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Politica, partiti e visioni al tempo dell’interdipendenza

Le associazioni Politica Responsabile e Comunità Responsabile organizzano un incontro dal titolo "Territoriali ed europei. Politica, partiti e visioni al tempo dell’interdipendenza" che si terrà venerdi 7 giugno alle 17.30 nella Sala Aurora del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento (Via Manci, Palazzo Trentini, Trento). In allegato trovate l’invito.

E’ immaginabile un nuovo orizzonte insieme territoriale e sovranazionale del pensiero e dell’agire politico? E’ pensabile un cambio dello schema di gioco della politica, dei suoi paradigmi e delle sue categorie interpretative, fondato sul ripensamento delle forme del suo agire in chiave territoriale ed europea? Alla luce delle difficoltà dei soggetti politici nel capire, nell’interpretare e nel raccontare il nostro tempo, crediamo indispensabile riflettere sulla metamorfosi dei territori, sulla crisi delle rappresentanze, sul rapporto fra conservazione e modernità, sulle regioni europee come opportunità ecc., nella consapevolezza di quanto sia necessario tornare a raccontare il reale, valorizzando le buone pratiche, scambiando le esperienze, costruendo reti politiche territoriali dentro e fuori la nostra Provincia.

Trento, Palazzo Trentini

La locandina dell’incontro

2 Comments

  1. stefano fait ha detto:

    Lo stato, come la provincia (cf. Giorgio Lunelli) è il bene comune di un popolo. Abolirlo significa privatizzare il frutto degli sforzi di generazioni.
    La sovranità statale va condivisa con altri, non certo abolita:
    “In un mondo di poteri economici globali recalcitranti alla legge, l’alternativa allo stato potrebbe essere che siano le stesse multinazionali a battere moneta o formare eserciti. O che le chiese decidano chi ammettere e chi no nei territori dove la loro fede è maggioritaria…Il protezionismo, le politiche razziste, la xenofobia e l’ideologia dell’eccezionalismo nazionale sono stati, e restano tuttora, esempi di interpretazioni anticosmopolitiche. Ecco perché la nazione, più dello stato, può diventare un ostacolo all’universalismo, distorcendo la democrazia”.
    Nadia Urbinati, La mutazione antiegualitaria

  2. vincenzo calì ha detto:

