12 Agosto 2009

sabato, 5 febbraio 2011

Organizzare una manifestazione in ventiquattr'ore non è facile. Eppure ce l'abbiamo fatta, attraverso il tam tam, internet, gli sms e il passa parola. Così centinaia di persone, italiani e arabi, hanno partecipato al presidio di sabato pomeriggio a Trento promosso dal Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani portando la solidarietà verso la lotta per la libertà e la democrazia ma molti di loro anche una testimonianza diretta. Divisi fra la preoccupazione e l'angoscia per le violenze e la speranza verso una straordinaria rivoluzione democratica che vuole mettere fine all'occupazione del potere da parte di regimi corrotti e illiberali...
11 Agosto 2009

martedì, 11 agosto 2009

Costretto in casa a metà agosto. Normale. Oggi va un po’ meglio, non ho la percezione di febbre e mi sembra di averci fatto il giro. E’ dalla lettura dei giornali che invece arrivano i dolori. E riguardano processi di polarizzazione del dibattito locale sulla dimensione nazionale del PD. Esattamente il contrario di quello che sarebbe stato auspicabile per un congresso trentino davvero fondativo. Ovvero non più legato alle precedenti appartenenze associative o di partito, ma in grado di sparigliare a partire dalla condivisione di un progetto per il Trentino ed insieme europeo, assumendo questa dimensione come chiave per abitare i profondi processi di trasformazione del nostro tempo, e di un rapporto federativo reale come dovrebbe essere quello fra soggetti autonomi che decidono di federarsi e dunque di un rapporto con la dimensione nazionale non più verticale ma orizzontale e senza alcuna gerarchia. Costruendo nel far questo nuove sintesi di pensiero. E invece no. Le candidature devono rifarsi alla dimensione nazionale, quasi a dover mettere delle bandierine sullo scacchiere del controllo del partito nelle sue dimensioni regionali. Non c’è scritto da nessuna parte, tanto per capirci, ma questo è ciò che sta prendendo corpo a partire dalla proposta di candidatura di Giorgio Tonini in rappresentanza della componente della mozione che fa capo al segretario nazionale Franceschini. La reazione (nelle parole di Bruno Dorigatti) appare uguale e contraria per quanto riguarda la mozione Bersani. Ho scelto di non schierarmi con alcuna mozione nazionale non per equidistanza, o perché non colga la progettualità politica almeno in parte alternativa che esprimono, ma perché eludono il nodo che personalmente mi sta più a cuore: l’approccio europeo e federalista. Sullo sfondo c’è poi il rapporto con una potenziale area moderata che non si riconosce nel berlusconismo. Se cioè quest’area possa collocarsi direttamente nel PD oppure se richiede uno spazio non riconducibile al PD. E’ in fondo la proposta del nostro presidente Dellai di dar vita sul territorio nazionale e euroregionale ad un nuovo soggetto politico moderato e fortemente legato al territorio, strettamente legato al centro sinistra. Franceschini aveva detto nei giorni scorsi da Pinzolo che la prospettiva "dellaiana" non aveva senso, che nella sintesi culturale e politica del PD c’era lo spazio anche per questa ipotesi e che non avrebbe regalato questa rappresentanza ad altri. Come a dire che il PD è il partito dell’alternanza maggioritaria oppure non è.  Una strada che si è già rivelata perdente, tant’è vero che se in Trentino si è vinto è stato proprio grazie al prendere corpo accanto al PD di un soggetto rappresentativo di un’area di centro ma distante dalla destra berlusconiana e dal leghismo. Questo non significa affatto riconoscersi nella mozione Bersani che invece sembra ricostruire il quadro politico che fu dell’Unione, di un’alleanza fra soggettività diverse ma tendenzialmente sempre uguali a se stesse: la sinistra riformista, il centro democratico popolare, l’ambientalismo e così via. A me pare che il problema posto da Dellai sia ineludibile. E questo senza nulla togliere alla scommessa originaria del PD, ovvero quello di costruire una nuova sintesi, a partire dalle culture democratiche che hanno attraversato il Novecento. Ma questo non avviene per incanto, occorre un percorso fatto di punti successivi di approdo lungo una difficile traversata. In Trentino, proprio per essere stato in questi anni laboratorio di sperimentazione originale, ricondurre a forza il confronto congressuale nell’alveo del dibattito nazionale sarebbe la cosa peggiore che possiamo fare. Anche se lo si smentisce, il rischio è proprio questo. Sono le 8.28 del mattino e Roberto Pinter mi scrive: "Peggio di così…". La sua candidatura potrebbe rappresentare istanze riconducibili a sensibilità presenti nelle varie mozioni nazionali, andando oltre ed indicando una prospettiva di confronto rigoroso e mai parolaio (come è avvenuto nella scorsa legislatura, alternando durezza nei toni e subalternità nei fatti) con il Governo provinciale. Si scontano muri ancora da abbattere e pregiudizi. E anche qualche rendita di potere. Una storia politica che si fatica a riconoscere nella sua originalità e che Alessandro Andreatta definisce su L’Adige "birichina" (se capisco quel che vuol dire, è un giudizio politico da respingere al mittente), ben diversa dal giudizio di Dellai che ne "Il mio Trentino" scriveva qualche mese fa: «…Avevamo poi pensato che almeno in Trentino, vista la sua peculiare caratteristica istituzionale, si sarebbe potuto attivare un piccolo laboratorio di territorializzazione della politica. Da Roma assoluto disinteresse: con alcune rare eccezioni, tra cui quella di Enrico Letta. Anche a Trento, la dirigenza dei DS ha dimostrato assoluta indisponibilità su questo piano, con l’eccezione di pochi, tra i quali Giorgio Tonini, con la sua nota intelligenza politica e Roberto Pinter, con il valore aggiunto della sua provenienza da un movimento politico del tutto particolare e territoriale quale è stato "Solidarietà"…». Credo che non tutto sia perduto e che il senso di una proposta trasversale sia più che mai necessario se vogliamo che il Trentino possa essere ancora laboratorio originale. In questo senso vanno le telefonate e i contatti della giornata. Solo la partenza per la Romania, domenica prossima, mi metterà nel clima di vacanza, anche se lo sarà relativamente.  
10 Agosto 2009

