30 Agosto 2009

domenica, 30 agosto 2009

Sono i giorni in cui scadono i termini per la presentazione delle candidature alla segreteria del PD del Trentino. Lunedì 31 infatti devono essere presentate le firme a sostegno delle proposte per il ruolo di segretario e fino a ieri non erano ancora chiare le proposte che sarebbero rimaste al palo e quelle che effettivamente si sarebbero concretizzate. Tant’è che la candidatura del senatore e sindaco di Riva del Garda Claudio Molinari è stata ritirata e si è invece concretizzata quella di Renato Veronesi, sindaco di Arco. Così il quadro, salvo imprevisti dell’ultima ora, dovrebbe essere chiaro. I candidati alla segreteria del PD del Trentino sono quattro: Michele Nicoletti (professore universitario, sostenuto da Gianni Kessler), Roberto Pinter (già vicepresidente della PAT, che ha raccolto un consenso trasversale), Giorgio Tonini (senatore ed espressione della mozione Franceschini) e Renato Veronesi (espressione della mozione Bersani). Mi scuso sin d’ora per la semplificazione, perché in realtà ciascun candidato è questo ed altro, le quattro candidature percorrono storie e sensibilità politiche non riconducibili alle aree che hanno dato vita al PD del Trentino. Solo due candidati su quattro si richiamano alle dinamiche congressuali nazionali e questo è un bene. Ed è un bene che la dialettica si sviluppi in maniera articolata, per cui ritengo che queste candidature possano garantire un adeguato confronto sui contenuti progettuali per il Trentino e sul governo provinciale, sull’identità politico culturale del PD del Trentino, sulla forma partito e sul rapporto con il partito nazionale. Le regole congressuali prevedono il deposito di almeno 80 firme a sostegno di ciascuna candidatura con almeno dieci adesioni da ognuno dei quattro collegi elettorali. E i sottoscrittori devono essere iscritti al PD del Trentino. Non è un grande lavoro, ma nemmeno così scontato visto che la raccolta avviene nelle ultime ore. Fino all’ultimo infatti erano (e sono) possibili scomposizioni e ricomposizioni. Difficile ad esempio comprendere come persone e storie collettive che si richiamano alla sinistra e alle sensibilità sociali possano riconoscersi nella candidatura di Veronesi, ma i congressi mettono in conto anche contorsionismi tattici talvolta incomprensibili. Anch’io do una mano a Roberto Pinter nella raccolta delle adesioni. C’è una storia politica affine, c’è un richiamo ad un processo di cambiamento che non si esaurisce nel rispetto delle regole ma che richiede forte attenzione alle condizioni sociali dei soggetti più deboli, c’è un approccio e una comune sensibilità sui temi della pace e dei diritti, c’è una scelta che è anche la mia di non schierarsi per alcuna delle mozioni politiche nazionali, c’è l’idea comune che il processo politico che ha portato alla formazione del PD del Trentino non debba considerarsi esaustivo di una sperimentazione politica che vorremmo più aperta e sensibile alle istanze territoriali.  E’ un susseguirsi di telefonate e di contatti, come è normale che sia. Fermo restando che da domani vorrei tanto che fossero i contenuti a dare il segno di un partito vivace e creativo. Avrebbe già dovuto essere così, in modo che le candidature potessero delineare le idee piuttosto che le vecchie appartenenze o l’adesione ad uno schema congressuale nazionale che in Trentino appare superato, ma c’è tutto il tempo per rimediare.  
28 Agosto 2009

venerdì, 28 agosto 2009

Il diario di giovedì e venerdì non ha da segnalare attività significative. Ultimi giorni di agosto, un caldo afoso, gli amici che ti vengono a trovare e che hai voglia di coccolare come si conviene nella nostra casa sempre aperta e che ha sempre qualcosa da offrire. Una cosa da segnalare, per la verità, c’è ed è l’intervista di Lorenzo Dellai su "L’Espresso" dal titolo "Servono nuovi compagni di strada". Ho deciso di dedicargli l’editoriale che vi propongo nella prima pagina.  
26 Agosto 2009

