10 Dicembre 2009

giovedì, 10 dicembre 2009

Il 10 dicembre 1948 venne firmata la Dichiarazione universale dei Diritti umani che indicava a tutti gli stati membri delle Nazioni Unite un codice etico di comportamento verso i diritti della persona. Così il 10 dicembre di ogni anno rappresenta la giornata dei diritti umani, il che suona un po’ retorico, come se del diritto individuale degli abitanti di questo pianeta ci si dovesse occupare ad una scadenza. Comunque è utile che almeno una giornata ci sia, se non altro per interrogarsi su come i diritti della persona vengono rispettati e tutelati nel nostro tempo alla faccia delle carte internazionali. Oggi a Trento il tema dei diritti umani viene declinato nell’accesso all’acqua, grazie all’iniziativa dell’associazione Yaku che ha promosso una conferenza dal titolo "La rivoluzione dell’acqua" che fa perno attorno all’esperienza boliviana, invitando due dei protagonisti di quella "guerra" che dieci anni fa fermò la privatizzazione dell’acqua a Cochabamba, aprendo così simbolicamente una stagione di riscatto e di nuova speranza per l’insieme dell’America Latina. Dopo una giornata intera passata in Consiglio Regionale a discutere sulla mozione della Lega nord che chiedeva l’esposizione nella sala consigliare di un crocefisso, trovare il teatro S.Marco pieno di gente per ascoltare la testimonianza dei protagonisti di quella lotta, rappresenta una boccata d’ossigeno. Che assume peraltro un valore politico pregnante in relazione alla recente approvazione da parte del Parlamento Italiano del Decreto legge 135 che prevede a partire dal 31 dicembre 2011  la privatizzazione della gestione dei servizi idrici. Apro qui una piccola parentesi relativo al dibattito, si fa per dire, sul crocefisso. Perché il confronto assume i toni della crociata anti islamica, in un contesto di così profonda ignoranza delle culture religiose da rasentare la blasfemia. Vado dicendo da diverso tempo che è necessario prendere sul serio Umberto Bossi e che le sue uscite non sono affatto banali smargiassate ma, al contrario, altrettanti modi per interpretare le paure ed inverare lo "scontro di civiltà". Quando agli inizi di questo decennio il leader della Lega se ne uscì agitando "la battaglia di Lepanto" mi vennero i brividi. Troppe le assonanze balcaniche per non temere che l’opposizione contro l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea potesse nascondere l’inizio di una caccia allo straniero. In pochi lo presero sul serio, anche perché la conoscenza della storia è quella che è e di quel passaggio di tempo fra il XV e XVI secolo intorno all’egemonia militare nel Mar Mediterraneo la narrazione è stata quasi sempre unilaterale (una lettura fondamentale che vi consiglio è Fernand Braudel "Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II", Einaudi). Quello stesso passaggio di tempo vide la conquista delle Americhe, la cacciata dei mori e degli ebrei dalla Spagna, l’allargamento della denominazione ottomana fino alle porte di Vienna, Lepanto costituisce il baluardo e lo spartiacque della civiltà cristiana contro l’islam. Così, come già negli anni ’90 la battaglia di Kosovo Polje nella simbologia nazionalistica della Grande Serbia, la storia veniva usata da questi apprendisti stregoni