lunedì, 10 agosto 2009

Sono in vacanza. Tant’è vero che mi prende l’influenza, come accade quando cala l’adrenalina e si hanno meno difese. E’ un paio di giorni che non sto bene, ma non ci faccio caso. Ho ancora da sbrigare un po’ di cose, prima di considerarmi in ferie. Qualche appuntamento, niente di particolarmente impegnativo. Per la verità ho iniziato a scrivere un testo che nelle intenzioni potrebbe essere una mozione congressuale, e questo impegnativo lo è. Ma non avendo una scadenza precisa, lo sto rimandando nel tempo. Approfitto di essere in ufficio fra un appuntamento e l’altro per mettere ordine ad un po’ di cose. Alle 14.00 abbiamo come Gruppo un incontro con i rappresentanti della Confederazione Italiana Agricoltori, uno dei sindacati della categoria. L’oggetto della discussione è l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, i nuovi vertici, l’attività di ricerca, le politiche agricole della PAT. E’ il secondo incontro che abbiamo con loro nel giro di poche settimane ed evidentemente credono in questa interlocuzione. Anch’io ci credo, e ritengo che sia necessario ristabilire una linea di contatto con il mondo rurale che nei fatti in questi anni s’è andata perdendo, nei fatti lasciando questo settore all’esclusiva attenzione da parte di UpT e PATT. Ci credo perché se vogliamo ragionare di vocazioni economiche del territorio, le filiere agricole agroalimentari sono elementi fondanti di un’identità sociale ed economica autosostenibile. L’Istituto Agrario di San Michele (e la Fondazione Mach che ne rappresenta la cornice) è in questo quadro un tassello fondamentale, strategico sul piano della ricerca, dell’innovazione e della formazione. Specie se pensiamo alla situazione di difficoltà o di vera e propria crisi in cui sono la filiera del latte ma anche le produzioni agricole basate sulla monocoltura. Mele e uva, dopo anni nei quali si sono assicurati grossi margini di reddito, oggi conoscono una fase di crisi. Per uscirne serve diversificare le produzioni e puntare sulla qualità e all’Istituto di San Michele viene chiesto un contributo essenziale, uno scarto d’ingegno, per dare vitalità al settore. E serve sostenere l’educazione al consumo consapevole e le filiere di prossimità, così come abbiamo previsto nel Disegno di Legge in discussione in Consiglio provinciale. Finiamo l’incontro e corro a casa che sono uno straccio. Così sono a letto, in pieno agosto. Niente male. Così finisco di leggere "E se Fuad avesse avuto la dinamite" di Elvira Mujčić. Dopo averlo iniziato, l’approccio mi sembrava un po’ scontato e l’ho messo da parte. Poi ho letto la recensione di Mauro Cereghini e siccome do sempre retta ai consigli di Mauro ho deciso di andare fino in fondo. Sarà perché i luoghi mi sono famigliari, sarà perché ho la Bosnia nel cuore, ma il racconto di Elvira tocca le mie corde. Perché arriva a quelle profondità, dove tutto il resto non conta nulla.  
7 Agosto 2009

venerdì, 7 agosto 2009

Oggi sono proprio soddisfatto. La conferenza stampa del mattino di presentazione della "lettera aperta" ai sindaci dei Comuni trentini affinché evitino di riconoscere le ronde è andata come avrei voluto. Mi sono riproposto di sdoganare la pace dai pacifisti, da un mondo molto spesso autoreferenziale che fatica a mettersi in gioco, abbattendo muri materiali ed immateriali che impedisce il corpo a corpo, la capacità cioè di dialogare a tutto campo. Alla conferenza stampa contro le ronde intervengono fra gli altri il presidente del Consorzio dei Comuni trentini Marino Simoni e il rappresentante dell’Associazione Trentini nel Mondo Maurizio Tomasi, aderendo all’appello del Forum. Il primo parlando del senso civico che i nostri Comuni devono salvaguardare e far crescere come condizione di coesione sociale, il secondo proponendo un dialogo fra l’emigrazione trentina e i nuovi cittadini immigrati in Trentino, in nome della memoria di quando ad emigrare era la nostra gente. Oltre a loro l’assessore Lia Beltrami a nome del governo provinciale, Fabio Pipinato a nome dei promotori dell’appello "In sicurezza?", Erica Mondini, vicepresidente del Forum e il sottoscritto. E’ il Trentino, non solo il mondo della pace, a dire no all’imbarbarimento che il "pacchetto sicurezza" introduce in questo paese. Un segnale che questa terra invia a tutto il paese, un messaggio contro la paura, contro l’equazione immigrati-ordine pubblico, contro lo squadrismo. E così una volta tanto c’erano tutti i mezzi d’informazione. Questo è un po’ il senso del cambio di passo che ho proposto al Forum per la Pace e i Diritti Umani. Alla conferenza stampa a Palazzo Trentini c’è tanta gente, nonostante sia agosto. Ma questo passaggio che la Lega ha imposto al paese preoccupa. E dunque, oltre all’invito a non riconoscere le ronde, è necessario tenere alta l’attenzione e mettere in campo altre iniziative. Ne parliamo con alcuni rappresentanti delle associazioni degli immigrati che hanno già delle idee interessanti. Nel pomeriggio con il Gruppo consiliare del PD del Trentino abbiamo organizzato un presidio a Trento, in Piazza Pasi. Insieme al volantino viene distribuito un pacchetto che contiene una tagliola: è il "pacchetto insicurezza". Anche in questo caso ci troviamo in molti, a testimonianza che il partito, se stimolato positivamente, reagisce bene.  Prima dell’iniziativa del pomeriggio mi ero visto con Annalisa Tomasi, animatrice per tanti anni dell’ADL a Prijedor, la persona che più di ogni altra ha saputo interpretare la funzione di ambasciatrice della nostra comunità in quella città provata dalla guerra degli anni ’90. Ora è consigliere della Circoscrizione Centro storico e coordinatrice del Circolo del PD della sua zona. Mi sottopone il documento che la maggioranza della Circoscrizione ha elaborato sulla questione dello spostamento della Stazione ferroviaria verso l’area dello Scalo Filzi. Ci si chiede se questo è lo stravolgimento del piano Bousquets che prevedeva l’interramento della ferrovia ed il superamento della barriera che dallo spostamento dell’Adige a metà dell’Ottocento divide la città di Trento. Le propongo di promuovere un incontro con il gruppo consiliare cittadino e quello provinciale e così rimaniamo. Mentre sono in Piazza Pasi mi chiama Fabio che è in Passaggio Teatro Osele con alcuni esponenti delle Acli. Passaggio Osele è la galleria-vicolo-piazzetta che collega via del Suffragio e piazza della Mostra dove ho proposto di realizzare – nei locali di proprietà dell’Itea – il "Café de la paix". La proposta suscita in loro (e non solo in loro) un grande interesse, il luogo si presta in maniera straordinaria, i locali anche. Dovremmo fare una sorta di concorso per vedere chi più di altri ha le caratteristiche per una gestione efficiente e sostenibile della parte economica del progetto, fatto salvo che sulla gestione culturale si dovrà dar vita ad un gruppo di lavoro, capace di coinvolgere altri soggetti. Penso ai titolari della Libreria Einaudi, ad esempio, che sono entusiasti dell’iniziativa e che potrebbero animare uno spazio letterario, con la presentazione di libri e autori. Anche questo va nella direzione che dicevo, affinché la pace diventi un tratto che anima la nostra città. Per oggi è finita. Ora mi dedico alla cena, la casa come al solito è sempre aperta agli amici…  
6 Agosto 2009

