29 Novembre 2016

Ponti da ricostruire…

di Alessandro Branz

Stiamo assistendo ad una “brutta” campagna referendaria, infarcita di toni polemici e caratterizzata dal palese tentativo di delegittimazione dell’avversario. In tal senso molto peggiore di quelle celebrate nella c.d. Prima Repubblica, allorquando - perlomeno - alla “vis polemica” si accompagnava l’approfondimento dei contenuti ed un confronto nel merito delle questioni. Per non parlare del clima di incertezza e disinformazione che si sta respirando, al punto da ingenerare immotivate paure (il c.d. “salto nel buio”) o previsioni poco attendibili (“se vince il NO non avremo più riforme per almeno trent’anni”…).

Tutto ciò va certamente attribuito alla natura dell’istituto referendario che, costringendo ad una scelta perentoria tra il SI ed il NO, dicotomizza il confronto, bipolarizza in modo ferreo la competizione ed alimenta le posizioni più radicali. Ma una grande responsabilità va anche attribuita all’uso strumentale che di questo referendum viene perpetrato dai maggiori leader politici (a partire, mi spiace dirlo, dal nostro Presidente del Consiglio), il cui tentativo tipicamente “populista” di attribuire al referendum significati che in realtà non ha, rischia di provocare nell’opinione pubblica danni difficilmente recuperabili in un prossimo futuro.

4 Novembre 2016

Centomila visitatori unici…

(31 luglio 2016) Volevo scusarmi con i lettori di questo blog se in questi ultimi giorni il sito non è stato aggiornato. Nessun malanno, solo il cambio del server che ha provocato qualche contraccolpo tecnico che grazie a Cristina (doitonline.it) stiamo superando.

Approfitto però di questa comunicazione per dare al lettore qualche informazione sui dati di accesso a questo blog che, in quanto personale, non ha grandi pretese ma che in questo momento, per una sorta di scelta di abbassamento della voce, è l'unico strumento che dà conto del mio sguardo sul mondo.

Un primo dato mi sembra interessante. Fra qualche settimana il sito raggiungerà i 100 mila visitatori unici da quando è stato attivato, ovvero il 1 luglio 2009. In sette anni, corrisponde ad una media annuale di 14.286 persone (uniche) che lo hanno visitato almeno una volta. E considerato che le "nuove sessioni" (le persone che visitano il sito per la prima volta) sono il 59,27%, questo significa che più del 40% dei visitatori vi sono ritornati. Chi è del mestiere mi dice che si tratta di un dato piuttosto positivo.

 

 

 

 

18 Ottobre 2016

Oltre l’emergenza

“Tempi interessanti” (52)

... Il lavoro dei corpi e dei volontari che mettono in gioco la loro stessa vita per salvare quella degli altri è una grande manifestazione di generosità e di responsabilità. Vorrei che la stessa determinazione venisse usata nell'andare oltre l'emergenza, nel mettere in sicurezza le tante aree a rischio dei nostri ecosistemi come nell'andare alla radice delle grandi crisi che attraversano il pianeta. Queste richiedono un cambiamento profondo, nel pensiero, nell'agire politico, nei comportamenti personali. ... finita l'emergenza tutto rientrerà nella normalità, continueremo a guardare distrattamente un mondo alla deriva, a blindare le nostre case costruite di sabbia, a scandalizzarci per il telefonino nella mani di un disperato o a commuoverci di fronte al bambino con la pancia gonfia e pieno di mosche esibito dall'industria dell'umanitario. In fondo essere angelo costa solo otto euro al mese.

22 Settembre 2016

Un governo di scopo e poi il voto. Nel frattempo…

di Michele Nardelli

(21 aprile 2013) Giorgio Napolitano è stato rieletto Presidente della Repubblica.  Il voto a larghissima maggioranza dei grandi elettori chiude con una scelta solo qualche giorno fa imprevedibile una delle pagine forse più difficili e delicate di questo paese, tanto è vero che il secondo mandato presidenziale rappresenta un inedito nella storia repubblicana.

Certo. La figura di Giorgio Napolitano non può che rappresentare un elemento di equilibrio in una fase di grande instabilità. Al tempo stesso dobbiamo dirci senza infingimenti che questo passaggio rappresenta la risposta ad una situazione di emergenza e di crisi profonda della politica, non la soluzione.