come clava per uno scontro che di civile non ha davvero nulla. Il crocefisso diventa così un’arma e i leghisti i nuovi crociati. E dunque non è affatto casuale che negli interventi degli esponenti del Carroccio e della destra sudtirolese riecheggino le grida dell’identità cristiano giudaica dell’Europa o, ancor più grottescamente, dell’identità "cristiano occidentale". Da brivido. Nella serata sull’acqua a cui partecipo come presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani l’attenzione è vivissima, in primo luogo verso le testimonianze dei protagonisti di quella "rivoluzione" e verso le parole di padre Alex Zanotelli che, nel suo intervento, riprende quella maledizione biblica verso quanti sostengono la privatizzazione dell’acqua. Più di duecento persone ascoltano le parole dei relatori con un’intensità particolare, quasi che domattina dovessimo scendere in piazza e fare le barricate così come avvenne a Cochabamba dieci anni fa. Avverto il disagio di un contesto irreale, quasi che la storia iniziasse ogni volta daccapo, come se la politica fosse appannaggio esclusivo di interessi sordidi, come se la stessa autonomia che oggi ci mette in una certa misura al riparo dallo stesso decreto legislativo fosse piovuta dal cielo e non fosse espressione di una cultura di autogoverno profondamente radicata quand’anche da tenere viva e da mettere alla prova. Nel mio intervento provo a testimoniare come in Trentino la politica stia correndo comunque ai ripari, nel garantire la gestione pubblica dell’acqua e dei servizi idrici, ma è come se ci fosse una diffidenza profonda quanto preconcetta. Le mie parole vengono applaudite in maniera significativa nonostante affermi cose un po’ diverse dall’esortazione che bolla le Società per azioni e la presenza dei privati nelle multi utility (seppure in larga minoranza come avviene in Dolomiti Energia che controlla una parte importante del servizio idrico in Trentino). Non ho il tempo per spiegare come la nascita di questa società corrisponda alla riappropriazione da parte della comunità trentina della produzione di energia elettrica prima appannaggio dell’Enel e della complessità della partita che si è giocata due anni orsono.  Non mi piace la descrizione del mondo in bianco e nero. Al tempo stesso i presenti s’interrogano giustamente sul futuro, un bisogno vero di partecipazione che evidentemente la politica (ma anche l’associazionismo) fatica ad interpretare. E su questo occorre assolutamente interrogarsi, per evitare che con l’indignazione cresca anche l’impotenza o, peggio ancora, l’antipolitica. C’è una forte richiesta di rivedersi, anche di verificare se il Trentino sa essere davvero diverso rispetto al resto del paese. Che richiede attenzione e risposte concrete. Già la prossima settimana, in occasione della discussione sulla Finanziaria, l’ordine del giorno di cui sono primo firmatario sarà sottoposto al voto del Consiglio Provinciale. Non credo ci saranno sorprese, ma il problema va oltre e cioè alla coerenza di comportamento che riusciremo ad imporre alla Dolomiti Energia nel quadro delle sue relazioni societarie e imprenditoriali. Misureremo anche in questa partita la nostra capacità di riaprire canali di dialogo fra politica e società.  
9 Dicembre 2009

