(24 luglio 2014) Ho scritto, abbiamo scritto. Ho parlato, talvolta gridato. Ho manifestato, in tanti l'abbiamo fatto. Dell'ingiustizia, dell'indignazione, della rabbia.
Mi viene un po’ da sorridere al pensiero che in questo passaggio di tempo il mio impegno politico si traduce in attività formative e nella presentazione di libri. Non che questo mi dispiaccia, affatto. Semplicemente la mia vita è cambiata e non solo rispetto alla parentesi della scorsa legislatura ma perché è finito un ciclo nel quale abbiamo fatto diversa questa terra. ...
Ho invece preferito scegliere un profilo parallelo, quello di lavorare su tempi o modi che oggi appaiono estranei all’azione politica, nella convinzione che la sua crisi non sia quella che le nuove appartenenze post ideologiche tendono ad accreditare (il conflitto generazionale, la legalità, la meritocrazia...) bensì la difficoltà di modificare le nostre chiavi di lettura a fronte di un Novecento non ancora elaborato e di un presente che fatichiamo a decifrare...
di Michele Nardelli
(22 aprile 2014) Guardo i sondaggi che si susseguono come una sorta di polso quotidiano del paese. Hanno da tempo sostituito l'analisi dei processi economici, sociali e culturali, l'indagine sulla condizione delle classi sociali o del lavoro, dei processi di mobilità sociale così come dei rapporti fra le classi sociali. E di come tutto questo interagisca tanto con i territori nella loro diversità storica, culturale, geografica... quanto con i processi dell'interdipendenza nelle molteplici dimensioni europea, mediterranea, globale. I sondaggi spaziano sulle percezioni, gli umori, il sentire non solo nei confronti dei partiti e delle istituzioni... ti dicono quello che pensi, come consumi, come guardi al futuro.
D'altro canto, chi s'interroga più sul futuro? Chi si azzarda ad esprimere una visione del mondo? Quali pensieri si propongono come sistema di valori? Chi s'interroga sulle dinamiche dei poteri? Si sta nella propria solitudine e l'ambito spazio-temporale del nostro vivere sociale è un "qui ed ora"" che misuriamo sulla quantità
Non ho la sfera di cristallo, ma nei giorni scorsi a chi mi chiedeva un’opinione su quale avrebbe potuto essere l’esito del ballottaggio rispondevo mettendoli in guardia dalle sorprese. “Il voto al PD nelle elezioni europee (che si era trascinato quello delle amministrative) – dicevo – con la stessa velocità con cui è arrivato se ne andrà“. ...
Sono passati solo quindici giorni e l’esito dei ballottaggi ce ne ha dato una netta conferma, tanto nella scarsa affluenza alle urne, quanto nel rovesciamento del voto in città come Livorno, Perugia o Potenza che fino a due settimane fa attestavano il PD al doppio dei voti rispetto a chi avrebbe conteso il risultato finale nel ballottaggio e che sono andate al centrodestra. O per altro verso a Pavia dove il centrodestra era sicuro di vincere e invece il ballottaggio ha rovesciato l’esito della prima tornata.
(31 maggio 2014) Ha preso il via il Festival dell'economia. Il tema della nona edizione è di quelli cruciali: “Classi dirigenti, crescita e bene comune”. Un tema stimolante e di grande attualità, per una manifestazione che non smette di stupire per quante attese e attrazione di pubblico riesce a generare. E per una comunità che, a dispetto degli anni, continua a vivere il festival come un tratto di sé, della sua natura aperta, curiosa, coesa, che va ben oltre il “tutto esaurito” della ricettività alberghiera che ovviamente male non fa.
Viva il festival dell'economia, dunque. Eppure c'è qualcosa che non va. In questi nove anni le risposte che il festival ha dato sui grandi temi del nostro tempo sono sembrate piuttosto scontate, difficilmente hanno saputo scuotere il pensiero dominante, leggere con anticipo quel che sarebbe accaduto, indicare strade originali... come si dovrebbe richiedere ad un luogo di incontro e di pensiero.
Così il festival è diventato più una passerella prestigiosa di premi nobel, di protagonisti del pensiero economico, di personaggi che portano sulle loro spalle responsabilità politiche o di governo, di giornalisti... che un luogo di intuizione o di elaborazione.
Lo si evince anche dalla domanda, implicita nel titolo, che costringe la riflessione lungo uno scenario a mio avviso fuorviante: sono all'altezza le nostre classi dirigenti di rimettere in moto la crescita economica? Non è che per caso le nostre classi dirigenti (tanto della politica quanto della pubblica amministrazione) hanno costruito il loro sapere attorno a paradigmi che non reggono più?
di Michele Nardelli
Domenica 25 maggio si vota per il rinnovo del Parlamento Europeo, un passaggio cruciale nel futuro dell'Europa politica.