giovedì, 6 agosto 2009

Ho capito che almeno fino a venerdì sera sarà difficile allentare la presa delle attività. Staccare la spina presuppone l’andarsene via e fin che sei qui questo risulta un po’ difficile. E allora, se siamo in ballo, balliamo. La posta, l’aggiornamento del sito, il diario di bordo… In ufficio mi vedo con Ciro Russo. Da tanti anni ormai è il coordinatore dei progetti in America Latina per la Trentini nel Mondo. L’ho conosciuto una vita fa che era sindacalista e segretario della Fim, il sindacato dei metalmeccanici della Cisl. Un pezzo importante del movimento sindacale trentino e nazionale, sempre in prima fila nelle lotte per i diritti dei lavoratori, erede del sindacato di Beppino Mattei, maestro di vita di tanti di noi, che non esitò a dar vita in Trentino alla prima esperienza di sindacato unitario dei metalmeccanici (Smut si chiamava) che fece scuola per quella che poi divenne la Federazione Lavoratori Metalmeccanici, la prima federazione unitaria a cavallo fra gli anni ’60 e ’70. Con Ciro siamo amici ma oggi parliamo di lavoro, del suo impegno e del suo desiderio di rientrare, della mia intenzione di avviare una stretta collaborazione fra Forum per la Pace e la Trentini nel Mondo, per lavorare insieme sul tema della memoria e delle migrazioni. Un’attività che penso in primo luogo culturale e che rappresenta oggi uno dei punti maggiormente carenti nel pur importante lavoro svolto dalla sua associazione. Nel corso dei diciassette anni di sua presenza in Argentina e Brasile mi ha invitato un’infinità di volte di andare lì, a conoscere progetti e attività, ma non se ne è fatto mai nulla. Mi e gli prometto di farlo nei prossimi mesi. Chissà se questa volta sarò capace di mantenerla questa promessa. Sbrigo un po’ di faccende in città, ritorno al gruppo, mi curo che sia tutto a posto per la conferenza stampa dell’indomani, passo velocemente da casa e poi via, verso il Basso Sarca e la Valle di Ledro, dove abbiamo programmato un giro di visite ed incontri. Con Angioletta Maino e Nino Mazzocchi andiamo a visitare l’area di Tremalzo, al confine occidentale del Trentino. Un’area di particolare pregio naturalistico, oggetto nei primi anni ’70 di interventi speculativi rivelatisi ben presto fallimentari. Oggi rimangono vecchi ruderi in mezzo a pascoli di straordinaria bellezza, un rifugio Sat abbandonato e decrepito, appartamenti estivi in condomini fortemente impattanti e oltretutto chiusi. Chissà perché ma lo scenario che vedo per la prima volta mi è famigliare. Il problema, in questi anni più volte venuto alle cronache, è che ora, con la stessa logica degli anni ’70, l’imprenditore Leali (quello dell’acciaieria di Borgo Valsugana), con il sostegno dei Comuni della zona, vuole realizzare un mega progetto turistico. Piscine, saune, fitness, giochi d’acqua in un luogo dove l’acqua sostanzialmente non c’è e d’estate i comuni ne soffrono tanto da doverla portare con le autocisterne. E poi la logica di sempre, un turismo impattante, che non ha nulla a che vedere con le vocazioni dei luoghi. Business insomma. A Tremalzo incontriamo i rappresentanti del Comitato che da anni ormai si batte contro questo progetto. Sono loro gli artefici dell’impegno che ha già ottenuto il ridimensionamento delle opere e bloccato la vendita dei terreni gravati da uso civico all’imprenditore d’assalto. Ma ancora incombono 48.000 metri cubi di cemento. Le persone che ho davanti non sono ragazzini, è gente della comunità locale che si sta spendendo per consegnare alle generazioni a venire un territorio integro e risanato dalle speculazioni del passato. Perché questo è il punto. Qui non siamo in presenza di un’area semplicemente da salvaguardare. Il degrado che vedo intorno a me, fra le malghe in funzione grazie al lavoro duro di chi le tiene in vita (rimettendoci economicamente, come mi dice il titolare di una di queste) e le mucche al pascolo, richiede un intervento di risanamento per nulla semplice, specie se i ruderi che andrebbero abbattuti sono in mano a privati che ne vogliono ricavare profitto. Rianimare questa zona richiede sensibilità, intelligenza, prudenza ma anche un progetto per il futuro che non può essere certo il lasciare le cose come stanno. Serve un approccio culturale diverso, qui come e forse più che altrove. Un ripensamento sul turismo trentino, un fare sistema che ha molto a che vedere con il tema delle filiere corte di cui pure discutiamo, perché per far rinascere un territorio occorre anche una progettualità sostenibile anche sul piano economico, capace di integrare lavori e produzioni diverse ed il turismo fra queste. Arrivando qui abbiamo visto un sacco di turisti che affollano laghi, case e alberghi della valle di Ledro, un territorio ben tenuto, ma che fatica a fare sistema, a mettere in connessione i produttori di latte e formaggio con gli albergatori, la storia dei luoghi con un turismo di qualità. Scendiamo dai 1600 metri di Tremalzo. Qualche problema, per la verità, c’è anche nel fondo valle. A Tiarno di sopra ci incontriamo con un gruppo di persone, alcuni li conosco come attivisti del PD, che hanno raccolto centinaia di forme contro la realizzazione di una inutile quanto costosa ed impattante rotatoria. Siamo ad agosto, mi dicono, e questo è il periodo del maggior traffico. Che praticamente non c’è. Mi chiedo quale sia la logica, ma anche questa non c’è. Se non far andare il mulino delle progettazioni, degli appalti e delle opere per alimentare interessi di pochi. Sono stati qui altri consiglieri del PD, ma è come se la forza della macchina che si è messa in moto ai tempi di Grisenti fosse più forte di ogni buon senso. Vediamo di riuscire a fermarla. Ci sono verso di noi molte aspettative, dovremmo essere capaci di dare segnali diversi, anche sulle piccole cose. E’ ormai sera che scendiamo verso Riva del Garda. Ci troviamo per una pizza con un po’ di amici e compagni che vogliono sapere cosa bolle nel pentolone provinciale. Molti di loro si sono appena iscritti al PD del Trentino. Ed il circolo di Riva ha cominciato ad esprimere nuove sensibilità. Racconto delle […]
5 Agosto 2009