mercoledì, 26 agosto 2009

Questa sera arriva a Trento per passare qualche giorno con noi Ali Rashid. Con Ali siamo fratelli, abbiamo vissuto qualche anno insieme a Roma e poi la nostra amicizia è continuata, vedendoci di tanto in tanto, seguendo ciascuno il proprio percorso, ma rimanendo profondamente legati l’uno all’altro. Ali è stato per molti anni, e talvolta lo è ancora oggi nonostante non abbia più incarichi ufficiali, il rappresentante del popolo palestinese in Italia. Vive in Italia dal 1974, da quando fuggì da Beirut dopo il "settembre nero". Come studente in medicina a Perugia, poi come membro dello staff della rappresentanza palestinese in Italia, poi come vice ambasciatore dell’Autorità nazionale. Persona di rara intelligenza e sensibilità, ma anche segnato dalla tragedia della sua gente. Un giorno mi confidò di essere uno dei pochi sopravvissuti dei militanti della sua generazione, falcidiati dalle vicende della vita e dalle operazioni del Mossad. Che alla causa palestinese ha dato tutta la sua esistenza, ricevendo anche molto, senza dubbio, nell’essere riconosciuto come simbolo della lotta di quel popolo. Ma anche, come del resto la sua gente, vivendo sempre nella precarietà. La vita si sovrappone a ciò che rappresenti ed è difficile stabilire il confine fra la tua dimensione personale e famigliare e quella ufficiale, rendendo tutto complicato nella gestione dei tuoi spazi di vita, negli affetti, nella programmazione del futuro. Persino il matrimonio di Ali con Cristina e la loro piccola Aida Clara che assisteva incuriosita al matrimonio dei genitori fu una manifestazione pubblica. Sono anni che, seppure a distanza, rimane aperto fra noi un fertile confronto che ha contribuito ad alimentare posizioni innovative anche fra la sua gente e nel mondo della diaspora palestinese, proponendo la cultura invece delle pietre, aprendo lo sguardo sui temi della nonviolenza. Nella penultima legislatura Fausto Bertinotti gli chiese di candidare per Rifondazione comunista. Ali mi telefonò per chiedermi cosa ne pensassi, capii che aveva già deciso e gli dissi "perché no?" purché avesse mantenuto un suo spazio indipendente, di dialogo aperto con tutti, quasi a proporsi come rappresentante non di un partito ma di un altro popolo, il suo, nel Parlamento italiano. Era per lui una scelta di vita, voleva dire interrompere una carriera diplomatica per quanto precaria, come precario del resto è uno Stato che non c’è. Ali venne eletto, ma non seguì il mio consiglio, perché "essere parte" era più forte di lui, indicava in fondo la sua onestà intellettuale. Fu quella la legislatura più corta della Repubblica, tanti propositi svaniti nel nulla e neppure uno straccio di pensione maturata. Il resto è storia recente: un accordo elettorale come quello della sinistra arcobaleno che non corrisponde allo scontro politico che si gioca nel paese, una piccola nomenclatura che protegge se stessa, un quorum che non c’è.  La politica sa essere cinica e cattiva come poche altre cose. Le relazioni, quelle buone ed intense, rimangono, così come le sensibilità e le affinità culturali. E così Ali di tanto in tanto viene qui, in Trentino, a prendere una boccata d’ossigeno rispetto all’aria stagnante della capitale o di Orvieto, città che pure gli ha dato la cittadinanza ma forse troppo vicina a Roma per esprimere qualcosa di diverso. Tant’è che alle ultime elezioni comunali è accaduto l’impensabile, ovvero che il centrodestra abbia potuto vincere le elezioni là dove un tempo il PCI da solo prendeva oltre l’80% dei suffragi. Non che la politica qui sia in fondo tutt’altra cosa, ma l’autonomia da un lato ed una storia di fatta di sperimentazione originale dall’altro hanno fatto sì che i processi sociali e culturali che abbiamo tristemente conosciuto sul piano nazionale venissero almeno attenuati. Originalità che si vorrebbe preservare per la politica trentina ed anche quale tratto distintivo del PD del Trentino: di questo si parla nella serie di incontri che caratterizzano la giornata. Con Armando e Fabio mettiamo a punto la proposta "Politica è responsabilità" che nei prossimi giorni presenteremo pubblicamente: l’appello, le proposte, i firmatari, il tutto decisamente trasversale all’area del centro sinistra autonomista per mettere a disposizione luoghi e modalità di confronto e di circolazione delle buone idee. Con Roberto Pinter cerchiamo invece di capire quel che accade sul piano delle candidature alla segreteria del PD del Trentino. A prescindere da quale sarà l’esito congressuale, l’importante è che si avvii una discussione vera e profonda, perché è di questo che la politica e il partito hanno bisogno. Cioè di contenuti che vadano oltre il rispetto delle regole del vivere civile e della legalità. Perché il Trentino richiede idee e progettualità per il futuro in connessione con una dimensione globale che a sua volta richiede capacità di sguardo e di pensiero. Non è chiaro ancora se le candidature annunciate (Molinari, Nicoletti, Pinter e Tonini) saranno confermate o meno, se ci saranno convergenze o azzeramenti e nuove candidature dell’ultimo momento. Purché il confronto ed il dibattito congressuale del PD del Trentino non siano la fotocopia del dibattito nazionale. Intanto però tutti stanno raccogliendo le firme necessarie per le candidature ed è bene che anche Roberto lo faccia. Nel pomeriggio arriva anche Rino, amico di Milano. Ci lega un’amicizia nata ai tempi di DP nazionale e coltivata nel corso degli anni, accanto alla passione per i porcini, tanto che ora ha coronato il sogno di avere un casolare in Valle dei Mocheni. Alle 19.00 sono a prendere Ali in stazione. Si aspetta una cenetta come si conviene a casa e invece questa volta si va fuori, tutti insieme, a Canezza di Pergine. Una bella serata, ma la cena sarà un po’ al di sotto delle aspettative.  
25 Agosto 2009

