Da quasi un anno il Paese iberico vive un'impasse politica di cui non si vede la fine. Dopo la bocciatura in Parlamento di Rajoy, leader di un partito colpito da continui scandali di corruzione, tra rabbia e stanchezza si attendono le regionali in Galizia e nei Paesi Baschi per capire se ci sono alternative a un nuovo voto, il terzo in dodici mesi. I possibili scenari.
di Steven Forti *
Quasi un anno senza Governo. E con poche prospettive di averne uno a breve. Questa è la situazione politica spagnola dopo due tornate elettorali che, pur avendo modificato notevolmente il panorama politico del paese, con l’ingresso nelle Cortes di Madrid di Podemos e Ciudadanos, non hanno però permesso che il cambiamento tanto annunciato si concretizzasse in un’opzione di governo. Il bipartitismo del Partido Popular (PP) e del Partido Socialista Obrero Español (PSOE), che sembrava ferito a morte, regge ancora, ma non ha più i numeri per gestire il paese.
Stallo. Impasse. Queste sono le parole che si ripetono quotidianamente, dal 20 dicembre scorso, nei programmi televisivi, sui giornali, nei bar e nelle strade di una Spagna che sta vivendo una situazione inedita. E che sempre meno persone riescono a capire. C’è stanchezza. Molta. E c’è rabbia nei confronti di una classe politica, sempre più colpita da casi di corruzione, incapace di trovare una via d’uscita credibile. Una rabbia che però difficilmente si tradurrà in partecipazione, come è successo con la nascita di Podemos o delle candidature municipaliste che stanno governando a Barcellona e Madrid, sull’onda lunga del movimento degli indignados. Questa nuova rabbia, mista a stanchezza e impotenza, potrebbe invece convertirsi in un crescente distanziamento dalla cosa pubblica di una parte considerevole della popolazione – in primis i giovani – che porterebbe l’astensionismo – soprattutto a sinistra – a livelli mai visti in caso di terze elezioni. Se ne è avuto un assaggio nei comizi del 26 giugno, quando Unidos Podemos ha perso oltre un milione di voti rispetto a dicembre.
Quello che segue è l'editoriale del Corriere del Trentino di Simone Casalini (domenica 21 agosto 2016)
di Simone Casalini
(21 agosto 2016) Da quando si aprì la falla sulla nave claudicante della Prima repubblica, un argomento più di altri affiorò nel dibattito politico come possibile architrave di un nuovo modello statuale: il federalismo. La ristrutturazione del comparto dei poteri e la valorizzazione delle autonomie locali sono stati vessilli della lunga transizione verso un Eldorado istituzionale mai raggiunto. Non sono mancate le riforme né il decentramento, un processo a singhiozzo che ha introdotto trasformazioni virtuose (responsabilizzazione degli enti locali, decentralizzazione delle decisioni, un’idea di politica territoriale) e distorsioni eloquenti (spese fuori controllo, conflittualità con lo Stato di fronte alla Consulta, assenza di un’armonizzazione su alcuni principi fondamentali).
L'associazione Terra Libera, il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e il Comune di Lavis promuovono una mostra fotografica e un incontro sulla Bosnia Erzegovina a venticinque anni dalla guerra che ha sconvolto il cuore rimosso dell'Europa.
La mostra verrà inaugurata il 25 agosto 2016, alle ore 21.00 al Parco Urbano di Lavis con un momento di incontro nel quale intervengono Michele Nardelli, ricercatore sulle tematiche della pace e dei diritti umani, Massimiliano Pilati, presidente del Forum trentino per la Pace
Lavis, Bar Parco Urbano
Una bella intervista pubblicata nel blog www.ultimoeuropeo.wordpress.com
di Federico Zappini
L’aspetto più interessante di poter chiacchierare con Mauro Berruto è la dimensione poliedrica della persona che si ha di fronte. Affermato allenatore, fino alla panchina della nazionale maschile italiana di volley. Narratore e formatore, alla guida da qualche mese della Scuola Holden di Torino. E ancora, curioso e attento osservatore dei contesti sociali connessi – e non – al mondo dello sport. Ognuno di questi “mondi” riesce a emergere dentro le sue parole e rende l’insieme delle riflessioni che ha condiviso con “Ultimo Europeo?” utilissimo a tracciare un bilancio degli Europei di calcio conclusi lo scorso 12 luglio. Non solo racconto dell’avvenimento calcistico ma anche uno sguardo alle tensioni sociali delle nostre società, alle crisi economica e politica che colpiscono l’Europa, all’approccio complesso al tema dell’identità e dell’incontro con l’Altro.
di Michele Nardelli
(26 luglio 2010) In quel pasticcio internazionale che la questione dello status giuridico del Kosovo rappresenta, il parere "tecnico"" della Corte di Giustizia de L'Aja sulla legittimità
di Michele Nardelli
(17 luglio 2016) Che cosa sta realmente accadendo in Turchia? La mia impressione è che nella notte del 15 luglio sia accaduto qualcosa di strano, fra la realtà e la messa in scena.