mercoledì, 5 agosto 2009

Mattinata fitta d’incontri soprattutto in preparazione della conferenza stampa di presentazione della Lettera aperta ai Sindaci del Trentino che abbiamo fissato per venerdì prossimo 7 agosto, alle ore 11.30 presso Palazzo Trentini a Trento. E’ il giorno prima dell’entrata in vigore del decreto che regola il cosiddetto "Pacchetto sicurezza" e l’iniziativa mi sembra molto tempestiva. Tant’è che oggi i giornali già danno notizia dell’appello ai Comuni. In primo luogo m’incontro con Marino Simoni, presidente del Consorzio dei Comuni del Trentino, per esporgli l’iniziativa del Forum e per invitarlo ad essere presente alla conferenza stampa. Condivide i contenuti della lettera e la risposta è positiva. Il colloquio è molto cordiale: parliamo del clima che si respira nelle nostre comunità, delle paure, della perdita di senso di responsabilità che si vede anche nelle piccole cose. E della necessità di lavorare sulla memoria, anche quella del Trentino come terra d’emigrazione. Lui viene dal Primiero e quella terra ne sa qualcosa. E’ importante che il Consorzio dei Comuni aderisca all’iniziativa. L’obiettivo è proprio quello di costruire uno schieramento non scontato, più ampio possibile, che esprima ciò che il Trentino sa dare. E’ la ragione per cui chiamo anche Alberto Tafner, presidente della Trentini nel Mondo, per invitarlo ad intervenire all’incontro di venerdì. Lui però quel giorno sarà a Marcinelle, in Belgio, dove l’8 agosto 1956 morirono in una miniera 262 persone di dodici diverse nazionalità, di cui 136 italiani. Gli spedisco il testo della Lettera aperta chiedendogli di scrivere qualche riga di adesione. Mi richiamerà nel pomeriggio per dirmi che la Trentini del Mondo sarà presente e che ha preparato un messaggio. Mi sento inoltre con i referenti dell’appello "In sicurezza?" per invitare anche loro. Vedo Aboulkheir Breigheche, condivide la lettera e proverà ad essere presente. Abbattere i muri, questo è il senso profondo di un "cambio di passo" nel mondo della pace. Oltre ogni forma di autreferenzialità. Al Gruppo con Mattia Civico e Bruno Dorigatti mettiamo a punto anche un’iniziativa da realizzare in centro città come PD del Trentino venerdì pomeriggio, proprio su questo argomento. Alla sede del Forum incontro Francesca Zeni, una delle animatrici del "Progetto formazione". E’ di ritorno da un tour dell’associazione "Libera" che ha toccato molte città e territori italiani in una carovana di sensibilizzazione, animazione e spettacoli sul tema delle mafie e della democrazia. E’ stanca ma molto motivata: l’intenzione sarebbe quella di dar vita anche in Trentino ad un nodo di Libera. Torno al Gruppo, butto giù qualche riga per la conferenza stampa di venerdì e poi me ne scappo a casa. I propositi di vacanza, come si può capire, sono spostati in là nel mese di agosto, ma il pomeriggio è dedicato al bosco e alla raccolta di funghi. Incredibilmente (visto il tempo che fa) l’esito sarà piuttosto striminzito. Ma la passeggiata in Valle dei Mocheni in un pomeriggio di sole con Gabriella e Nina è di grande relax.  
4 Agosto 2009

martedì, 4 agosto 2009

Oggi non mi sento tanto bene. Probabilmente il fisico reagisce alla stanchezza e allo stress. Ma prima di prendermi qualche giorno di riposo devo ancora sbrigare un po’ di cose, qualche appuntamento, e poi questi sono i giorni cruciali per l’entrata in vigore del "Pacchetto sicurezza" e ho in serbo un po’ di in iniziative, se non altro per affermare che questa terra non è ancora preda del leghismo imperante. Passo il primo mattino a scrivere. Poi, verso le 11.30, ho appuntamento con Luisa Zancanella, che da qualche anno lavora al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Facciamo il punto delle ultime cose decise dal Consiglio del Forum e definiamo il programma di lavoro per le prossime settimane. E’ da poco rientrata dalle ferie e si trova subito travolta dalle cose da fare e ne sono un po’ responsabile. Ma se vogliamo dare un’impronta innovativa all’attività del Forum, questo è un passaggio essenziale. Telefono all’assessore Lia Giovanazzi Beltrami per condividere le iniziative sul "Pacchetto sicurezza", parlo con il presidente del Consorzio dei Comuni Marino Simoni e fissiamo un appuntamento per l’indomani, faccio lo stesso con Aboulkheir Breigheche, imam della comunità islamica in Trentino e membro del Consiglio del Forum trentino per la Pace. Un breve aggiornamento sulle vicende congressuali con le persone che sono al Gruppo. Proprio ieri era a Trento il rappresentante della Commissione congressuale nazionale che aveva sollevato problemi di legittimità del nostro regolamento e tutto pare si sia risolto positivamente. Rimane aperto il nodo del nostro rapporto con il PD nazionale, questione cruciale di cultura politica. Alle 14.00 ho appuntamento con Mauro Cereghini per andare ad Aldeno, dove vediamo il direttore della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine, istituto di credito che ha accompagnato in questi anni l’attività della cooperazione trentina nei Balcani. Quest’anno cade il decennale della presenza trentina in Kosovo e nell’ambito delle manifestazioni programmate si vuole coinvolgere la Cassa Rurale con un ruolo attivo. Mauro è ritornato da poco dalla Bosnia Erzegovina dove ha accompagnato oltre quaranta persone del Sud Tirolo – Alto Adige in un viaggio di studio. Prijedor, Tuzla, Srebrenica, Sarajevo, Mostar sono state le tappe del tour: mi racconta di amici comuni incontrati, di sensazioni e di immagini. Lo sento soddisfatto e avverto che questo suo ritorno sul campo lo anima positivamente. Gli dico della mail che Jovan Teokarevic, professore e comune amico di Belgrado, mi ha scritto e dell’ipotesi di presentare il nostro libro sulla cooperazione in quella che un tempo era la grande capitale della Jugoslavia. Città difficile, caotica, spesso inquinata, ma di grande fascino, per la sua storia, per i suoi fiumi, per la sua gente che affolla la Kneza Mihajlova, la via pedonalizzata che porta al Kalemegdan, l’antica fortezza sul Danubio. Di nuovo in ufficio. Metto in ordine l’agenda delle cose da fare, controllo la posta elettronica, qualche telefonata. Fra queste quella di Donald. Mi dice di aver letto la lettera agli amici, si complimenta per il lavoro svolto in questi primi sei mesi e questo mi fa davvero piacere. Alle 16.30 mi trovo con Paola Morini. Ci conosciamo da una vita, insieme abbiamo fatto l’esperienza della Casa per la Pace, molto spesso con posizioni diverse, qualche volta mandandoci al diavolo, ma sempre nel rispetto reciproco. Mi descrive una sorta di tratta criminale delle persone, in questo caso di giovani albanesi (maschi) che pagherebbero cifre intorno ai tremila euro per arrivare in Trentino ed usufruire dei servizi che la nostra comunità mette a disposizione per i ragazzi non maggiorenni e non accompagnati. Un utilizzo da "furbetti" dell’immigrazione di giovani a rischio, che comunque andrebbero aiutati a sottrarsi dalle dinamiche della microcriminalità, assicurando loro percorsi formativi che però mostrano lacune (in estate, ad esempio) di continuità. E non solo. L’attività di insegnamento della lingua italiana a questi ragazzi attraverso un programma sperimentale ha dato risultati positivi, ma ciò nonostante la sperimentazione non è ancora diventata un servizio organico e chi ci lavora è nella precarietà. Con alcuni colleghi ne hanno parlato nei mesi scorsi con l’assessore Dalmaso, è stata elaborata una proposta progettuale ma ancora non se ne è fatto nulla e questi giovani (una trentina ogni anno) durante questa estate sono in balia della strada con ciò che vuol dire. Ho abbastanza chiaro il quadro della situazione e ne parlerò alla prima occasione con l’assessore, che peraltro devo vedere anche per la questione dell’educazione alla pace. Così si è fatta sera. Continuo a non sentirmi granché. Una giornata o due di lavoro e poi qualche giorno di vacanza. Non so dove e non ho certo voglia di mettermi in coda su qualche autostrada. Penso al Sud Tirolo, al Tirolo o alla Slovenia. Mete dove possa star bene anche Nina, che verrà con noi.  
3 Agosto 2009