martedì, 25 agosto 2009

Arrivare ad Auronzo di Cadore non è esattamente una passeggiata in montagna. Ma essere lì, in occasione del riconoscimento delle Dolomiti quale patrimonio mondiale dell’umanità da parte dell’Unesco, è in primo luogo un impegno. Personale, di ciascun cittadino o amministratore che sia, e collettivo per la responsabilità che le istituzioni presenti si assumono nell’accettare che tale patrimonio sia non solo delle comunità che nelle Dolomiti ci vivono ma di tutta l’umanità. Alle 8.00 ho appuntamento al Valcanover di Pergine con Bruno Dorigatti, compagno di gruppo, e Paolo Burli, segretario della Cgil del Trentino, per raggiungere insieme Auronzo. Il viaggio è piacevole ed anche la conversazione che spazia dai temi del sindacato a quelli più strettamente politici. Passiamo da Feltre, poi Belluno e da lì verso il Cadore. Passiamo da Longarone e della tragedia del lontano 9 ottobre 1963 si scorgono solo il cimitero e, nella stretta valle che sovrasta il paese, il muro della diga del Vajont. Da ragazzino ero venuto a Longarone con i  miei genitori a vedere i luoghi devastati dall’enorme massa d’acqua che aveva travolto ogni cosa ed ho un ricordo nitido del deserto di fango che aveva colpevolmente spezzato migliaia di vite. Già allora la natura si ribellava al delirio fabbricato che in nome del profitto non si dava alcun limite. Ed ancora oggi la cultura del limite fatica a diventare orizzonte nell’azione dei governi. Sarà questo il richiamo più forte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo intervento ad Auronzo. I giornali e le televisioni parleranno del richiamo all’unità del paese e del suo patrimonio, dalle Eolie alle Dolomiti (gli unici due siti naturali fra i quarantaquattro riconosciuti in Italia dall’Unesco come patrimonio dell’Umanità), come al solito rincorrendo lo spettacolo indecente di una politica rissosa e provinciale. Ma Napolitano parla di un paese ferito nel suo rapporto con il patrimonio ambientale (è di questi giorni lo sversamento di liquami tossici nella "grotta azzurra" di capri e della quale Roberto Murolo ci ha in-cantato) e nel far questo rompe la retorica un po’ stucchevole della ministra Prestigiacomo. Il richiamo al concetto di limite è anche nei discorsi di Durnwalder e Dellai nel loro forte appello alla responsabilità che un riconoscimento come quello dell’Unesco ci affida, il primo facendo riferimento alle diversità che le Dolomiti accomunano, il secondo al duro lavoro di chi le Dolomiti le vive nei pascoli di montagna, nella coltivazione dei boschi e nelle attività umane che ne derivano. Niente di scontato, tant’è vero che quando il presidente dell’Alto Adige – Süd Tirol, dice due parole nella sua lingua madre il pubblico comincia a rumoreggiare. A testimonianza di come le frontiere siano ancora ben salde al loro posto, quelle materiali e quelle immateriali. La manifestazione si svolge in maniera sobria e alle 13.00 è tutto finito. La giornata è splendida e decidiamo di non rinchiuderci nello spazio riservato al buffet. Anziché ritornare sui nostri passi, preferiamo continuare verso nord, in direzione del lago di Misurina e di Dobbiaco, rientrando dalla