23 Maggio 2013

Caro Faber. Per Fabrizio De André

Se ne è andato don Andrea Gallo, fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto, nella sua Genova. Lo voglio ricordare con le parole che dedicò a Fabrizio De André, amico genovese con il quale aveva condiviso una vita dalla parte degli ultimi.

di don Andrea Gallo

Caro Faber,

da tanti anni canto con te, per dare voce agli ultimi, ai vinti, ai fragili, ai perdenti. Canto con te e con tanti ragazzi in Comunità. Quanti «Geordie» o «Michè», «Marinella» o «Bocca di Rosa» vivono accanto a me, nella mia città di mare che è anche la tua. Anch'io ogni giorno, come prete, «verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e fame». Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo, non solo tra le mura del Tempio, ma per le strade, nei vicoli più oscuri, nell'esclusione. E ho scoperto con te, camminando in via del Campo, che «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».
La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l'intelligenza. Abbiamo riscoperto tutta la tua «antologia dell'amore», una profonda inquietudine dello spirito che coincide con l'aspirazione alla libertà. E soprattutto, il tuo ricordo, le tue canzoni, ci stimolano ad andare avanti.

Caro Faber, tu non ci sei più ma restano gli emarginati, i pregiudizi, i diversi, restano l'ignoranza, l'arroganza, il potere, l'indifferenza. La Comunità di san Benedetto ha aperto una porta in città. Nel 1971, mentre ascoltavamo il tuo album, Tutti morimmo a stento, in Comunità bussavano tanti personaggi derelitti e abbandonati: impiccati, migranti, tossicomani, suicidi, adolescenti traviate, bimbi impazziti per l'esplosione atomica. Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile. In quel tuo racconto crudo e dolente (che era ed è la nostra vita quotidiana) abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come dicevi nella canzone, alla solitudine può seguire l'amore, come a ogni inverno segue la primavera [«Ma tu che vai, ma tu rimani / anche la neve morirà domani / l'amore ancora ci passerà vicino / nella stagione del biancospino», da L'amore, ndr]. È vero, Faber, di loro, degli esclusi, dei loro «occhi troppo belli», la mia Comunità si sente parte. Loro sanno essere i nostri occhi belli.

8 Maggio 2013

Se la sinistra abbandona i diritti nel deserto

Riporto questo articolo di Barbara Spinelli pubblicato su la Repubblica. Non lo condivido, ma ritengo che possa costituire una chiave di lettura di quel che è avvenuto nelle ultime settimane. Riservandomi di commentarlo nei prossimi giorni. 

di Barbara Spinelli

C'era una volta Italia Bene Comune, ovvero Italia giusta: in mezzo a una crisi economica mai vista dopo il '45, la sinistra sembrò cercare la parola, che la squadrasse da ogni lato. Giustizia non era solo sociale. Comprendeva diritti che proprio in tempi di disagio la persona possa accampare. Che siano fondamentali: irrinunciabili come i primi 12 articoli della Costituzione. In fondo non basta chiamarli diritti: meglio parlare di autodeterminazione del cittadino, come dei popoli. Gli inglesi usano il termine empowerment: padronanza di sé. Nata da un accordo fra Pd e Sel, la Carta d'intenti di Italia Bene comune denunciava "i guasti del pericoloso bipolarismo etico" invalso per un ventennio.

 

30 Aprile 2013

La domanda che corre in rete…

di Michele Nardelli

In queste ore il confronto politico ruota attorno alla questione se sia giusto oppure un errore dar vita ad un governo di larghe intese. Perché in effetti quello che si va tessendo, peraltro con indubbia capacità di mediazione da parte di Enrico Letta, è un governo politico che potrebbe durare ben oltre il tempo necessario per una riforma del sistema elettorale.

La domanda insistente che corre in rete è se sia lecito, oltre che utile, fare un governo con il PdL dopo aver detto in campagna elettorale "mai con Berlusconi". Io stesso in questi giorni ho immaginato che l'unica possibilità per evitare di ritornare al voto con la stessa legge elettorale potesse essere un governo di scopo, ovvero un esecutivo a termine con alcuni punti qualificanti sui quali potesse esserci una convergenza di natura istituzionale. Incontrando, anche su questo piano, non poche perplessità.

