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Tra referendum e crisi della città. «La periferia? Contemporaneità»

«Manca autocoscienza rispetto a ciò che sta accadendo. Come dice il sociologo De Rita, ormai il corpo sociale si arrangia. Tornano esperienze di micromutualità ma anche conflitti come a Gorino» aggiunge Federico Zappini, esponente dell’Associazione «territoriali#europei» che ha organizzato l’incontro «Cambi di paradigma. Così lontane così vicine» riferito alle tre città oggetto del focus. E osservando Trento Zappini rileva alcune sfide dell’immediato futuro. «Vuole essere smart city, ma sappiamo che ciò può produrre anche esclusione. Esiste una consapevolezza? — incalza Zappini — Vuole essere una città da 200.000 abitanti con tutto quello che ciò potrà comportare o ha altre prospettive?». E ancora: «Si propone come capitale della cultura 2018, ma l’attenzione scivola sempre sulle infrastrutture. Poi ci sono altre sfide come i beni comuni, i cui progetti sono finora vissuti nell’alveo istituzionale, o la crisi della cooperazione che meriterebbero riflessioni più complesse. Trento dovrebbe concepirsi come luogo del rischio, sarà in grado?».

Silvano Falocco, direttore della Scuola di formazione politica «Danilo Dolci», ha condotto il discorso nelle borgate romane fuori controllo dove appaiono, però, «micro-esperienze di civilizzazione». Come quella che l’ha portato, insieme ad altri, ad istituire un gruppo di lettura in un bar di fronte ad un casinò del clan dei Casamonica. Roma e Torino, così diverse eppure accomunate dal governo del Movimento 5 stelle. «Sono totalmente alieni e assenti dal territorio» ha osservato Falocco che non ha lesinato critiche ai partiti, a partire dal PD. «Ormai le organizzazioni politiche sono strutturate con le stesse modalità delle organizzazioni criminali» è l’accusa. «A Torino la burocrazia sabauda consente di sopravvivere sempre. Dopo sei mesi siamo ancora in attesa della prima delibera» è stata l’amara fotografia di Curti.

(dal Corriere del Trentino di oggi domenica 11 dicembre 2016)

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