lunedì, 3 agosto 2009

Non sono in ferie. L’attività del Consiglio nel mese di agosto è ferma e i ritmi un po’ più distesi. Ma se sono qui, l’agenda trova sempre il modo di riempirsi di appuntamenti o di cose da fare. Stamattina preparo una lettera aperta ai Sindaci del Trentino sul "pacchetto sicurezza". Ho intenzione come presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani di proporre ai primi cittadini dei 218 comuni del Trentino una serie di iniziative per impedire l’imbarbarimento delle relazioni con i nuovi cittadini che, con il loro lavoro, contribuiscono alla ricchezza della nostra autonomia. I dati che vado a studiarmi nel rapporto 2008 su "L’immigrazione in Trentino" parlano chiaro. Ne parleremo diffusamente nei prossimi giorni. Alle 13.00 ho appuntamento con Armando e Fabio per l’iniziativa "Politica è responsabilità". Armando Stefani mi racconta del suo viaggio in Brasile dove da anni Tremembé lavora sul turismo responsabile. Di questo straordinario "paese – continente" che sta entrando come protagonista nel forum delle potenze mondiali. Dei cambiamenti in corso, del turismo responsabile che comincia ad interessare l’utenza locale, dei problemi che quando è lì si trova a seguire. Andiamo insieme a prendere qualcosa e facciamo il punto dell’iniziativa: l’appello è pronto, il progetto web è in costruzione, iniziamo a raccogliere le adesioni che vorremmo più trasversali possibili all’area del centrosinistra. Vorremmo poterci sintonizzare non sul dibattito di un partito ma sulla necessità di far crescere nuovi pensieri e con essi nuovi strumenti di circolazione delle idee e di formazione. Le proposte non mancano affatto. Verso le 15.00 m’incontro con Bianca. Luciana Chini le ha proposto di incontrarmi come presidente del Forum per parlarmi dell’esperienza di sua nipote in Colombia. Mi parla dell’impegmno di questa giovane donna nell’attività di interposizione nonviolenta in quel paese e scopro così che si tratta di una persona che già conosco. Ho incontrato qualche anno fa Laura Ciaghi in Kosovo con l’Operazione Colomba e successivamente nelle attività formative che mi sono trovato a fare con loro. Il mondo è davvero piccolo. Bianca vorrebbe costruire un gruppo di sostegno per far conoscere la situazione in Colombia. Metto subito le mani avanti, dicendole che se si vogliono fare cose serie è necessario costruire relazioni durevoli. Il che non impedisce di raccogliere ad esempio corrispondenze, ma anche qui sempre nella consapevolezza che quando ci si mette in gioco con un territorio si deve avere la responsabilità di sapere che si creano aspettative. E che il mondo è pieno di aspettative andate deluse. L’umanità che s’incontra non scompare. Ci sono associazioni trentine che operano da tempo in quel paese che si potrebbero contattare, costruire reti e sinergie. Ma è più difficile di quel che sembra. Spero di non essere stato troppo severo, ma è bene dirsi le cose che si pensano senza reticenze. Vedo che Bianca sembra condividere le mie considerazioni e ci lasciamo dandoci i rispettivi recapiti e con alcune idee da proporre a Laura che ancora per un paio di mesi sarà in America Latina. Qualche telefonata e poi vado a casa, dove metto mano all’idea della mozione congressuale sull’impronta "glocale" del Partito Democratico: lavoro impervio ma ci provo. In altre stanze, nelle stesse ore a Trento, si prova a trovare una mediazione sul regolamento congressuale del PD del Trentino impugnato da Roma. Cose d’altri tempi, verrebbe da dire, ma purtroppo non è affatto così. La cultura federalista, che pure appare in qualche documento, non è di casa nella politica italiana e anche il PD fa fatica ad assumerne contenuti e pratiche.  
1 Agosto 2009