Val Pusteria, verso Bressanone. Ci lasciamo alle spalle i luoghi turistici ancora zeppi di gente e di automobili, testimoni di un turismo che esporta i difetti di una vita quotidiana alla quale non si rinuncia nemmeno in prossimità di luoghi dalla bellezza mozzafiato. E del resto anche la nostra frenesia non è in fondo molto diversa. Così intorno alle 17.00, fatto il giro delle Dolomiti, siamo di nuovo nei pressi del lago di Caldonazzo dove al mattino avevo raccolto i miei compagni di viaggio. Impareremo a considerare l’ambiente in cui viviamo ed ogni essere vivente come "patrimonio dell’umanità"?  
25 Agosto 2009

venerdì, 3 settembre 2010

... Lo stesso sentimento che mi prenderà nel pomeriggio quando un'altra amica, vittima del contagio balcanico durante un mio corso di formazione, mi chiama da Bogutovac, villaggio della profonda Serbia dove, nell'osteria da Miro, gli mostrano una mia foto con loro. La cosa forse più importante della cooperazione di comunità sono proprio le tracce profonde, le amicizie, le relazioni vere che in genere la cooperazione degli internazionali "chiacchiere e distintivo" si guarda bene dal mettere in campo...
24 Agosto 2009

lunedì, 24 agosto 2009

Rientrato dal viaggio in Romania, avrei voluto considerare la settimana entrante come un ponte fra le ferie e la ripresa del lavoro. Ma è inutile pianificare le cose, la realtà è che se sono a Trento, in casa o in ufficio poco importa, si riprende il lavoro a pieno ritmo, l’agenda si infittisce di appuntamenti e allora in fumo tutti i buoni propositi di tenere ancora per qualche giorno staccata la spina. E’ così che buona parte della mattinata se ne va nel leggere la posta, rispondere alle cose più urgenti, sfogliare i giornali di una settimana. Nonostante sia pieno agosto, il confronto sulla stampa locale è intenso, e finalmente iniziano ad arrivare i documenti per le candidature al congresso del PD del Trentino. Aggiorno il sito e se ne va un altro pezzo del mattino. Provo a capire come butta nei prossimi giorni, cercando di tenere un po’ di spazio per non rientrare subito nel vortice dell’attività, ma non è facile. Cominciano le telefonate. Dall’ufficio del Gruppo mi ricordano che domani c’è ad Auronzo di Cadore la manifestazione per il riconoscimento da parte dell’Unesco delle Dolomiti quale patrimonio dell’umanità. Mercoledì è già carico di riunioni. Giovedì sera l’Assemblea del PD del Trentino, poco prima il focus del PD sulla scuola. E’ questa la settimana decisiva per le candidature alla segreteria del PD del Trentino e ancora è tutto incerto, il che lascia presagire che se ne dovrà parlare. In questa settimana mi sono ripromesso di scrivere un contributo al dibattito congressuale nazionale del PD. E, sempre questa settimana, devo preparare una sintesi degli incontri tematici del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Niente male.  Di fronte all’ingorgo, prevale la saggezza. Decido così che il pomeriggio è dedicato a fare un giro nel bosco per vedere se davvero come si dice c’è poco o niente. Stasera ci sono a cena Angioletta e Nino ed il proposito sarebbe quello di preparare polenta e funghi. Sarà così.  
24 Agosto 2009