Un golpe vero fallito grazie alla mobilitazione popolare? Un colpo di stato organizzato da dilettanti mandati allo sbaraglio, forse mal consigliati? Un golpe finto, per rafforzare il regime e chiudere la partita interna con l'opposizione verso quello stato presidenziale che la Costituzione impedisce ad Erdogan?
Nelle concitate ore notturne quando ancora sembrava che gli insorti avessero la meglio, le cancellerie occidentali, nel loro imbarazzato silenzio, già lasciavano intendere che in fondo la presa del potere da parte dei militari non sarebbe dispiaciuta affatto. Analogo il tono delle principali testate giornalistiche occidentali, ben lungi dal considerare che un putsch militare contro un governo legittimo è sempre e comunque un'azione antidemocratica, in gran parte improntate ai nuovi scenari del dopo Erdogan.
Dopo quasi tre anni di attesa, e a più di un ventennio dall'ultimo censimento effettuato nel paese, le autorità bosniache hanno pubblicato i dati completi del censimento 2013
di Rodolfo Toé (da www.balcanicaucaso.org)
La sala della conferenza stampa allestita all'interno dell'Hotel Europa, a Sarajevo, pare quasi colta di sorpresa quando sullo schermo si materializza la diapositiva che tutti, visibilmente, aspettavano. Evo ih, eccoli, mormora qualcuno, riscuotendosi e iniziando febbrilmente a prendere appunti, scrivendo le cifre - le nuove cifre - che finalmente sono lì
di Michele Nardelli
(14 gennaio 2012) La primavera araba ha avuto l'effetto straordinario di aprire una stagione nuova per l'insieme dei paesi che si affacciano sulla sponda meridionale del Mediterraneo. L'esito - che peraltro mantiene aspetti di incertezza - non è stato solo la caduta dei regimi illiberali ma anche l'aprirsi di una dialettica politica che ha riconosciuto piena legittimità e valore alla nonviolenza, alla partecipazione democratica, all'autogoverno dei territori, ad una nuova cooperazione euromediterranea. Non a caso molti osservatori hanno paragonato la rivoluzione dei gelsomini ad una sorta di nuovo risorgimento, laddove la nascita degli stati moderni nella fase post coloniale era stata segnata dall'insorgere di nazionalismi che erano in realtà emanazione di quegli stessi colonialismi e che ben poco avevano a che fare con le culture del mondo arabo.
(26 novembre 2012) Il "sogno"" di una Catalogna indipendente si allontana. Artur Mas, uscito vincitore ma molto ridimensionato dalle urne catalane rispetto al 2010, ovviamente lo nega, ma rischia seriamente di dover rinunciare al referendum sull' ""Estado Propio"", lo Stato indipendente. 
Nessun uomo è un'isola,
completo in sé stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
essa suona per te.
John Donne
poeta e religioso inglese vissuto fra la fine del 1500 e l'inizio del 1600
Dopo l’impasse delle scorse elezioni, domenica il Paese iberico ritorna alle urne. Unidos Podemos – l’alleanza tra la creatura di Iglesias e la sinistra radicale di Izquierda Unida – viene data sopra i socialisti, una prima volta assoluta. Due le strade possibili: una grande alleanza Psoe-Pp, come richiesto dall’Europa, o un esecutivo delle sinistre come vorrebbe Podemos. Tertium non datur.
di Steven Forti*
(21 giugno 2016) Domenica gli spagnoli tornano a votare dopo soli sei mesi. Nuove elezioni dunque, anche se Pablo Iglesias preferisce chiamarle “il secondo turno” del 20 dicembre. Secondo i sondaggi, il Partido Popular (PP) si confermerebbe primo partito, mentre Unidos Podemos potrebbe diventare la seconda forza nel Parlamento di Madrid, superando anche in seggi il Partido Socialista Obrero Español (PSOE). Saranno chiave i risultati di alcune circoscrizioni per determinare la correlazione di forze e le possibili maggioranze di governo. Due le opzioni al momento: o una grande coalizione o un governo di sinistra.
I comizi dello scorso 20 dicembre hanno cambiato radicalmente il panorama politico spagnolo figlio della transizione dalla dittatura franchista alla democrazia. Il bipartitismo imperfetto formato dal PP e dal PSOE, che ha governato il paese dal 1982, si è trasformato in un quadripartitismo a cui si sono aggiunti Podemos a sinistra e Ciudadanos a centro-destra. I risultati di dicembre non hanno permesso però la formazione di un governo a causa di una situazione estremamente complessa con un Parlamento quanto mai frammentato e di una serie di veti incrociati, a cui si è aggiunta la carente cultura del patto e degli accordi delle formazioni politiche spagnole. Il PP si è limitato a pretendere di poter governare in minoranza in quanto partito più votato, Podemos non ha ceduto alle pressioni per favorire un governo PSOE-Ciudadanos, mentre i socialisti si sono rifiutati di tentare la via di un governo alla portoghese con Pablo Iglesias grazie a un astensione degli indipendentisti catalani e non hanno nemmeno preso in considerazione un governo di grande coalizione con i popolari. L’impasse è stata totale. Dal labirinto spagnolo non se ne è usciti.