sabato,1agosto 2009

Ore 17.00. C’è una grande folla ad accompagnare Rino verso l’ultima dimora. Era il primo giugno quando appresi la notizia dell’aereo precipitato nell’oceano con 228 persone a bordo e fra loro Luigi Zortea, Gianni Lenzi e Rino Zandonai. Esattamente dopo due mesi una bara viene portata a spalle lungo la breve salita che porta al piccolo cimitero di Pedersano. Nella mente scorrono i ricordi di viaggi e di incontri, fotogrammi di una vita spesa per gli altri e perché questa era la sua vita. In questi due mesi ho continuato a pensare Rino in fondo al mare, accanto a Luigi e Gianni, e insieme ai tanti naufraghi di un mondo che costringe milioni di persone ad emigrare lungo rotte incerte e che Rino avrebbe voluto diverso. E invece, testardo com’era, ha voluto a tutti i costi ritornare, come a dare conforto ai suoi cari e alla sua anziana mamma. Un luogo in cui piangere e dove pregare. Quando in Consiglio provinciale venne fatta la commemorazione, mi venne spontaneo dedicare a Rino, Gianni e Luigi qualche parola di Vinicio Capossela. Non trovo di meglio, nel giorno dell’ultimo saluto all’amico Rino, che riportare il testo di quella ballata.   Santissima dei naufragatiE venne dall’acquaVenne dal saleLa penitenzaDall’amaro del mareE il comandante avanzaE niente si può fareVuole una morteLa vuole affrontareE lì l’attendevaDove il sole calaCala e non muoreE l’acqua non lo lavaE il demone lo duoleSui banchi d’acqua stregatiDi olio e petrolioE il vento non alzavaE il mare imputridivaLegati a un solo raggioTutti presi in ostaggioAvanzavamo lentiSenza ammutinamentiIl comandante è pazzoE avanza nel peccatoE il demone che è suoAdesso vuole mioBrinda con il sangueAll’odio ci convinceChe se è sua la barca che vinceDev’essere la miaE gli occhi non videroNon videro la luceNon videro la messeChe altri non l’avesseE il cielo fece neroE urlò la nube al cieloE s’affamò d’abissoChe tutti ci prendesseOh madre miaSalvezza prendimi nell’animaOh madre mia..Le ossa nell’acquaAnime biancheAnime salvateAnime veniteAnime addolorateChe io abbia due soldiDue soldi sopra gli occhiDue soldi per l’onoreDue monete in pegnoPer pagare il legnoLa dura voga del traghettatoreVieni occhi di fluoroVieni al tuo lavoroVieni spettro del tesoroLa vela tende, il vento se la prendeLa vela cade, le erinni allontanateE accesi sui pennoniI fuochi fatuiI fuochi alatiDella santissimaDei naufragati…Oh matri mia…Salvezza prendimi nell’animaIl tempo stremavaL’arsura ci cuocevaParlavamo a levareIl silenzio dal mareE il legno cedeva all’acqua suo piantoLa vela cadde la sete ci asciugòAcqua, acqua, acqua in ogni doveE nemmeno una goccia,Nemmeno una goccia da bereE gli uomini spegnevanoSpegnevano il respiroSpegnevano la voceNel nome dell’odio che tutti ci appagòIl cielo rigòDi sbarre il suo portaleIl volto di fuoco dentro imprigionòLo spettro vedemmoVenire di lontanoVenire per ghermireNero di dannazioneVitainMorteVitainMorteQuello era il suo nomeOh matri mia..Salvezza prendimi nell’animaOh matri mia…Salvezza prendimi..Questa è la ballataDi chi si è preso il mareChe lapide non abbiaNè ossa sulla sabbiaNé polvere ritorniMa bruci sui pennoniNei fuochi sacriI fuochi alatiDella santissima dei naufragati….Oh santissima dei naufragatiVieni a noiChe siamo andatiSenza lacrimeSenza gloriaVieni a noiPerdon pietà Un ultimo abbraccio, caro Rino.  
30 Luglio 2009

giovedì, 30 luglio 2009

Di quel che accadde a Trento 39 anni fa non c’è traccia sulla stampa trentina. Quella dei due attivisti del sindacato fascista della Cisnal che volevano tenere un’assemblea alla Ignis (oggi Whirpool), che per farlo si presentarono armati di accetta e spranghe, provocando la reazione di molti operai che li disarmarono e li portarono con un cartello al collo da Spini di Gardolo a Trento, è storia passata, non si ha memoria. Come, del resto, delle lotte operaie di quegli anni che attraversarono, cambiandola, questa terra. Stragismo e terrorismo, che pure accompagnarono tragicamente quegli anni, non possono oscurarne la straordinaria forza trasformatrice. Le riforme che hanno cambiato in profondità questo paese, non dovremmo dimenticarlo, sono il prodotto di quella stagione: dallo statuto dei lavoratori alla riforma psichiatrica, dalle leggi sul divorzio al diritto di famiglia… in pochi anni davvero tutto è stato diverso. A guardare ora le foto di quel 30 luglio 1970 per le strade di Trento la sensazione è forse quella dell’eccesso, che pure c’era. Ma la politica, quel tempo in trasformazione, provò ad interpretarlo. E’ quel che penso nello scrivere qualche appunto sulla politica di oggi per la conversazione con Simone Casalini, giornalista del Corriere del Trentino, fissata nel pomeriggio. La difficoltà di interpretare il nostro tempo e la necessità di costruire nuove sintesi di pensiero sono le ragioni della nascita del PD ma anche lo scoglio su cui questo percorso si è incagliato. La Destra e la Lega, ciascuna a suo modo, hanno dato risposte. La prima affidando al mercato (e allo "stato minimo") il compito di autoregolazione sociale (il liberismo) e per oltre un decennio questo è stato il pensiero incontrastato e Berlusconi l’interprete. E’ però la Lega ad interpretare più efficacemente la fase post ideologica e non a caso sempre più frequentemente emerge la sua egemonia nella coalizione di governo nazionale. La Lega sa dare rappresentanza agli umori, trasformando il rancore in progetto politico, raccogliendo ogni forma di malumore dando ad una società spaesata una chiave di lettura semplificata della realtà, nemici in carne ed ossa con cui prendersela. Il PD è la risposta al bisogno di nuovi strumenti interpretativi e di nuove sintesi culturali, ma è come se il ‘900 lo ancorasse al passato, riproponendo le culture di sempre. Il PD dovrebbe essere il partito dell’Europa, l’Europa è la vera sfida post nazionale e federalista, capace di connettere il locale ed il globale, ridisegnando diritti e responsabilità, attento al territorio e dunque capace di far proprio il concetto di limite (e dunque di sostenibilità), in grado di avviare – perché insieme di minoranze – una prospettiva di pace. E invece c’è qualcuno che da Roma ti dice come devi fare il tuo congresso. Siamo al di là del bene e del male. In questi giorni ho appunti dappertutto. Sono riflessioni per nulla estranee alla questione aperta sul "partito di Dellai", ovvero di un soggetto politico moderato, dai forti legami territoriali, ancorato al centro sinistra. In realtà non è solo il problema di Dellai e di un soggettività politica "moderata". E’ un nodo di cultura politica trasversale all’area democratica, sempre più ineludibile. Per questo cerco di accelerare la stesura del progetto "Politica è responsabilità". Nelle venti righe del "manifesto" scrivo «Uno strumento per aiutare la politica a rinnovarsi nella cultura e nelle forme dell’agire. Questa è la mission di "Politica è responsabilità". Donne e uomini che stanno dentro e fuori partiti diversi, espressione di questa terra e di un comune sentire democratico ed europeo, accomunati dalla preoccupazione che i rituali sopravvivano ai cambiamenti tanto da vanificarne le tracce di innovazione e le aspettative». Nelle prossime settimane ne parleremo diffusamente. Alle 14.00 sono in Consiglio provinciale. Nell’aula consiliare mi aspettano una trentina di persone del circolo anziani di Cadine in visita istituzionale. Loro compaesano, mi accolgono con un applauso. Parliamo della nostra autonomia, del fatto che molti la considerano un colpo di fortuna o un privilegio, avendo perso memoria di quel che era il Trentino prima del secondo statuto, terra d’emigrazione e di povertà. Ad ascoltarmi sono prevalentemente donne, non tutte anziane per la verità, ed anche un gruppetto di bambini con le loro mamme e nonne. Nonostante l’ambiente potrebbe indurre un certo timore reverenziale, l’interlocuzione è vivace. Racconto di come funziona il Consiglio, della mia esperienza di questi mesi, di come si costruisce una legge e, per non parlare in astratto, del DDL sull’educazione al consumo consapevole e delle filiere corte. Il tema è molto sentito e la discussione si anima. L’incontro dura tre quarti d’ora e nonostante l’ora pomeridiana non vedo intorno a me sguardi assonnati o annoiati. Foto ricordo e poi tante strette di mano, ognuna con un riferimento al Livio, il mio papà, alle nocciole e alle uova che vendeva, e alla mia mamma che faceva autostop a ottant’anni suonati. Finito l’incontro, vado in via dei Cappuccini, alla sede del Corriere del Trentino. La conversazione con Simone Casalini scorre piacevolmente per un’ora e mezza, spaziando dall’Europa al Trentino. Non ho idea di quel che sabato ne verrà fuori ma conto sulla professionalità e sulla sensibilità di questo giovane ed intelligente caporedattore. Con le sue 8 mila copie vendute il Corriere in pochi anni si è conquistato uno spazio nell’editoria quotidiana trentina tutt’altro che scontato, un risultato ottenuto senza gridare, ma con la qualità dell’informare. E per diffusione è già oggi il secondo quotidiano della città di Trento. Finisco l’intervista proprio in tempo per arrivare al Gruppo consiliare dove mi attendono Stefano Albergoni, Fabio Pipinato e Alessandro Graziadei. Dobbiamo mettere a punto la proposta "Politica è responsabilità": ne stiamo parlando ormai da mesi ed ora l’idea si sta affinando, devo dire, con spunti sempre nuovi. L’impresa si presenta avvincente e l’estate dovrebbe aiutarci a perfezionarla per poterla presentare a settembre. Sarà uno spazio di pensiero, non solo un blog interattivo. Per aiutare la politica, non per sostituirsi ad essa. Stefano mi dice che crede molto in questa cosa. Il suo è un riavvicinarsi all’impegno politico che mi conforta. Con Stefano, negli anni […]
29 Luglio 2009

