Sulle tracce di al-Andalus e del Don Chisciotte
20 Maggio 2022Aspettando Terra Madre
27 Maggio 2022Questo si accompagna alla lavoro di conoscenza del fenomeno. Ricordo a questo proposito che uno dei miei primi atti in quest’aula è stata la presentazione di un ordine del giorno approvato in sede di discussione della finanziaria 2009 che aveva per titolo “Nella crisi, aprire gli occhi e la mente” e che nel suo dispositivo, al punto 3, impegnava la giunta «… a studiare forme atte a riconoscere la tracciabilità finanziaria negli atti di compravendita degli immobili al fine di tutelare il patrimonio territoriale, gli edifici di particolare valore artistico e culturale, i centri storici».
Conoscenza del fenomeno significa in primo luogo smetterla di considerare la criminalità economica come si trattasse di un fatto marginale. Prendo a prestito la parole del Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso «Chi è rimasto fermo all’immagine del boss semianalfabeta che comunica a pizzini e si nutre di ricotta e cicoria, se ne faccia una ragione. La mafia corre e si muove a livello planetario, il denaro nero s’insinua rapido ovunque e coloro che gestiscono e riciclano i soldi sporchi del tesoro criminale portano colletti di un bianco sparato. Hanno studiato nelle università d’eccellenza, viaggiano e parlano (bene) più di una lingua, conoscono la legge e i segreti dell’economia mondiale e si muovono a loro agio nella rete dei paradisi fiscali» (“Soldi sporchi”, Delai editore, scritto in collaborazione con il giornalista di Repubblica Enrico Bellavia).
E’ la stessa Banca d’Italia ad ammonire che «il riciclaggio rappresenta un ponte fra criminalità e società civile» e, ciò che è più grave, informa che i criminali arrivano spesso a sedere nei consigli d’amministrazione e «a contribuire all’assunzione di decisioni economiche e sociali rilevanti».
Negli interventi in quest’aula si è parlato degli appalti dove nella logica del “massimo ribasso” – che pure si vuole espungere dai criteri decisivi per l’aggiudicazione – si annida molto spesso la criminalità economica. Lo dico perché le leggi che noi abbiamo assunto in materia di trasparenza, di prevenzione e di controllo non sempre ci mettono al riparo.
Ma l’aspetto sul quale vorrei insistere è proprio quello del riciclaggio. Riprendo ancora le parole del Procuratore Nazionale Antimafia quando afferma che «Secondo il Fondo monetario internazionale il riciclaggio muove almeno il 5 per cento del Pil del pianeta. In Italia, Bankitalia ha stimato che le mafie muovano con il denaro sporco almeno il doppio. A conti fatti si tratta di 150 miliardi di euro, come dire 4.750 euro al secondo. Se il riciclaggio fosse una holding, sarebbe la prima azienda italiana. Si tratta di cifre impressionanti capaci di sovvertire le regole del libero mercato, di inquinare l’economia di un Paese e di attentare alla stessa tenuta del sistema. Con questa enorme massa di denaro liquido, le mafie entrano in Borsa, rilevano aziende e si infiltrano nel mondo bancario: giocano la loro partita come un’azienda in salute dentro a un mercato in crisi. Soprattutto in fase di recessione economica, il denaro sporco mostra tutta la sua pericolosità, rischiando di essere l’unico denaro in circolazione per nuovi investimenti e per rilevare aziende in difficoltà».
