Il monito della ninfea. Buona la prima.
26 Febbraio 2020Stato di eccezione
12 Marzo 2020-
2. Siamo entrati in rotta di collisione con il Covid19. I suoi effetti ci stanno cambiando e, non serve leggere nel futuro per capirlo, ci cambieranno ancora moltissimo. Lo fanno giorno dopo giorno, stressando le nostre abitudini quotidiane (dalle funzioni religiose al campionato di calcio) e – più in profondità – mettendo a rischio la tenuta del sistema che fino a oggi ha retto nel bene e nel male le sorti dell’Occidente.
3. Sono tempi di crisi, al plurale, che neppure il capitalismo sembra più in grado di ammortizzare, piegandole come ha sempre tentato di fare a proprio vantaggio, in un meccanismo ripetuto di caduta e rilancio. É almeno dal 2001 – fine del decennio di espansione economica iniziato dopo la caduta del Muro – che il disordinato dispiegarsi di quella che per semplificare chiamiamo globalizzazione lascia sul terreno le proprie fratture. “Non abbiamo capito che abitiamo la società globale del rischio” ricorda Elena Pulcini, autrice nel 2009 del libro “La cura del mondo”. Dobbiamo prendere atto – continua, muovendo il suo ragionamento dalla Grande Crisi del 2008 – dei profondi cambiamenti del contesto che ci circonda. Esistono opportunità e pericoli che gli strumenti dello Stato e della Politica non riescono più a gestire con facilità. La situazione italiana ed europea di queste ore ne è evidente testimonianza.
4. Cosa dobbiamo fare quindi di fronte a fenomeni globali di portata tanto estrema da diventare epocale? Riconoscere l’interdipendenza come strumento per fare fronte comune agli scenari che sembrano sopraffarci. Rivendicare e praticare la contaminazione, intesa come necessaria cessione e condivisione di sovranità, in controtendenza alla tensione al rinserramento che oggi va per la maggiore. Progettare società e istituzioni cosmopolite, che sappiano coniugare le identità territoriali che ci offrono strumenti minimi di riconoscimento reciproco e la struttura Mondo che è, non dimentichiamolo, unica e indivisibile.
5. Da dove partire quindi? La Biennale Architettura 2020, anch’essa posticipata ad agosto, ci prova chiedendosi: “How will we live togheter?”, “Come vivremo insieme?”. Il curatore Hashim Sarkis invita alla definizione di un nuovo “patto spaziale, in un contesto caratterizzato da divergenze politiche sempre più ampie e da diseguaglianze economiche sempre maggiori”. Carlo Petrini, anima di Slow Food, dalle pagine de La Stampa aggiunge qualche idea. Dobbiamo – dice – “riconoscere la fragilità del nostro modello economico”, “ribaltare i paradigmi ingiusti” che lo sostengono e contrapporre “alla disperazione del tutti contro tutti le pratiche dell’ascolto e la generosità, il confronto e l’intelligenza affettiva, il dialogo e la reciprocità”.
6. Come vivremo quindi insieme la ricerca di un nuovo modello economico? Sfuggendo al mito della crescita infinita, riscoprendo la cooperazione e ricucendo le mille diseguaglianze che abbiamo fin qui creato e spesso – più o meno consapevolmente – goduto e difeso. Come vivremo insieme nell’era dei cambiamenti climatici da noi stessi accelerati? Facendo meglio con meno, riscoprendo la centralità del tema del limite e radicalizzando la transizione ecologica. Come vivremo di fronte alla fragilità demografica occidentale e ai fenomeni migratori che premono sui nostri confini? Rendendo permeabili e dialoganti le frontiere come punto di contatto, di incontro, di scambio. Scegliendo la scala sovranazionale come l’unica adeguata a reagire a processi tanto deflagranti.
7. Come vivremo insieme? É una domanda collettiva a cui troveremo risposta solo andando oltre la solitudine e l’individualismo. É una domanda che attiva una varietà di domande che dall’architettura come strumento di immaginazione del futuro si apre alla cangiante varietà dei ruoli dell’abitare, dello stare insieme. Dal professionista alla cittadina, dal sindaco all’attivista, dal bambino all’anziano ognuno deve poter portare il proprio contributo.
8. Come vivremo insieme? Aristotele – ricorda sempre Sarkis nella sua introduzione alla Biennale – riconosceva nella città il luogo dove la Politica può impegnarsi nel cercare risposte a questo basilare ed enorme quesito. Partiamo, anche a Trento, dai dubbi che ci attanagliano e dalla precarietà esistenziale che una malattia invisibile ha reso evidente in ognuno di noi. Come saremo comunità? Come dal bene comune di prossimità concorreremo a dare forma a un bene comune globale?
9. Sono giorni in cui la nostra quotidianità è obbligatoriamente rallentata. Questa decelerazione preoccupa – oltre il gravissimo impatto sulla tenuta del sistema sanitario nazionale dato dall’ampiezza e dalla penetrazione del contagio – perché sconvolge economicamente ogni aspetto delle nostre vite. Andranno messe in campo azioni concrete per non far rimanere nessuno indietro, per tenere insieme ciò che sembra disgregarsi, per tutelare chi rischia di perdere tutto. Forse però ci sarà anche il tempo e il modo per ripensare il sistema economico e sociale in cui viviamo, troppo spesso inteso come non negoziabile e privo di alternative.
10. Supereremo questa crisi solo se sapremo accettare il rallentamento in corso – necessario – e ci ricorderemo anche e soprattutto di quei virus, tutti conseguenza di colpevoli scelte umane, che questa situazione hanno contribuito a produrre e radicalizzare. Bene faremo quindi ad attivare una riflessione per un racconto diverso del Mondo che coltiviamo e vogliamo contribuire a rendere concreta. Facciamolo subito, per guardare con occhi diversi al procedere incerto di questi tempi interessanti.
*** Francesca Anzi, Alberto Baggio, Giulia Casonato, Sara Hejazi, Andrea Santoni, Federico Zappini, candidate e candidate di Futura, solidarietà e partecipazione