Olivi duro: ’Con Rossi coalizione sfilacciata’
23 Ottobre 2014Barca: ’A Roma 27 circoli pericolosi, feudi in un partito assente’. Mentre i sondaggi confermano la forte flessione elettorale del PD
20 Giugno 2015(gennaio 2015) La pagina relativa al Partito Democratico del Trentino finisce nel 2014. Il motivo è molto semplice: non ci credo più. La mia adesione al PD del Trentino (che almeno in cuor mio non implicava necessariamente l’adesione anche al PD nazionale) era fortemente legata a quel percorso che iniziammo nei primi anni ’90 attraverso una sperimentazione politica originale che ha fortemente contribuito a rendere possibile l’anomalia politica trentina. Sì, perché a partire da allora questa terra prima democristiana (e dove la sinistra contava poco o nulla) ha iniziato a rappresentare anche sul piano più strettamente politico, negli anni dove l’intero arco alpino era pesantemente segnato dalla paura e dallo spaesamento (e dalle rappresentazioni politiche di tutto questo), un’anomalia.
Le forme di questa sperimentazione politica sono state molteplici: penso all’esperienza di Solidarietà, all’aprirsi del PDS di allora grazie ad un nuovo gruppo dirigente, all’esperimento elettorale di “Senza confini – Ohne Grenzen” del 1992, alla lista dei DS del Trentino per l’Ulivo, ma anche alla nascita della Rete e successivamente di Costruire Comunità, agli innumerevoli appelli che hanno rappresentato altrettanti tentativi di rimescolare le carte della sinistra trentina. Fino alla nascita, fra mille anime, del PD del Trentino. Penso poi all’area popolare dove, grazie soprattutto all’intuito di Lorenzo Dellai, la fine della DC ha portato dopo qualche tempo alla nascita (prima ancora che in Italia) della Margherita, riuscendo in un progetto che senza indugio collocava quest’area nel campo del centrosinistra autonomista.
La diversità di questa terra aveva in realtà radici profonde. Parlo dell’autonomia come cultura della responsabilità, della tradizione cooperativistica frutto di un assetto proprietario e di una propensione al bene comune fortemente radicata nel territorio, penso ad un movimento sindacale che a sua volta seppe interpretare in forme nuove le istanze di cambiamento degli anni ’60 (la nascita dello Smut, ad esempio, il primo sindacato metalmeccanico unitario, ben prima della FLM) ed altro ancora.
Grazie a tutto questo insieme di fattori il Trentino ha conosciuto una stagione interessante, non priva di contraddizioni ma comunque capace di esprimere una positiva diversità. Non sempre ne siamo consapevoli e per questo mi sono messo a scriverne. Vedremo quel che ne verrà, ma questo è un altro discorso.
Una narrazione, questa, come dicevo non sempre condivisa, anzi. Tanto che quello che avrebbe dovuto rappresentare un luogo di sintesi, culturale prima ancora che politica, il PD del Trentino, non è riuscito nel suo intento. Le diverse anime hanno continuato ad essere corpi a parte e quel che è ancora più grave sempre più omologati al “rassicurante” quadro politico nazionale. Una sorta di rendita di posizione, quest’ultima, che ha via via trasformato questo partito in un soggetto sempre più ad immagine e somiglianza del PD nazionale, estraneo rispetto ad un progetto di trasformazione sociale, lontano da un’impronta federalista ed europeista, incapace di interpretare i territori nella loro unicità.
In questi anni ho cercato di abitare il conflitto dentro e fuori il partito, teorizzando il valore del “corpo a corpo” e cercando di favorire la crescita di una cultura coalizionale che potesse dare respiro al progetto di governo, improntando a questo i cinque anni di lavoro nell’assemblea legislativa provinciale, ottenendo risultati importanti quand’anche non sempre riconosciuti.
Un lavoro che oggi vedo progressivamente smantellare, nelle sue progettualità come sul piano normativo. Per non parlare della necessità di proseguire nella ricerca politica oltre il PD del Trentino, quella sperimentazione originale di cui oggi nel PD del Trentino non sembra esserci più traccia. So bene che ci sono persone, anche nel PD del Trentino, che si ritrovano in queste idee ma il luogo è diventato sterile e si parla d’altro. L’augurio è di riuscire a rovesciare questa situazione ma personalmente non ho più la forza e la voglia di perdere tempo, preferendo a questo il piacere del pensiero pulito che in quel partito non riesco a ritrovare.
Per questo ho deciso di non rinnovare nel 2015 la mia adesione al PD del Trentino, dedicando il mio tempo a quel lavoro di ricerca politica originale che negli anni s’è andato spezzando. Per riavviare il motore di quell’anomalia che è parte (nostro malgrado) della storia di questa terra.
Ora che ci penso, è la prima volta dopo quarant’anni di impegno politico che non ho una tessera di partito. E questo, ci tengo a dirlo in un tempo segnato dall’antipolitica, non mi fa sentire più libero.