22 Settembre 2016

Basso merito, zero ambizioni

Questo editoriale è apparso sul Corriere della Sera del 21 maggio scorso.

di Giuseppe De Rita

C'è stato un tempo felice in cui tutto il corpo sociale viveva di impulsi politici. Dalla fine della guerra fino al crollo della Prima Repubblica la vita di tutti era segnata dal primato della politica: dal primato delle grandi ideologie dell'epoca (comunismo, liberismo, corporativismo, dottrina cattolica); dal primato della dialettica fra i sistemi geopolitici (mondo occidentale, mondo arretrato, Paesi cosiddetti non allineati); dal primato anche quotidiano di scontri sociali e mobilitazioni di classe. Tutto era politica.

Ma, al di là della forte ruvidezza conflittuale di quegli anni, la politica non ci dispiaceva, perché ci trasmetteva un messaggio comune: crescete, andate avanti, salite la scala sociale, diventate altro da quello che siete. Ci spingevano a tale dinamica coloro che esaltavano le lotte operaie come coloro che coltivavano l'ampliamento del ceto medio; coloro che speravano nella potenza politica dei braccianti come coloro che trasformavano i braccianti in coltivatori diretti, cioè in piccoli imprenditori; coloro che spingevano per dare spazio a più ampie generazioni studentesche come coloro che coltivavano le alte professionalità industriali; coloro che predicavano il politeismo dei consumi come coloro che richiamavano alla sobrietà dei comportamenti. Gli obiettivi e i conflitti della politica erano tanti, ma l'anima era unica: «Crescete e salite i gradini della scala sociale». Ed era verosimilmente per questo incitamento alla mobilità che la politica piaceva.

21 Settembre 2016

Una crisi lunga dieci anni, un laboratorio sul presente

The battle of Rome... (2)

di Silvano Falocco *

(20 settembre 2016) L'esperienza amministrativa capitolina va considerata, a tutti gli effetti, un vero e proprio laboratorio. Non un laboratorio, come sarebbe facile credere, delle ambizioni di governo del M5S, qui messe duramente alla prova da un surplus di approssimazione e autolesionismo, che non era facile immaginare. Si pensava, infatti, che l'esito scontato della prova elettorale avesse dato il tempo a tale forza di organizzare, meglio, la propria squadra di governo e il proprio gruppo dirigente. Ma, forse, anche se il tempo a disposizione fosse stato il doppio o il triplo, gli esiti non sarebbero stati granché migliori di quelli attuali.

E qui arriviamo al motivo per cui tale laboratorio è veramente interessante: stiamo infatti assistendo alla sperimentazione della capacità di governo della complessità da parte di “organizzazioni politiche moderne” costruite - e qui i partiti si somigliano in modo preoccupante - sulla base di un processo, allo stesso tempo, di verticalizzazione (il leader, il cerchio magico, il premier, il governatore, il sindaco) e restrizione della base militante (sezioni inesistenti, assenza di luoghi di riflessione ed elaborazione, sovrapposizione tra eletti e dirigenti di partito). Tali esperienze - come un iceberg che innalza la propria cuspide e restringe la propria base - si mostrano, alla prova dei fatti, inadeguate, fragili e fortemente instabili.

5 Settembre 2016

Giornata dell’autonomia, tre motivi di preoccupazione

di Michele Nardelli

(5 settembre 2016) Come ogni anno da quando è stata istituita, il 5 settembre si celebra la giornata dell'autonomia. Questa però non è una ricorrenza come tutte le altre, ha qualcosa in più per cui merita un supplemento di attenzione.

In primo luogo, perché sono passati settant'anni da quando venne siglato a Parigi l'accordo De Gasperi – Gruber, una felice intuizione che ci ha permesso di contenere il conflitto in questa terra e di sviluppare inediti livelli di autogoverno. Il secondo motivo è riconducibile al fatto che questo anniversario cade nel pieno del dibattito su una riforma costituzionale che, almeno sul piano del rapporto fra stato centrale e regioni, segna a prescindere dall'esito referendario un vistoso passo indietro nella dislocazione dei poteri verso il basso. La terza ragione di attenzione consiste nell'avvio dell'iter per la revisione dello Statuto di autonomia (il cosiddetto terzo statuto) con la formazione della Convenzione in Alto Adige – Sud Tirolo e della Consulta in Trentino, i cui lavori dovrebbero approdare ad una proposta di nuovo assetto statutario.

