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Terra – Patria

La frenesia delle cose è tale che non riesco ad aggiornare tempestivamente il diario di bordo. Giovedì e venerdì sono stati impegnati dal Consiglio Provinciale fino a tarda ora, sabato tutto il giorno a Firenze. Avessi potuto andarci in treno, avrei utilizzato diversamente il tempo di viaggio. Ma non ci sono treni che collegano Trento con Firenze al mattino presto e dunque mi trovo costretto ad andarci in auto. Mentre scrivo è domenica mattina, proviamo a recuperare la cronaca del tempo andato.

Iniziamo con giovedì 3 dicembre. Non è all’ordine del giorno ma il Patto siglato a Milano lunedì scorso fra il presidente Dellai e i ministri Tremonti e Calderoli monopolizza i lavori dell’intera giornata. La richiesta di parlarne in Consiglio provinciale prova a colmare, seppur tardivamente, il deficit di informazione che ha caratterizzato la trattativa. Un deficit che ha reso impossibile per il Consiglio, ma anche la maggioranza che esprime il Presidente, entrare nel merito delle scelte di un atto che si configura come uno dei passaggi più delicati della legislatura. Perché l’accordo in questione mette mano ai criteri di ripartizione finanziaria fra lo Stato e la PAT, modificando aspetti statutari che meriterebbero ben altra cautela e partecipazione democratica. Il nodo non riguarda tanto le prerogative della Giunta e del Presidente (ammesso e non concesso che la stessa giunta fosse informata dei termini specifici della trattativa), bensì la sensibilità politica di coinvolgimento della maggioranza e del Consiglio quando si vogliono perseguire finalità di così forte impatto e rilevanza politica.

La questione non è nuova. C’è un deficit di collegialità nel funzionamento della maggioranza e di relazione fra i partiti del centro sinistra autonomista. Mancano luoghi di fluidificazione del pensiero e di confronto sulle scelte, in assenza dei quali il criterio di regolazione della maggioranza sono i rapporti di forza. L’aver introdotto nel sistema elettorale proporzionale l’elezione diretta del Presidente (e dunque un criterio di tipo maggioritario) ha fatto sì che la Giunta veda sfumare le caratteristiche di organismo collegiale assegnando al Presidente un ruolo di tipo monocratico.

Se pure nel merito dell’accordo emergono dei punti interrogativi, è il metodo usato a mettere oltremodo in rilievo una crescente divaricazione fra il ruolo del Presidente, della Giunta e della maggioranza consiliare nonché del Consiglio. Il taglio di circa 750 milioni di euro nelle risorse annuali dell’autonomia compensato da nuove entrate per 250 milioni (con un saldo negativo di 500 milioni) non è certo una quisquiglia, compensato  dal recupero rateale (e dunque temporaneo) del credito che la Provincia andava vantando verso lo Stato e fino ad oggi considerato sostanzialmente inesigibile.

Il presidente Dellai porta in Consiglio i dettagli dell’accordo e chiede allo stesso di pronunciarsi. Avendo ricevuto la documentazione dell’accordo solo contestualmente all’arrivo in aula della questione e, per altro, non essendo modificabile, la richiesta di pronunciamento assume più toni della fiducia che della ricerca del consenso. Così accade una cosa piuttosto bizzarra, ovvero che mentre l’opposizione (Lega in testa) esprime una posizione favorevole sentendosi tutelata dalla firma di Tremonti e Calderoli è dalle file della maggioranza che emergono le criticità. Apriti cielo. Dellai considera questa cosa come un atto di sfiducia nei suoi confronti e vi lascio immaginare la reazione. Ne discutiamo nel Gruppo consiliare e decidiamo che l’unica cosa giusta da fare è quella di un documento che semplicemente prenda atto dell’accordo. Ma il "vulnus" c’è e va sanato nel rapporto dentro la maggioranza.

Mentre discutiamo fuori dal palazzo scorre la manifestazione studentesca contro i provvedimenti dell’assessore Marta Dalmaso. Nel suo sguardo colgo il dolore: di non essere capita o forse meglio di non essersi fatta capire. Le prese di posizione di questi giorni che affollano i giornali locali testimoniano di una frammentazione che richiede un disegno e una visione d’insieme senza la quale non potranno che prevalere il corporativismo e la gerarchia cioè l’esatto contrario degli obiettivi della legge di riforma della scuola del 2006, ovvero dell’autonomia scolastica. Che di tutta questa partita è la vera questione. Un’autonomia scolastica avversata dall’alto della burocrazia provinciale e dal basso di una categoria che fatica ad assumersi una più diffusa responsabilità.

