di Adel Jabbar
Migranti identità e altrove
L’abbandono del luogo d’origine da parte dell’immigrato non è soltanto fisico, giacché egli è anche costretto ad allontanarsi dal suo vissuto quotidiano, e quindi a decodificare il bagaglio di conoscenze, pratiche e consuetudini interiorizzate e adatte a vivere nel proprio paese, per rimpiazzarle, il più velocemente possibile, con nuovi codici di riferimento funzionali all’inserimento nel paese di arrivo. D’altra parte il distanziamento dalle origini rimane parziale, poiché permane l’attaccamento affettivo, emotivo, che induce nostalgia, tanto da amplificare l’estraneità rispetto alla realtà in cui si inserisce. Né d’altra parte sono facilmente e immediatamente acquisibili le nuove conoscenze, le nuove regole, le nuove abitudini e tale difficoltà di inserimento comporta una condizione di marginalità che si delinea sostanzialmente secondo tre caratteristiche. Si tratta infatti di un individuo che:
a) viene da altrove, un altrove geografico, culturale, politico e linguistico;
b) viene dal basso ovvero da una condizione di debolezza socio-economica che rappresenta di per sé un ostacolo all’inserimento e alla partecipazione, anche in ragione del venir meno di una rete di relazioni sociali;
c) non possiede una titolarità formale dei diritti di cittadinanza, condizione che limita fortemente la capacità di negoziare i propri bisogni o anche di contare su qualche forma di rappresentanza, diversamente da altri soggetti deboli ma appartenenti per nascita a questa società.
Tuttavia questa condizione di doppia appartenenza innesca nell’immigrato un particolare processo identitario. Dal continuo rapporto dialettico fra la sfera della memoria, che rappresenta il vissuto passato e quindi il punto fermo di un percorso, e la sfera progettuale, ovvero la dimensione del divenire legata al ‘fare’, al movimento, si genera una peculiare esperienza, un tentativo di coniugazione fra due possibili modi di essere, che induce una continua alternanza identitaria. Si tratta di un delicato e sempre precario equilibrio, entro il quale incidono profondamente determinati fattori, che possono accelerare o rallentare il processo di inserimento. Questi fattori sono riconducibili sia a variabili ‘indipendenti’, come il genere, la provenienza geografico-culturale, il grado di istruzione, sia a condizioni acquisite, come l’inserimento nel mondo del lavoro, la qualità e il tipo di accoglienza.