18 Aprile 2013

Proprio non ci siamo…

Il PD sceglie Franco Marini come candidato alla presidenza della Repubblica. L'esito è che non verrà votato da una parte significativa dei parlamentari del suo stesso partito. Che salta il patto politico con Sinistra Ecologia Libertà. Che una eventuale soluzione della crisi avverrà con le larghe intese... Così questo passaggio potrebbe trasformarsi in una sorta di pietra tombale su un partito che appare sempre più incapace di interpretare questo tempo e di immaginare scenari nuovi.

In questo caso non sarà per colpa di Renzi, che pure continua a non piacermi. Ma l'effetto di una persistente incapacità di comprendere quel che sta accadendo, di un peso insopportabile dei destini personali su quelli collettivi, di una malintesa cultura di governo che non sa elaborare la sconfitta.

Testimonia, al fine, che la ragione fondante del Partito Democratico, l'idea di fluidificare pensieri e culture politiche provenienti da percorsi diversi in una nuova sintesi politica, è rimasta sulla carta. E considerato che quelli di prima non funzionano più, credo sia giunto il tempo di ripartire da quella scommessa perduta (m.n.)

27 Marzo 2013

Fra economia legale ed economia reale

di Michele Nardelli

(giugno 2006) L'operazione è riuscita, lo scoiattolo e l'arancione hanno funzionato. Il Festival dell'economia è stato un grande successo mediatico, di pubblico, di promozione della città. Poche anche le critiche, sempre in punta di fioretto, per l'aver sorvolato su alcuni argomenti che non hanno trovato spazio (l'energia, l'economia di guerra...), ma nel complesso la grande macchina che il "Sole 24 Ore" e la casa editrice Laterza, per conto della Provincia Autonoma, del Comune e dell'Università degli Studi di Trento, hanno orchestrato è sembrata funzionare oltre ogni aspettativa.

16 Marzo 2013

Chiamatemi Francesco

di Raniero La Valle

Un papa che si fa chiamare Francesco suscita prima di tutto un moto d'incredulità: no, non è possibile che sia un Francesco. Infatti nessun papa prima si era fatto chiamare così, e ciò perché a partire da quando era ancora in vita Francesco d'Assisi, Francesco e il papa hanno rappresentato due archetipi, due figure diverse dell'essere cristiano. Da quando il papa, a partire dalla "rivoluzione papale"  dell'XI secolo, è stato costruito dalla tradizione romana come sostituto di Dio e supremo signore terreno, a cui dovesse essere "sottomessa ogni umana creatura", nessun successore di Pietro avrebbe potuto osare chiamarsi Francesco.

5 Marzo 2013

Colpo di stato

(4 marzo 2013) Che la caduta del governo Prodi nel 2008 fosse avvenuta attraverso il passaggio di alcuni senatori dalla maggioranza di centrosinistra al centrodestra lo sapevano tutti. Che questa operazione fosse stata orchestrata dall'allora capo dell'opposizione Silvio Berlusconi attraverso promesse e prebende era facilmente intuibile. Ma che il passaggio di singoli senatori compiacenti fosse avvenuto attraverso il lauto compenso individuale di tre milioni di euro nel ventre molle di parlamentari dell'Italia dei Valori o di altri partiti del centrosinistra, si configura come un una sorte di golpe bianco.

Quello reso pubblico dall'ex senatore De Gregorio, infatti, non si configura semplicemente come un gravissimo episodio di corruzione. Se, con l'avvento del costituzionalismo, il colpo di stato si configura come un "mutamento del governo attuato in violazione della costituzione legale dello Stato" (Utet), quello che ha interrotto la XV legislatura assume i caratteri di una forma particolare di colpo di stato laddove al sovvertimento violento del potere costituito si sostituisce lo strumento della corruzione al fine di sovvertire l'espressione di voto degli elettori italiani.