venerdì, 7 maggio 2010

Al Maso Toldin di Pressano presentiamo il disegno di legge che mi vede primo firmatario sul tema dei fondi rustici. Abbiamo deciso di presentare questa nostra seconda proposta di legge sull'agricoltura (dopo quella diventata legge sulle filiere corte) in un luogo simbolico che rappresenti l'economia reale, l'impegno professionale e la passione di persone impegnate nell'agricoltura come a rappresentare una possibile risposta alla crisi finanziaria che sta mettendo a dura prova la moneta europea e la stessa Europa.

23 Agosto 2009

domenica, 23 agosto 2009

Sono rientrato ieri sera dalla Romania. Un viaggio del turismo responsabile che un po’ ho accompagnato e un po’ ho fatto come turista. Giorgio Nita, amico e musicista, impegnato negli ultimi anni per affermare il turismo responsabile nel suo paese, ci accoglie all’aeroporto di Bucarest e ci accompagna attraverso la Transilvania e la Moldavia, fra castelli e monasteri ortodossi. Oltre a me e Gabriella, altri sei viaggiatori curiosi che per la prima volta si recavano in questo paese e che rimangono stupefatti dalla bellezza della natura, dalla profondità della storia che i luoghi trasmettono, dal fascino delle opere d’arte che si sono conservate fino ai nostri giorni, dall’accoglienza delle famiglie dove alloggiamo. Ed anche dal contrasto fra arretratezza e postmodernità. Mancavo da un paio d’anni da questo paese e avevo voglia di comprendere di persona come stava cambiando. E capire fin dove era arrivato questo contrasto. Le città dove si costruiscono palazzi avveniristici e i villaggi dove non c’è nemmeno l’acqua in casa. Le multinazionali che hanno delocalizzato le loro attività in aziende blindate dove chi lavora non ha alcun diritto e i carretti trainati da cavalli che percorrono gran parte del paese. I centri commerciali che crescono come i funghi, ovunque, trasformando le periferie delle città in "non luoghi" e i piccoli negozietti aperti "24 ore non stop" dove fatichi a trovare prodotti che non siano le peggiori cose della globalizzazione, i casinò che hanno preso il posto dei vecchi caffè di Bucarest e la vecchietta che all’entrata chiede come schernendosi l’elemosina. Ma il contrasto, a ben guardare, è solo apparente. Nel vissuto delle persone, il post comunismo è esattamente questo. Il gettarsi mani e piedi, senza il minimo spirito critico, nell’ultra capitalismo. Perché in questo paese tutto è lecito in nome del denaro. Difficile cogliere, almeno nei pochi giorni di osservazione, anticorpi culturali in grado di mettere almeno un freno a tutto ciò. Nemmeno la religione riesce in questo, che pure sembra rappresentare l’unico ambito aggregativo in un mondo dove l’individualismo fa da padrone assoluto. E dove l’ateismo di stato ha lasciato campo libero a fenomeni come la superstizione di massa. Se cercate l’eterogenesi dei fini, qui non avrete problemi… Contrasto apparente, dicevo. Lungo la principale via di comunicazione verso Bucarest, strada trafficata da camion e automobili come in ogni altra parte d’Europa, una gomma del nostro pulmino si sgonfia. Cambiarla è un problema se i mezzi sono vecchiotti ed un bullone non ne vuol sapere di svitarsi. E allora mentre Giorgio cerca un "vulcanizer" noi ci fermiamo in un piccolo market lungo la strada. E’ un immergersi in questo contrasto. La signora che gestisce il piccolo market parla l’italiano perché ha fatto per qualche mese la badante in Sicilia, poi il matrimonio e i figli l’hanno fatta rientrare e così ha messo su questa attività. Vorremmo mangiare qualcosa: pane, formaggio, un pezzo di carne