Il confronto in aula finisce in tarda serata. Alla faccia di una giornata di forte tensione, il documento proposto sul Patto (che si limita alla presa d’atto) viene assunto all’unanimità. Un segnale inviato al Presidente, certamente, ma non una bella pagina.

Venerdì ci ritroviamo con tutto l’ordine del giorno da esaurire. Per fortuna tutti sembrano farsene carico. Fra le questioni di peso, la legge sulla Sloi, un atto politico di riconoscimento verso la sofferenza ed il dolore di persone che nel lavoro hanno perduto la loro serenità e la propria dignità. La discussione attorno al provvedimento mette in luce molta ipocrisia, quasi che il problema fossero i duemila euro una tantum che la legge prevede per chi è rimasto in vita e che qualcuno dice di estendere anche ad altri lavoratori di altre aziende. Bruno Dorigatti che della proposta è l’estensore mette nel suo intervento tutta la passione di una vita d’impegno verso i lavoratori e spiega che non di risarcimento si tratta, bensì di un riconoscimento di una vicenda che deve entrare a pieno titolo nella memoria collettiva di una comunità come quella trentina. Del resto questa era la richiesta dei lavoratori, veder riconosciuta la loro dignità, calpestata dal piombo che entrava nel corpo e nelle vite degli operai e delle loro famiglie, devastandole. La legge viene approvata all’unanimità. Un piccolo segno da inserire nella cornice di una nuova attenzione verso questo capitolo amaro della storia industriale e sociale del Trentino.

Mentre parliamo della Sloi, arriva in Consiglio la notizia del sequestro dell’Acciaieria di Borgo Valsugana. I veleni industriali non sono solo la storia passata, sono anche un po’ del nostro presente. Vedo intorno a me molta prudenza nel dire come stanno le cose: il ricatto occupazionale, come già negli anni ’70 con la Sloi, ancora condiziona il confronto. Prendo carta e penna e mi metto a scrivere una nota per mettere nero su bianco quel che penso: quell’acciaieria prima si chiude meglio è per tutti (vedi nota in prima pagina). So che questa posizione scatenerà polemiche, soprattutto fra noi ma so anche di quanto ritardo culturale ci portiamo appresso su queste questioni, ferma restando l’attenzione verso gli operai e le loro famiglie. E’ una vecchia storia, che abbiamo conosciuto alla Sloi, alla Samatec di Mezzocorona, ma anche a Porto Marghera ed in tutti gli insediamenti della chimica nel nostro bel paese. Negli anni ’60 e ’70, quando la gente se ne andava dal Trentino perché non c’era lavoro, forse si poteva capire. Ma oggi questo ricatto è inaccettabile. E la nostra autonomia deve servire anche a questo.

Sono le 19 passate quando dal Consiglio ci spostiamo al partito per una riunione del Gruppo con il Coordinamento. Si discute di quel che è accaduto in queste ore e si condivide la posizione assunta in sede consiliare, il che significa aprire una questione politica che riguarda il funzionamento della maggioranza. Alle 21 sono a casa, mangio qualcosa e poi preparo gli appunti per Firenze, dove sabato devo tenere un’intera giornata di formazione sulla cooperazione internazionale.

Partenza alle 6.00. Non sono ancora le 9.00 che sono al Cospe, nel centro di Firenze. Vedo molta attenzione ed interesse nelle cose che dico, che pure un po’ scombussolano le certezze dei partecipanti. Ma il confronto è serrato e le persone mi seguono. A fine giornata li vedo soddisfatti, mentre acquistano "Darsi il tempo". Alle 17.30 riparto per Trento. Mi chiama Joan e mi dà una triste notizia. Se ne è andato Cesare Valentini, che a maggio aveva presentato con me il libro sulla cooperazione a Camogli. Un incontro in riva al mare, nel sole primaverile, con tanta gente ad ascoltare. Ricordo come avesse sottolineato le cose, pagina per pagina. Era stato per l’Osce nei Balcani e condividevamo l’amore per quella nostra terra amica. Aveva fatto una scelta di vita lasciando la grande città ed il lavoro, per prendersi il tempo di vivere a Camogli.  Su questa sua scelta di vita ci aveva anche scritto un libro dal titolo "Vivere di rendita", solo apparentemente provocatorio. La sera prima era a cena da Joan, nella notte un infarto se lo è portato via. In autostrada c’è coda. Proprio non capisco che cosa ci trovino nei mercatini di Natale.

 

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