mercoledì, 29 luglio 2009

Uso le prime ore della giornata per aggiornare il sito, caricare materiale nuovo, sistemare gli appuntamenti. Sembra niente ma vi assicuro che non è esattamente così. Appena sono al gruppo do un’occhiata ai giornali e rimango basito nel leggere la notizia, riportata dal Corriere del Trentino, che la struttura nazionale del PD avrebbe impugnato le regole congressuali del PD del Trentino. Dalle 10.00 in poi ho una serie di appuntamenti in ufficio. Il primo è con Elisabetta Grigolli. E’ stata indicata come rappresentante dell’Associazione Oratorio S.Antonio nel Forum per la Pace e nei giorni scorsi mi ha scritto per avere uno scambio di idee su quel che una realtà come la sua può fare sul tema immigrazione. Non so se quel che le dico viene inteso nel verso giusto. Provo a dire infatti che, al di là del "pacchetto sicurezza", delle conseguenze negative che sortirà e del dovere di disobbedienza civile che dovremmo mettere in conto a partire dai Comuni ai quali è riservata la decisione sulle "ronde" (pensate che bel segnale sarebbe se dai 218 Comuni del Trentino venissero altrettanti no), il problema risiede nell’ignoranza e nelle paure. Per uscire dalle quali occorre creare consapevolezza, conoscenza, opportunità di contatto diretto. Le dico, un po’ provocatoriamente, che per uscire da questo "gorgo" bisognerebbe studiare almeno la geografia dell’Europa, conoscere la storia. Che per farlo possono servire le forme dell’educazione permanente ma anche più semplicemente, l’organizzazione di viaggi della memoria presso i luoghi della nostra migrazione, sempre che qualcuno ancora si ricordi che il Trentino fino al secondo statuto di autonomia (ma quanti trentini sanno cos’è il secondo statuto?) era terra di emigrazione. Che un viaggio può contare di più che lo svuotare gli armadi di vecchie cianfrusaglie, come molto spesso accade, pensando pure di fare un atto di solidarietà. Che la cultura del "fare" slegata dal pensare non porta da nessuna parte. Ho come l’impressione che mi guardi stupita, mi dice che ci rifletterà. Dopo qualche istante mi incontro con Francesca Caprini, animatrice di "Yaku", associazione internazionale che si occupa di acqua in America Latina. Nelle cose che dice ritrovo molto della riflessione che con Mauro Cereghini abbiamo proposto in "Darsi il tempo", libro che conosce ma che non ha letto e così le regalo una copia. Mi parla dei progetti ai quali stanno lavorando, la Scuola andina dell’acqua, il desiderio di costruire un legame fra la cultura andina dell’acqua e quella delle nostre montagne che si sta perdendo (di una cooperazione che ci aiuta, quindi) e della volontà di aprire una collaborazione con i Rifugi alpini e la SAT. Ma anche della collaborazione con il Forum mondiale dell’acqua (e con il mio caro amico Emilio Molinari) e della proposta di svolgere a Trento in autunno un convegno internazionale sul tema del diritto all’acqua. ­Ci lasciamo con l’impegno di rivederci a settembre per ragionare sulle possibili forme di collaborazione fra il Forum (di cui Yaku peraltro non fa parte) e le attività dell’associazione. Due colloqui, persone molto diverse, che mi dicono quanto i temi del rapporto fra il locale e il globale siano decisivi per un diverso agire politico. Telefono a Maurizio Agostini, il segretario del PD del Trentino. Qualche sera fa mi aveva raccontato quasi divertito di un colloquio avuto con il responsabile nazionale dell’organizzazione del PD e della sua difficoltà di capire il significato di un modello di partito federato, del riconoscersi in un soggetto politico nazionale ma rivendicando la nostra autonomia decisionale. Pensavo che la cosa si fosse chiusa lì, ma la notizia del Corriere mi dice che, evidentemente, così non è. Gli dico che io in un partito ancora immerso nei riti della politica centralistica non ci sto un minuto di più, che lo dica pure a Roma che questo sarà l’effetto. E’ davvero insopportabile che nella carta dei valori (che questa gente, evidentemente, non ha nemmeno letto) si parli di federalismo e che poi i comportamenti siano quelli di sempre. Vecchi arnesi arrugginiti che pensano di gestire pezzi di potere in nome dell’obbedienza. Maurizio è d’accordo. Vado a casa e mi metto a scrivere un pezzo per il Corriere del Trentino su questa cosa. Preparo anche 25 righe per illustrare il progetto "Politica è responsabilità" che comincio a far girare. E così è sera. Alle 19.00 ho appuntamento con Giuseppe Ferrandi, direttore del Museo storico del Trentino. Beppe è anche presidente dell’Associazione Progetto Prijedor e dopo cena abbiamo la riunione del consiglio direttivo dell’Associazione. All’ordine del giorno l’attività semestrale, l’idea di andare verso la formazione del Tavolo Balcani facendo sistema fra le varie associazioni che operano nella regione ed altro ancora. Siamo in pochi – l’estate si fa sentire – ma la discussione si protrae a lungo. Sono presenti i nuovi assessori del Comune di Borgo, Comune aderente al Progetto Prijedor, ed è quindi necessario spendere qualche parola in più per far capire loro la complessità delle attività. Non è, per la verità, la sola ragione. Con Cristina Valer – che si è tradizionalmente occupata degli affidi a distanza per l’associazione – da tempo abbiamo posizioni divaricanti, non estranee al confronto che è avvenuto nel Forum per la Pace attorno alle proposte per la nomina del presidente di quell’organismo e di cui abbiamo già parlato in questo diario. Il "cambio di passo" che ho proposto per il Forum ha a che vedere con il senso del fare cooperazione e cultura di pace. E a pensarci bene anche con il colloquio del mattino con Elisabetta. Nodi che verranno affrontati nell’assemblea dell’Associazione, alla quale ho dato in questi anni tanto impegno e che mi ha ricambiato altrettanto straordinariamente. E alla quale, anche in relazione ai miei nuovi incarichi, continuerò a partecipare come semplice iscritto. Fra una cosa e l’altra, si è fatta mezzanotte.    
29 Luglio 2009

