di Neri Pollastri
Resta pur sempre valido il monito espresso dall’immagine della ninfea
che raddoppia quotidianamente le sue dimensioni,
di modo che, il giorno che precede la copertura dell’intera superficie dello stagno
la metà ne resta ancora scoperta, per cui quasi nessuno,
alla vista di tanto spazio libero,
è portato intimamente a credere all’imminenza della catastrofe
(Remo Bodei, Limite)
Intitolato a quello che è forse il più celebre motto di matrice ambientalista (ripreso in questo caso da un saggio di Remo Bodei, da poco scomparso) e scritto stavolta in coppia con il sociologo Diego Cason, Il monito della ninfea è l’ultimo lavoro di Michele Nardelli (del quale poco più di un anno fa recensivamo il precedente Sicurezza). Incentrato su un ben preciso, apparentemente isolato ed eccezionale evento, è in realtà un vero libro glocal e, anche per questo, la sua uscita proprio nel periodo della pandemia Covid-19 è da considerarsi da un lato di estrema tempestività, dall’altro a sua volta un monito da raccogliere.
Il tema specifico del volume, uscito per Bertelli Editori, è la tempesta di Vaia, la violentissima e atipica bufera di pioggia e vento che lunedì 29 ottobre 2018 sconvolse la montagna dolomitica in tutte e quattro le regioni che attraversa – Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli – travolgendone i boschi e abbattendo in una sola notte circa diciotto milioni di alberi. Di quel cataclisma tutti probabilmente hanno visto e ben ricordano le terribili immagini; ma poiché – come scrivono gli autori – «chi non è stato investito da questa spaventosa forza distruttrice (…) lo può considerare uno dei tanti eventi disastrosi che periodicamente accadono» (31), il libro non solo narra con una certa dovizia i fatti, fornendo dati sui danni e sulle impegnative opere di ripristino, ma ne cerca anche un più profondo significato umano, culturale e politico, allargando lo sguardo dall’arco alpino alle terre che lo circondano, dal singolo fenomeno alla complessità del mondo naturale, fino a leggerlo non già come un mero accidente atmosferico, bensì come un passaggio emblematico dello storico e contrastato rapporto tra l’uomo e l’ambiente in cui vive.