    In un clima da “separati in casa” che caratterizza negli ultimi tempi i rapporti all’interno del centro sinistra autonomista trentino si è tenuto un incontro in controtendenza nella sala dell’Aurora ( ogni riferimento all’incrociatore da cui partì il primo colpo della riscossa in terra di Russia è puramente casuale) promosso dai gruppi di comunità e politica responsabile. Sulla parola d’ordine “territoriali ed europei”, tema dell’incontro,dai due consiglieri provinciali Giorgio Lunelli e Michele Nardelli e da Giuseppe Ferrandi sono venuti ragionamenti che ricordano le convergenze parallele d’altri tempi, e dagli ospiti Marco Revelli e Aldo Bonomi conferme a tutto campo della necessità sempre più urgente che il nostro disastrato paese si attrezzi rispetto ai nuovi tempi, quelli che Serge Latouche nel suo “Limite” descrive come caratterizzati dalla “cancellazione dello spazio nazionale, che per secoli era stato il luogo per eccellenza della regolazione sociale”. Ed è sulle nuove forme di aggregazione politica che si misurerà la capacità nostra di italiani di concorrere alla costruzione della civiltà europea, nuove forme ben lungi da vedere la luce come efficacemente descritto da Revelli nel suo “Finale di Partito”: distrutti i contenitori ottocenteschi , la società liquida disperde le sue energie nei mille rivoli del grillismo. Si è a lungo dibattuto, nel recente festival dell’economia, delle difficoltà in cui versa il processo di integrazione europea e anche se la tentazione più diffusa è stata quella di attribuire all’arcigna Germania la maggior responsabilità per la battuta d’arresto, sono emerse invece in tutta evidenza le inadempienze della nazione italiana , dovute alla presenza di una classe politica inadeguata, che ha alimentato un impianto istituzionale del Paese ingessato, con i poteri dell’anti-Stato che continuano ad imperversare. Senza un cambiamento radicale non ci si può aspettare un’ assunzione di responsabilità nazionale italiana nella costruzione degli Stati uniti d’Europa, ed è sul cambiamento radicale che è lecito avere dei dubbi; il nostro è un Paese in cui i principi fondamentali ( il patriottismo della Costituzione!) contenuti nei primi 12 articoli della Carta fondamentale sono ben lungi dall’essere compiutamente applicati, a partire dal lavoro, dai diritti, dalla realizzazione di un sano regionalismo, dalla rimozione degli ostacoli alle pari opportunità, dalla piena applicazione dell’art.11, e via a seguire articolo per articolo. Si discute senza costrutto da più di trent’anni di adeguamento ai tempi nuovi della seconda parte della Costituzione, nell’incertezza sulla scelta del modello costituzionale a cui ispirarsi per l’ordinamento dello Stato, che ha oscillato fra il modello tedesco e quello francese senza che mai si sia giunti ad una decisione: sembra che l’Italia, lungi dal dare vita a severe riforme che le permettano di sedere alla pari con i più avanzati paesi nel consesso europeo, stia ripiegando sul fatalistico “Franza o Spagna purchè se magna” dei secoli addietro. Persino Romano Prodi, scottato dalle 101 pugnalate infertegli dal suo stesso Partito, ha sposato il semipresidenzialismo alla francese, non rendendosi conto di aprire così un varco a Berlusconi presidente. Il terreno per l’uomo di Arcore è per altro già arato dal protagonismo di Napolitano che, come asserisce Barbara Spinelli sul “Foglio quotidiano” ha assunto in sé di fatto le due cariche di Presidente e capo del Governo, condizione ritenuta ideale da Berlusconi per poter governare senza vincoli e contrappesi. La strada per la realizzazione di una compiuta sovranità nazionale appare quindi lunga e irta di ostacoli, per cui andrebbe coniugato un nuovo termine, quello del pessimismo della volontà, che caratterizza lo stato attuale di profonda depressione che rende quasi impossibile per il popolo italiano quel salto in avanti da molti auspicato. E’ in questo quadro compromesso, che richiederà se non sangue, sicuramente lacrime, che il compito del Partito democratico si farà più difficile, in sede nazionale come nel nostro Trentino; il governo delle larghe intese di Letta non parte con il piede giusto (vedi il 2 per mille di finanziamento ai partiti) e ciò non aiuta il PD nella delicata fase di avvio del suo congresso. La riforma istituzionale affidata ad una commissione di 40 parlamentari figli del “Porcellum”, se pur affiancati da una commissione di esperti esterni, non dà garanzie riguardo la salvaguardia dei principi della nostra Costituzione, nel momento in cui la classe politica alla guida del Paese è impotente ( Gustavo Zagrebelsky parla di sindrome di Stoccolma) a risolvere i gravi problemi del lavoro e della disaffezione dei cittadini. Ciò implica l’urgente necessità di giungere ad un congresso chiarificatore che ridia al Partito democratico certezza di linea politica, dopo i paurosi sbandamenti degli ultimi tempi ( si pensi alla parola d’ordine mai più al governo con Berlusconi). Anche in sede locale si sta delineando un quadro politico nel quale la candidatura del PD alla guida della comunità autonoma del Trentino risulta fortemente indebolita dall’atteggiamento dilatorio che l’intero gruppo dirigente del Partito ha tenuto sui tempi delle scelte e sulle linee programmatiche da proporre al partners della coalizione di CSA, Il tutto aggravato dall’indeterminatezza con cui il processo è stato seguito, a discapito delle regole a statutarie. Le primarie di coalizione per la scelta del candidato governatore che si terranno sperabilmente il 30 giugno e non oltre, per la prima volta da quando il PD ne ha fatto uso, si presentano come uno stretto sentiero tutto in salita. Pur nella convinzione che la candidatura di Alessandro Olivi sarà lealmente sostenuta da tutte le forze democratiche che si battono per un effettivo cambio di marcia della politica trentina, non possiamo nasconderci l’intrinseca debolezza della coalizione nel suo insieme, che ci deve portare a non dare per scontato l’esito positivo a ottobre per il centrosinistra autonomista. Al congresso trentino si porrà quindi con forza la questione del ricambio della classe dirigente a cui spetta la responsabilità di aver condotto il partito in queste condizioni di subalternità alle scelte degli alleati della coalizione le quali, come il caso di Pergine insegna, potrebbero prendere il largo scegliendo in autunno di correre da soli. Un passo indietro questo che minerebbe alle fondamenta il progetto fin qui condiviso nel centrosinistra autonomista, quello di procedere sulla strada della costituzione di una comunità autonoma del Trentino che sappia porre un argine alla neocentralizzazione del sistema Italia che è all’ordine del giorno con l’abolizione delle provincie (non si illudano i sostenitori dell’intangibilità dell’accordo Degasperi-Gruber….). Ora è il momento di stringere le fila, chiamare tutti all’appello ad impegnarsi per il successo della candidatura di Olivi, rinviando, come detto, al Congresso provinciale il necessario chiarimento politico affinché venga decisamente intrapresa la via di un nuovo Partito democratico trentino, a vocazione territoriale e convintamente autonomista.