Lo è a cominciare da quanti cittadini europei eserciteranno il loro diritto di voto. Nel 2009, negli allora 27 paesi dell'Unione Europea, votarono il 43% degli eventi diritto, una percentuale già piuttosto bassa che mostrava una disaffezione preoccupante. Se il 25 maggio 2014 il calo dovesse essere ancora maggiore, il grado di rappresentatività e di autorevolezza del Parlamento e delle istituzioni europee in generale potrebbe segnare un punto di crisi senza precedenti. E il progetto europeo subire un colpo mortale.
Lo è per il peso che i sondaggi assegnano ai partiti e movimenti antieuropei, già peraltro presenti anche nelle scorse elezioni. Se saranno rappresentativi del 30% del Parlamento Europeo come dicono le previsioni, i loro seggi andranno ad assommarsi a quelli di formazioni che a parole si dicono europeiste ma che in buona sostanza pensano ad un riequilibrio della sovranità a favore degli stati nazionali. E sarebbe comunque la paralisi del processo di costruzione dei un'Europa politica e federale.
... Eppure devo riconoscere a Matteo Renzi di aver saputo comprendere ed interpretare la paura, indicando una risposta diversa dal rancore. Se guardiamo all’esito delle elezioni nei paesi europei, nella colorazione simbolica così diversa da un paese all’altro, vediamo che si affermano proprio quelle proposte che hanno saputo interpretare in forme anche radicalmente diverse (Le Pen in Francia, Merkel in Germania, Tsipras in Grecia e Renzi in Italia...) questo sentimento che pervade l’Europa, la paura...
di Ugo Morelli *
Caro Paul, ti ricordi? Era l’inizio degli anni sessanta del ventesimo secolo. Ti scrissi allora per invitarti a un dialogo tra ragazzini che, seppur nati in nazioni diverse e con lingue diverse, si ritrovavano a iniziare una nuova vita in una casa comune, la nascente Comunità Economica Europea.
Quel compito in classe alle medie inferiori invitava a parlare dell’Europa. Avevamo una carta geografica e i sei colori dei primi sei paesi erano in evidenza. Erano colori diversi e non capivamo bene cosa stesse accadendo. Ci sembrava comunque una bella cosa quella parola, comunità, che inventava una nuova prospettiva e ci invitava ad incontrarci.
(13 aprile 2014) Con la presentazione delle liste deicandidati si apre anche formalmente la campagna elettorale per leelezioni del Parlamento Europeo. Ci si aspetterebbe che in un similecontesto si parlasse dell’Europa e delle grandi questioni chel’attraversano come il lavoro o le politiche energetiche, del ventodi destra e xenofobo che la percorre dalla Francia all’Ungheria,delle spinte secessionistiche che accomunano la Spagna e l’Ucrainapassando per il Regno Unito e l’Italia, del rapporto con la Turchia eil Mediterraneo...
(14 aprile 2014) Leggo e rileggo il testo per trovare traccia di un'impostazione territoriale che avevamo cercato di dare nella scorsa legislatura ad un Trentino alle prese con una crisi di natura strutturale e per ciò stesso richiedente un cambio di paradigma che avevamo individuato nell'identità economica delle nostre valli e nell'“animazione territoriale” come forma di pianificazione strategica fondata sulle Comunità.
Prendo atto che di tutto questo non c'è traccia nelle “Misure per lo sviluppo economico e il lavoro”, il “Patto” siglato sabato scorso dalla Provincia Autonoma di Trento con le organizzazioni sindacali e imprenditoriali. O, meglio, una traccia c'è ed è quella del Fondo strategico regionale per lo sviluppo locale, l'idea di una “finanza di territorio” che avevo proposto in una specifica mozione poi entrata nelle leggi finanziarie regionale e provinciale, la cui attuazione rappresenta uno dei pochi spunti di novità del documento.
Un appello per l'Europa apparso oggi su la Repubblica, primo firmatario Ulrich Beck
(27 febbraio 2014) Il prossimo maggio le cittadine e i cittadini saranno per la prima volta chiamati alla scelta sul futuro dell’Europa. Quale Europa vogliamo? Dal momento dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e per tutta la durata della crisi i cittadini non hanno mai avuto l’opportunità di esprimere il loro giudizio sul futuro dell’Unione Europea, in un processo di formazione democratica della volontà.
Questa volta, la novità è costituita dalla presenza di diversi candidati alla carica di presidente della Commissione europea, con la possibilità di scegliere tra diversi modelli d’Europa. È un salto quantico politico. Infatti, nel medesimo momento e in tutta l’Europa discuteremo in lingue diverse sugli stessi temi – cioè su persone e sui loro programmi. Vogliamo il “meno Europa” di un David Cameron, dettato dagli imperativi del mercato, oppure un’ “altra Europa”, che sottopone il mercato a regole democratiche, come ha in mente il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz?
I partiti anti-europei e i loro candidati vogliono essere eletti democraticamente per minare la democrazia in Europa.