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“La maledizione di vivere tempi interessanti‘ (37)

di Michele Nardelli

(13 febbraio 2016) Il completamento autostradale della Valdastico, a quanto pare, non ci sarà. Si tratta di una buona notizia, che pure avremmo data per scontata se nel recente passato Veneto e Roma non fossero tornate alla carica e se la Provincia autonoma di Trento, nel suo nuovo corso politico, non avesse lasciato aperti degli spiragli, per la verità non del tutto chiusi.

Perché alla buona notizia corrisponde una subordinata chiamata “corridoio d’interconnessione infrastrutturale fra la valle dell’Astico, la Valsugana e la Valle dell’Adige‘. Una formula che lascia aperta la possibilità di “un corridoio di collegamento viario‘ tra queste valli e di una “ottimizzazione dei collegamenti tra la statale 47 della Valsugana e la statale 12 del Brennero in prossimità di Mattarello‘.

Se l’esito della discussione nella Commissione istituita presso il ministero delle infrastrutture fosse che l’Autostrada della Valdastico diventa da Piovene Rocchetta verso il Trentino una superstrada a quattro corsie non credo che ci sarebbe di che cantare vittoria. E’ pur vero che di questa proposta non c’è nemmeno il progetto, ma la mia sensazione è che la partita non sia affatto finita qui.

Ovviamente mi auguro di aver torto e che di Pi.Ru.Bi. non si senta più parlare nei decenni a venire. Quel che mi preoccupa è che lo scopo di quest’ultima trovata uscita dal cappello non sia invece quella di prendere tempo in attesa di un contesto più favorevole nel 2018 (in Trentino, ovviamente).

In questi anni l’opposizione al completamento della Valdastico non era un vezzo ecologista. Era, pur fra mille contraddizioni, l’idea di un diverso modello di sviluppo che mettesse fine ad una mobilità basata sul trasporto su gomma e al centralismo provinciale. Andavano in questa direzione la proposta iniziale di Metroland come la riforma istituzionale del 2006 (Comunità di Valle), entrambe rapidamente liquidate dalla nuova amministrazione provinciale.

In assenza di un disegno di futuro realmente sostenibile per il Trentino, capace cioè di farsi carico della propria impronta ecologica, la Pi.Ru.Bi rimarrà come il terreno di gioco di chi pensa che questa terra debba omologarsi al modello veneto. E, anche sotto questo profilo, quanto sta avvenendo sul piano politico mi dice la partita non è affatto chiusa.

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