affumicata e qualche mela sono le uniche cose locali in un delirio fatto di plastica. Mentre siamo seduti nei tavolini esterni, dei ragazzi litigano pesantemente fra loro. Non c’è grazia nei loro comportamenti di maschi volgari e violenti. Ma all’improvviso arriva una limousine bianca che sembra uscita da un film americano degli anni trenta. Contrariamente a quel che uno si aspetta, scende un ragazzo poi non molto diverso da quelli che stanno litigando, e tutto si quieta. E’ il capetto e tutti lì a mostrare il proprio ossequio. Questa è l’umanità che viene. Non è tutto così, sia chiaro. Le persone che abbiamo incontrato nel nostro viaggio hanno anche il sorriso aperto e gentile della nipote della signora Rodika che in costume moldavo di offre come benvenuto il pane con il sale della tradizione ortodossa locale, la forza della signora Maria rimasta sola con un figlio a 29 anni dopo che suo marito è stato sbranato da un orso e che manda avanti con attenzione e garbo l’azienda agrituristica dove siamo ospiti, l’armonia delle monache che coltivano i fiori coloratissimi del monastero di Agapia o di Humor. Ma quel che ha lasciato il comunismo dietro di sé è il peggio del peggio. E lungo tutto il viaggio mi chiedo come potranno (potremo) uscirne. L’Europa potrebbe rappresentare un ancora di salvezza. Ma l’Europa non c’è e quella che qui si vede dopo l’allargamento a 27 non è certo un vincolo di civiltà sociale e giuridica. Credo comunque che quella possa essere una strada, ma richiede la crescita di una cultura capace di coniugare amore per il territorio e responsabilità globale. Già, il nostro dibattito politico fatica ad accorgersene. Enzo, Gabriella, Giuliana, Gloria, Iva, Manuela, Pasquale sono persone squisite ed il viaggio risulta davvero piacevole. Non avrebbero immaginato una natura tanto bella e quel che si portano a casa richiede di essere metabolizzato. Così ci incontreremo a breve. Il richiamo alle cose di qui durante la settimana avveniva di tanto in tanto con qualche telefonata e messaggio, ma niente di particolare. E’ il rientro a Trento che mi re-immerge in un dibattito politico che non si accorge del mondo e che mi appare più virtuale che reale. Vorrei una politica capace di ridurre questa distanza, che sappia affrontare il tempo con uno sguardo strabico, insieme locale e globale. Dedicherò la settimana entrante a scrivere di questo. E a cercare di ricondurre il congresso del PD del Trentino alle idee piuttosto che alle logiche di potere (o di vecchie appartenenze) che sembrano prevalere.   
23 Agosto 2009

lunedì, 10 maggio 2010

Ho davanti una settimana piuttosto impegnativa. Lunedì grosso modo è ordinaria amministrazione, un incontro per le elezioni comunali a Mezzocorona e riunioni varie. Martedì c'è la presentazione di "Politica è responsabilità" e una serie di incontri al Forum. Da mercoledì inizia un tour de force che mi porta già al mattino presto a Macerata, dove alla Facoltà di Scienze Politiche devo tenere un seminario sulla cooperazione internazionale. Da lì andrò a Roma, dove, nella giornata di giovedì, mi hanno chiesto di concludere il percorso formativo 2010 della scuola di formazione politica intitolata a Danilo Dolci. Prevedo di finire verso le nove di sera e di ripartire subito verso Trento perché al mattino seguente c'è la convocazione straordinaria del Consiglio provinciale sul tema delle Acciaierie di Borgo Valsugana. Sabato sera o domenica all'alba, infine, dovrei andare a Perugia per partecipare alla marcia Perugia - Assisi. Il tutto in automobile, guidando da solo. Bel programmino, no?
23 Agosto 2009