Prosegue Pietro Grasso: «Esistono vari livelli del riciclaggio. Il sistema più semplice è quello del ricorso a prestanome per l’acquisto di immobili o attività commerciali: ristoranti e centri commerciali su tutto. Ma si tratta solo di una minima parte del reinvestimento del denaro sporco in attività legali. Con le misure patrimonali, i sequestri e le confische, pur tra mille difficoltà e con risultati comunque apprezzabili, aggrediamo gli spiccioli dell’organizzazione. È molto più impegnativo invece riuscire a stare sulle tracce del fiume di denaro che prende la via dei paradisi fiscali, che si nasconde dietro allo schermo di società anonime e rientra poi in circuito, passando spesso per il sistema bancario. Nel libro abbiamo documentato decine di sistemi ingegnosi per occultare il denaro sporco: dalle scommesse sportive, all’acquisto di gioielli e quadri fino alle complesse architetture finanziarie che chiamano in causa la responsabilità di finanzieri specializzati in questo genere di operazioni. Si tratta di movimentazioni di capitali ingenti per conto di clienti che a loro volta non hanno più il profilo del classico criminale ma, come accade ad esempio per alcuni ex oligarchi russi o per i cervelli economici dei narcos, quello di veri e propri manager».
Questo fenomeno riguarda tutto il nostro paese, compreso il nord, anzi soprattutto il nord. Basta andarsi a legge il “Rapporto annuale 2010” dell’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia (che trovate in allegato) laddove emerge che il 47% delle segnalazioni relative al riciclaggio avviene al Nord ed in particolare in Lomabrdia che con 7.805 operazioni sospette (21,2%) ha il primato regionale in Italia. In questa graduatoria il Trentino Alto Adige conta su 127 segnalazioni corrispondenti allo 0,9% del totale. Una percentuale minima, ma non per questo da sottovalutare. Anche perché stiamo parlando di segnalazioni e perché sappiamo che le mafie cercano di riciclare i loro denari laddove vi sono situazioni di maggiore ricchezza e stabilità.
E se il riciclaggio del denaro avviene in primo luogo nel mercato immobiliare non può sfuggire che in Trentino ci sono aree dove l’interesse criminale si manifesta da molti anni. Voglio in questa sede ricordare che una delle prime inchieste al riguardo fu quella che l’allora capo della Squadra Mobile dott. Paolo Sartori mise in campo nel 1997 con l’operazione “Scacco Matto” che portò all’arresto di alcuni esponenti della mafia russa al Golf Hotel di Madonna di Campiglio.
Dobbiamo avere consapevolezza che nelle operazione di compravendita degli immobili il limite fra legalità ed illegalità è piuttosto incerto: certo è invece che quando si comprano case di lusso o di pregio a 15 o 16 mila euro il metro quadrato ad essere alterata è l’economia del territorio.
A questo si deve aggiungere il peso preponderante dell’economia finanziaria sull’economia reale, che ha ormai raggiunto sono nel settore dei “derivati” proporzioni perverse di 12 a 1. Il che significa che è la finanza globale a condizionare l’economia, nella consapevolezza che i luoghi dove questa grande massa di denaro si forma sono le aree deregolate del pianeta, le guerre, i traffici internazionali di rifiuti tossici, di scorie, di esseri umani, di armi e droga… Potrei portare diverse testimonianze raccolte negli anni di impegno nei luoghi segnati dalle guerre, per aver visto con i miei occhi imprenditori veneti che trattavano lo stoccaggio di materiali tossici in vecchie miniere con la connivenza di quei criminali che erano anche signori della guerra.
Ecco dunque la necessità di attrezzare le nostre comunità alla conoscenza del fenomeno e alla cultura della legalità. Questo disegno di legge è un primo passo, altri li dovremmo compiere, al di là dell’educazione, sui temi relativi alla tracciabilità delle operazioni, alla tutela del patrimonio, alla trasparenza e l’efficacia delle procedure d’appalto affinché siano privilegiate le filiere del territorio.
So che questa attenzione è crescente e che proprio di recente anche per iniziativa del nostro Presidente del Consiglio si sono avviati contatti per coordinare l’iniziativa di intelligence. In questo senso ritengo importante andare alla costituzione di un gruppo di lavoro per studiare tutte le forme per mettere in protezione il nostro territorio da fenomeni criminali sempre più interdipendenti.