giovedì, 8 aprile 2010

Mercoledì avrei dovuto essere a Roma per il Seminario organizzato dalla Campagna Sbilanciamoci su "L’uso degli indicatori di qualità sociale ed ambientale nelle politiche pubbliche: le proposte della società civile". In realtà avevo voglia di andarci più per vedere un po’ di persone all’indomani del voto amministrativo e capire se qualcosa cominciava a smuoversi nel verso giusto, che non per lo specifico del seminario comunque interessante.  Dico "il verso giusto",  nel senso che più il tempo passa più mi convinco che occorra una proposta davvero fuori dagli schemi sin qui seguiti. Ne parlo da tempo, ma dopo l’esito delle elezioni per il rinnovo dei consigli regionali è ora di rompere gli indugi. In altre parole questo significa riconoscere la sconfitta, che è prima culturale che politica. Che non dipende solo o tanto dalla qualità di un candidato presidente, ma dalla percezione che questo paese ha di sé, del suo presente e del suo futuro. Questo vuol dire predisporsi non alla rivincita nelle prossime elezioni, ma ad un percorso di ricostruzione culturale, che indaghi le categorie del pensiero, le parole, le forme dell’agire, voltando davvero pagina rispetto al Novecento.  Guardarsi intorno, riconoscere le paure e prenderle per mano, cercare quel che di interessante i territori esprimono sul piano della sostenibilità e della qualità, intercettare saperi e modalità di auto-organizzazione sociale. Tutto questo richiede un tempo disteso, scandagliare università, imprese, territori, sperimentazioni sociali e politiche. E soprattutto non farsi prendere dalle scadenze. Alla fine mercoledì a Roma non ci sono andato. Stanchezza o non so che altro, forse comincio ad imparare il senso del limite. Ho chiamato le persone con le quali avevo l’impegno di vedermi per darci un nuovo appuntamento, a metà maggio, quando andrò lì per un contributo proprio su questi temi nella giornata di chiusura della scuola di formazione politica dedicata a Danilo Dolci. Non scendere nella capitale vuol dire tempo liberato per lo studio. A cominciare dai flussi migratori che hanno segnano lungo un secolo questo nostro Trentino che della sua storia di migrazione ha smarrito la memoria. Un solo dato. Dal 1874 al 1915 i dati ufficiali dicono che se ne sono andati dal trentino oltre 40 mila persone. Se pensiamo che l’emigrazione clandestina c’era già allora, praticamente un abitante su quattro è migrato da questa terra. Fenomeno che è proseguito, anche se con numeri inferiori, fino all’inizio degli anni ’70 quando, con il secondo statuto di autonomia, il Trentino ha iniziato a gestirsi le proprie risorse e a cambiare volto. E’ di questo Trentino migrante che parliamo a Molina di Ledro. Un piccolo pubblico per una intensa e bella serata fatta di immagini (il film "Come un uomo sulla terra"), di analisi, di racconti, perfino di aneddoti. Ma la gente se ne sta chiusa in casa, incollata al televisore a guardare porcherie o talk show dove esponenti dei partiti di rovesciano addosso parole volgari. Questa è una questione ineludibile. Trovare il modo di ricostruire un filo di dialogo con le tante persone che oggi vivono nell’incertezza del futuro, nella paura, nel rancore verso una politica avvertita (e molto spesso realmente) distante e verso coloro che ti insidiano in quel poco che pensi di avere. Ne parlo con Adel Jabbar, al quale chiedo di far parte del gruppo di lavoro che presiederà all’organizzazione delle attività del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani sul tema annuale del quale discuteremo nell’assemblea di lunedì prossimo: la cittadinanza euromediterranea. Gli racconto quel che intenderemmo fare: un contenitore di eventi, piccoli e grandi, dove i cittadini possano conoscersi in tutto quel che li accomuna ad altri cittadini, magari con la pelle più scura o più chiara, con i lineamenti della montagna o del deserto, dai caratteri più fieri o più inclini al quieto vivere. Suggestioni facili da comprendere e che possano dare il senso ad un concetto di cittadinanza aperta. Adel mi sembra attratto dal progetto e cominciamo a scambiarci idee e proposte, come ad esempio quella di far conoscere il pensiero nonviolento nell’Islam. Scopriamo così di avere conoscenza comuni, come ad esempio il vecchio Gabriel Mandel, uomo di grande religiosità e dalla cultura sterminata. Fra crescere una cittadinanza euromediterranea. Riuscire solo in questo, vorrebbe dire dar senso al nostro impegno.