mercoledì, 26 maggio 2010

... e poi di nuovo alla riunione della Commissione Ambiente del PD del Trentino. In ballo c'è l'atteggiamento sui referendum contro la privatizzazione dell'acqua e le iniziative da intraprendere in Trentino per evitare che, in ogni caso, il decreto Ronchi abbia effetto da queste parti. Devo dire che le posizioni sono convergenti e quasi tutti i presenti all'incontro hanno già firmato per i referendum proposti dai Comitati per l'acqua bene comune. Si affronta anche la questione degli strumenti attraverso i quali attivare le prerogative autonomistiche, la strada che viene indicata su mia proposta è quella di andare nella direzione di un'azienda provinciale al 100% in house al servizio dei Comuni (sono 198 quelli che gestiscono in prima persona o in forma consortile la distribuzione) e in grado di assorbire il settore acqua di Dolomiti Energia (che gestisce i restanti Comuni fra i quali Trento e Rovereto), società a larga maggioranza pubblica ma nata con altre finalità, ovvero la gestione del patrimonio energetico provinciale...
13 Agosto 2009

giovedì, 13 agosto 2009

Ho creduto troppo in fretta di aver liquidato questa specie di influenza che da alcuni giorni mi dà tosse spasmodica e mal di gola. E così sono ancora a letto. Non ho la febbre e almeno riesco a leggere e a prendere qualche appunto. Due giorni nei quali mi sono dedicato alla lettura integrale delle mozioni congressuali nazionali del PD (che peraltro potete trovare su questo sito). Non si tratta di tesi congressuali vere e proprie – nella mia lunga storia politica ho avuto a che fare con ben più impegnativi documenti – ma di mozioni politico programmatiche, quasi a voler riprodurre in piccolo le famose 284 cartelle di Romano Prodi. Insomma, più o meno una quindicina di cartelle per ciascun documento ad indicare una serie di idee per l’Italia, non poi molto diverse fra loro (anche se sappiamo che dietro ciascuna mozione ci sono modi diversi di intendere le alleanze e la forma-partito). Nasce qui una prima domanda. Siamo sicuri che il problema del PD non sia a monte, ovvero della necessità di indagare sul presente, su quel che è accaduto nel bene e nel male nel corso del Novecento e su quel che il secolo lungobreve ci ha lasciato? E dunque sugli strumenti interpretativi e su quel bisogno di sintesi di culture più volte evocato e mai realizzato? Di questo, nelle mozioni congressuali, non c’è quasi traccia. Della crisi dell’economia globale e delle sue ragioni profonde, del neoliberismo e della fine dell’umanesimo evocata attraverso lo "scontro di civiltà" non si dice praticamente nulla, quasi che l’avvento al potere negli USA di Obama avesse tolto tutti dall’imbarazzo e che un ventennio di guerre e di delirio finanziario fossero scomparsi come d’incanto. Per la cronaca, vorrei ricordare che quest’anno decorre il triste decennale dell’intervento armato della Nato (e con essa dell’Italia) in Kosovo e in Serbia che vide protagonista l’allora premier Massimo D’Alema. Un cenno di ripensamento? Sull’Afghanistan, oggi l’Occidente è impantanato come lo fu a suo tempo l’Unione Sovietica… Un ripensamento? Dovrà proporlo Obama? O Bossi, che pure ha imposto il tema del progressivo disimpegno nell’agenda politica del governo italiano? Sulla crisi che ha sconquassato l’economia e la finanza globale solo poche righe dando per scontata la natura di quel che è accaduto, rimuovendo il fatto che solo un anno fa la critica ai processi di finanziarizzazione dell’economia non aveva anche nelle nostre stanze granché cittadinanza. Senza neanche accorgersi che passata la bufera tutto sta tornando come prima. Un prima che non dà scampo, perché dove la finanza muove una massa dieci volte superiore a quel