31 Luglio 2016

Brexit, Nizza e Ankara. La fatica di capire

Un intero universo concettuale sta andando in pezzi. Nessuno dei parametri validi nel Novecento funziona più

di Roberto Esposito *

Perché facciamo così fatica a capire quel che sta accadendo? Forse perché i fatti di queste settimane, dalla Brexit alla Turchia fino al terrore di Nizza e a quello, recentissimo, in Germania, così diversi tra loro, nella portata, negli effetti e nelle cause, hanno un punto in comune: “i fatti” di queste settimane non sono più quelli di una volta. L’idea stessa di “fatto” o di avvenimento è tale perché riusciamo ad inserirla in una cornice di pensiero più o meno consolidata.

Ora quella cornice che ha retto la seconda parte del Novecento non c’è più. L’Inghilterra che ha salvato l’Europa decide di lasciarla, possiamo assistere in Turchia a quello che è stato un golpe democratico contro una democrazia autoritaria, possiamo vedere dei terroristi che non hanno più un rapporto forte con un’ideologia, folle e totalitaria, ma la prendono a prestito, in leasing, per poche settimane, mettendo in gioco il loro corpo, la loro vita.

 

18 Luglio 2016

Turchia, fra realtà e messa in scena

di Michele Nardelli

(17 luglio 2016) Che cosa sta realmente accadendo in Turchia? La mia impressione è che nella notte del 15 luglio sia accaduto qualcosa di strano, fra la realtà e la messa in scena.

Un golpe vero fallito grazie alla mobilitazione popolare? Un colpo di stato organizzato da dilettanti mandati allo sbaraglio, forse mal consigliati? Un golpe finto, per rafforzare il regime e chiudere la partita interna con l'opposizione verso quello stato presidenziale che la Costituzione impedisce ad Erdogan?

Nelle concitate ore notturne quando ancora sembrava che gli insorti avessero la meglio, le cancellerie occidentali, nel loro imbarazzato silenzio, già lasciavano intendere che in fondo la presa del potere da parte dei militari non sarebbe dispiaciuta affatto. Analogo il tono delle principali testate giornalistiche occidentali, ben lungi dal considerare che un putsch militare contro un governo legittimo è sempre e comunque un'azione antidemocratica, in gran parte improntate ai nuovi scenari del dopo Erdogan.

 

20 Aprile 2016

Verso la catastrofe

di Moni Ovadia

(1 giugno 2010) Era inevitabile che accadesse. L'insensato atto di pirateria militare israeliano contro il convoglio navale umanitario con la sua tragica messe di morti e di feriti non è un fatale incidente, è figlio di una cecità psicopatologica, della illogica assenza di iniziativa politica di un governo reazionario che sa solo peggiorare con accanimento l'iniquo devastante status quo. Di cosa parliamo? Dell'asfissia economica di Gaza e della ultraquarantennale occupazione militare delle terre palestinesi, segnata da una colonizzazione perversa ed espansiva che mira a sottrarre spazi esistenziali ad un popolo intero. (...)

14 Aprile 2016

Le implicazioni del referendum sulle trivelle

di Michele Nardelli

(14 aprile 2016) E' la prima volta che il popolo italiano è chiamato ad un referendum proposto dalle Regioni, più precisamente da nove Consigli Regionali (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto). Che ciò avvenga su un tema che investe l'idea stessa di sviluppo ci racconta molte cose.

Il neo-centralismo statalista

Ci racconta in primo luogo di un decreto (il “Salva Italia”) che ha espropriato le Regioni dalla competenza in materia energetica che con fatica le stesse avevano conquistato. Solo grazie alla nostra autonomia in Trentino ci siamo salvati dalla ri-nazionalizzazione delle centrali idroelettriche, ma la tendenza neo-centralistica appare inequivocabile.

E' bastato creare nell'opinione pubblica un clima ostile alle Regioni ed è stato un gioco da ragazzi far riemergere una cultura centralistica avversa ad ogni forma di autogoverno. Su questo aspetto, ahimè, non c'è destra o sinistra che tenga, quello centralistico è un approccio che passa in maniera trasversale nell'insieme del panorama politico.