschi, i campi, le opere umane le persone. Perché è giunto il tempo di alzare la voce.
Bello il capitolo che conduce il lettore Nell’oscuro mistero (p.159) dato che offre la possibilità di ripercorrere mitologie e pagine di autori, entrando nelle emozionalità racchiuse nelle foreste, per come sono state interpretate simbolicamente dalle religioni e dalle letterature del passato.
Foreste che racchiudono i lati oscuri, simboleggiano le psicologie del profondo, rappresentano il rinnovellarsi della vita nell’eterno rifiorire della vegetazione.
Questa loro caratteristica in un certo senso è invidiata dalla specie umana che deve trasferire nelle generazioni successive il desiderio del perpetuarsi nel tempo, mentre le grandi querce, che sono state testimoni secondo Plinio dei sacrifici offerti dai sacerdoti druidi gli dei, sfidano addirittura i secoli. Secondo Tacito si tratta, infatti, di querce di enormi dimensioni, lasciate intatte dal trascorrere del tempo e originate insieme col mondo”. (p. 171)
Indubbiamente il richiamo agli autori classici mette in circolo alcuni brandelli di conoscenze di cui i lettori dispongono, che possono aiutare a operare una sintesi tra quanto appreso nei corsi scolastici e i dati di attualità analizzati nell’intero volume. Un aiuto per riconnettere le conoscenze acquisite con i nuovi saperi di cui il nostro tempo, ha davvero bisogno: e fra essi in particolare la comprensione del senso del limite.