che si produce, non c’è né democrazia, né giustizia, né libertà. Altro nodo di fondo, la crisi ambientale. Se da un lato si riconosce il tema del "limite", non appare in alcuno dei documenti presentati un approccio diverso da quello trito e ritrito dello sviluppo sostenibile. Nell’assenza di un ripensamento sul concetto stesso di crescita, lo sviluppo sostenibile diviene una parola vuota, piegabile in ogni direzione. Tant’è vero che la stessa scelta del ritorno al nucleare non ha sortito, nei documenti come nell’azione politica, la dovuta opposizione. Ma anche su questo, si sa, nel PD le posizioni sono molto diverse. Si potrebbe continuare, ma non è certo questo diario la sede per una riflessione politica alla quale peraltro sto lavorando. Quel che proprio non emerge nelle proposte congressuali è il nostro tempo nella sua dimensione "glocale", interdipendente, nel quale si scompongono i tradizionali riferimenti, primo fra tutti quello "nazionale". E così anche il richiamo all’Europa appare alla fine molto rituale. Nel senso che non esce un profilo europeo del PD, né nella proposta programmatica, né tanto meno nel suo funzionamento istituzionale. Manca infatti lo snodo centrale: il federalismo. Perché il progetto politico europeo, o è federalista o non è. E’, quella europea, una proposta "post nazionale" che si fonda sulla progressiva cessione di sovranità verso l’alto (dagli Stati all’Unione) e verso il basso (le Euroregioni) che non coincidono se non casualmente con l’attuale configurazione statuale. Ma l’Europa è in crisi profonda. Tant’è vero che gli elettori non sono andati nemmeno a votare per il Parlamento europeo, che non c’è ancora una Costituzione europea, che il processo di allargamento è sostanzialmente fermo per il veto di molti paesi, che vecchie istituzioni come il Consiglio d’Europa o il Congresso dei Poteri Locali e Regionali sono alla frutta, ma soprattutto che manca, fra i cittadini come nelle loro rappresentanze politiche, un "pensare europeo". E che al contrario le nostre società si chiudono a riccio a difesa di quel che hanno e che vivono come un privilegio da difendere. Le paure sono ben più prosaiche e meno irrazionali di quel che in genere si pensa. E’ in questo contesto che ho avvertito come un grande vuoto l’assenza di analisi sulla modernità del fenomeno "Lega", da tutti gli osservatori riconosciuta ormai come il vero soggetto pensante nella coalizione berlusconiana, quello che meglio di ogni altro riesce ad interpretare il presente, "il rancore che diventa progetto politico", il partito che sa dettare l’agenda politica del governo. Scrivo questi ed altri appunti per il diario, e nel farlo mi chiedo se saprà il PD mettere in campo e valorizzare le energie umane ed intellettuali per diventare un luogo di pensiero, senza il quale l’azione politica continuerà a macinare acqua come è stato nel corso di questi mesi. Una risposta l’avremo a cominciare dal dibattito congressuale dei prossimi mesi. Certo è che se il buongiorno si vede dal mattino…  
12 Agosto 2009

lunedì, 7 febbraio 2011

... Quel che fatica ad emergere è invece un profilo politico. Se poi entriamo nel merito di ciascun problema, mancando all'origine un confronto collettivo, vediamo che le nostre idee vanno talvolta in direzione diversa. Non ci si pesta i piedi, per così dire, e questo è già qualcosa. Ma l'esigenza di un lavoro collettivo non viene colta, l'approccio ai problemi evidenzia storie diverse e, infine, non si è ancora chiarito un aspetto di fondo, ovvero il nostro rapporto con la giunta provinciale, verso la quale c'è un atteggiamento schizofrenico, di chi dovrebbe esserne l'azionista di maggioranza e, al tempo stesso, di chi non conta su un rapporto di fiducia.