Nemmeno questo servirà a modificare l'orientamento politico di quel 29% di italiani che hanno votato Silvio Berlusconi nonostante le menzogne, il voto di scambio e il suo fervore mussoliniano. E francamente non so se essere più preoccupato per la natura eversiva di questo personaggio o per il cuore di tenebra che vien fuori da questo paese marcio dentro. (mn)

27 Febbraio 2013

Ed ora? Considerazioni sul voto e quel che ne viene…

di Michele Nardelli

Dell'esito del voto mi sconcertano in particolare tre cose. La prima è che un terzo dell'elettorato ritenga che Berlusconi sia l'uomo politico che meglio possa rappresentare questo paese, che il signore di Arcore si sia fatto con le proprie mani, Mussolini fosse  un grande statista che ha fatto qualche errore, Ruby  la nipote di Mubarak e l'Imu potesse venir restituita a chi l'ha pagata. Il fatto è che Berlusconi rappresenta meglio di chiunque altro non solo un certo modello sociale e culturale, ma anche la nostra parte peggiore e talvolta inconfessabile, tanto da mentire anche sulle intenzioni di voto. Un paese malato, che non ha saputo elaborare nulla della sua storia novecentesca e delle sue pagine più nere. E nemmeno di quel che è accaduto nella "seconda repubblica", fra ritorno della P2 e stragismo, cultura plebiscitaria e scasso istituzionale, demolizione del welfare e solitudine sociale. Quel che scrivevo nelle ore precedenti il voto, si rivela alla luce dell'esito elettorale in tutta la sua gravità.

26 Febbraio 2013

Uno sguardo sul futuro

di Vincenzo Calì

(26 febbraio 2013) 28 piovoso dell'anno CCXX1. Il ricorso all'antico calendario rivoluzionario introdotto  dalla convenzione nazionale francese non appaia fuori luogo:  la situazione oggi in Italia presenta diverse analogie con quella lontana stagione: nonsiamo in guerra, ma a fronte della  grave crisi economica che non accenna a passare, dopo il voto ci si presenta questo scenario: espletati i primi adempimenti (elezione dei presidenti di Camera e Senato e insediamento di un governo di salute pubblica) l'assemblea composta dai mille grandi elettori dovrà procedere all'elezione del Presidente della Repubblica.

24 Febbraio 2013

Un voto per trovare la strada più giusta

di Michele Nardelli

Non è stata una bella campagna elettorale e probabilmente ci sarebbe stato da stupirsi del contrario. Per tante ragioni ma per una in particolare. Vent'anni di buio hanno lasciato il segno nel corpo sociale, nei  compotamenti, nel modo di pensare, nello spaesamento che ne è scaturito, nella solitudine delle persone.

Non è che l'Italia si sia improvvisamente scoperta un paese vulnerabile sotto il profilo culturale e dunque politico. Siamo usciti con fatica dal fascismo, ma ancora oggi - a settant'anni dalla caduta di quel regime - c'è una parte significativa di questo paese che considera Mussolini uno statista che ha semplicemente sbagliato ad allearsi con Hitler.

Il secondo dopoguerra è avvenuto all'insegna di un'idea di sviluppo che ha piegato uno dei paesi più belli del mondo, dimenticandoci dell'unicità dei nostri territori come se le ricchezze storiche ed ambientali, il patrimonio culturale e la creatività della nostra gente, i saperi e le caratteristiche delle regioni italiane... non valessero un accidente.

24 Febbraio 2013

Ne basta uno a teatro per sviare l’attenzione…

di Giorgio Rigotti

(24 febbraio 2013) Un degrado immediato e crescente, da quando è tornato Berlusconi. Già il ricompattarsi istantaneo del Pdl ne ha dimostrato la superficialità del suo valore politico e il volto squallido di una proposta fatta di individualismo, di bene comune come preda, di partito come clan di interessi.

La proposta Monti, che aveva il fascino di una borghesia consapevole del proprio ruolo storico - del rigore morale "calvinista", della responsabilità personale, del merito come compiacimento del servizio - si è subito svelata senza spessore politico ( Albertini candidato in Lombardia è stata scelta clamorosa) e in balia di Casini e del suo politicismo, privato di colpo del velo del moderatismo e del disinteresse.