di Michele Nardelli
Domenica prossima, in occasione delle primarie per la segreteria el'assemblea del PD del Trentino, andrò a votare. E questo nonostanteavverta una distanza crescente verso un partito, lo dico conrammarico, che non è riuscito nel suo intento costituente, quello dimettere in gioco le tradizioni culturali novecentesche da cuiproviene in un disegno di nuovo umanesimo, capace cioè di offrirerisposte originali alla condizione di un'umanità che ha oltrepassatoil limite della sostenibilità. E, nel far questo, di re-immaginarele forme storiche dell'agire politico che, in un contesto sempre piùinterdipendente, fossero in grado di rapportarsi con le cifre –sovranazionali e territoriali – del presente.
Territoriali ed europei, questo doveva essere l'orizzonte di unanuova proposta politica. Ma ai miei occhi, oggi il PD è un partitoincapace tanto di visione europea, come di partire dai territori.L'Europa è il luogo della trattativa degli interessi nazionali (ilcontrario di uno sguardo europeo), i territori sono i terminali dellaricerca del consenso, nell'estenuante sondaggio demoscopico cui èridotto il confronto politico.
Anche l'impronta che segna la nuova fase politica del governo Renzi contribuisce ad allargare questa distanza: nel patto per una pessima legge elettorale in cui il voto dei cittadini è diseguale, nella scelleratezza con cui si intende mettere mano al Titolo V della Costituzione svuotando le già misere competenze delle autonomie regionali, nella superficialità con cui si affronta una crisi strutturale che richiederebbe un profondo cambio di paradigma in nome della valorizzazione nell'unicità dei territori, dell'austerità e della riqualificazione dei consumi.