mercoledì, 9 dicembre 2009

Oggi e domani c’è Consiglio Regionale. Dedicato alla Legge di Bilancio e ad una serie di ordini del giorno e mozioni. Ci proponiamo di presentare un ordine del giorno sulla privatizzazione dell’acqua connessa alla finanziaria ma senza fare i conti con il regolamento del Consiglio regionale che impone non meno di ventiquattrore di anticipo sull’inizio della discussione generale, e allora il documento diventa una mozione che verrà discussa nella prossima sessione di gennaio. Non importa, quel che mi preme è che tutti i capogruppo della maggioranza trentina l’abbiano firmata senza esitazione, il che non pensate che sia poi così scontato. Ci sono anche le firme di PD e Verdi sudtirolesi, non quella della SVP ma solo perché avevano chiesto tempo e fra noi ancora non c’è quel rapporto di fiducia che talvolta riesce a smussare angoli e pregiudizi. Domani ci sarà la serata dedicata al tema dell’acqua e mi preme mostrare come la politica possa esprimere anche posizioni avanzate, in questo caso a difesa dell’acqua come bene comune. Sento Silvano Pedrini per metterlo in guardia che nel Bilancio pluriennale del Comune di Trento si prevede l’alienazione nel 2012 di una parte delle azioni della Dolomiti Energia, il che indebolirebbe la presenza pubblica nella società che gestisce una parte importante del servizio idrico in Trentino. Quel che dovrebbe avvenire, semmai, è l’opposto, ovvero di sottrarre spazio ai privati. Silvano è uno dei nostri 18 consiglieri in Comune e gli chiedo di parlarne nella riunione di gruppo e di stare in guardia. A proposito della serata sull’acqua, mi chiama Francesca Caprini di Yaku e mi dice che Alex Zanotelli mi vuole parlare prima dell’incontro e che nella serata intendono "interrogarmi" sulle risposte delle istituzioni. Mi sa che dovrò armarmi di pazienza, ma non vedo problemi visto che se vogliono dialogare con la politica non è che possano trovare molti altri interlocutori. Ed è bene che questo dialogo vi sia, per evitare che questa sensibilità si trasformi in isolamento ed antipolitica. Ascolto la relazione del presidente della Giunta regionale Durnwalder. La trovo nella sostanza piuttosto banale, al di sotto di quel che la Regione, pur con il carattere residuale dei suoi poteri, meriterebbe. Servirebbe un profilo politico europeo, capace di collocare l’azione del governo regionale in una prospettiva non solo euroregionale (che più o meno c’è) ma anche sovranazionale ed europea (che invece viene solo sfiorata). Per il resto è ordinaria amministrazione, risorse collocate in delega alle province, nelle funzioni previdenziali, nell’intervento umanitario, nel sostenere gemellaggi e nell’attenzione verso le minoranze. Penso fra me che l’anno prossimo dovrò dedicarvi un po’ più d’attenzione e chiedere qualche segnale di novità. Nell’intervallo sono a pranzo con Michele Nicoletti, per parlare del progetto "Politica è Responsabilità". Mi ascolta attentamente, mi dice come intende affrontare il tema della formazione al quale tiene molto e che l’idea gli sembra ottima. Con questo progetto intendiamo muoverci trasversalmente al centrosinistra, per dare a chi vuole utilizzarlo uno spazio di confronto e formazione che oggi non c’è. Mi sembra che il segretario del PD del Trentino ne abbia colto il valore ed anche questo è un passaggio a cui tenevo. Ritorno in Consiglio, parlo con i giornalisti della questione "acciaierie di Borgo Valsugana" che ancora tiene desta l’attenzione per le preoccupazioni diffuse nella comunità locale. Si è da poco costituito il comitato "Mamme bionike" che ha raccolto in poche ore centinaia di firme di altrettante mamme per chiedere controlli serrati sul latte materno e sull’ambiente. Più in generale, mi fa piacere vedere che la mia posizione per avviare da subito una "strategia d’uscita" dal modello di sviluppo che quell’insediamento industriale rappresenta inizi a far breccia e ad essere condivisa, a cominciare dall’assessore Pacher. Ma sarà un processo lungo, controverso e per nulla scontato. A partire dai ritardi culturali che ancora albergano anche fra noi. Con Mattia Civico ci incontriamo con Enzo Vezzoli, da una vita impegnato nell’addestramento dei cani da soccorso e catastrofe. Vuole parlarci del Disegno di legge sul tema della "pet terapy" da poco presentato da parte del nostro gruppo e che vede Mattia primo firmatario. Ci chiede di tener conto delle esperienze che si sono maturate sul campo da parte delle realtà del volontariato e delle specifiche professionalità che si sono costruite in Trentino. Enzo è il papà di Andrea, una delle persone più sensibili che abbia conosciuto in questi anni, maestro di musica e compagno di viaggio in terre balcaniche fin quando – nel viaggio – ha trovato l’amore della sua vita. Così, fra un incontro e l’altro, la giornata se ne è andata. Provo davvero piacere a pensare che la serata è libera da impegni. A casa preparo una buona cenetta, a base di riciclo totale. Molto apprezzata.  
7 Dicembre 2009

lunedì, 7 dicembre 2009

Il piacere di incontrare dopo tanto tempo Maria Rosa è grande e la cosa più bella, oltre al nostro abbraccio, è di ritrovarci in sintonia sulle cose del mondo, come se avessimo smesso di parlarci il giorno prima. Ci si vede al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani per parlare del "Café de la Paix" e di come il "Gioco degli specchi" che dell’incontro culturale e letterario ha fatto la sua stessa ragion d’essere ne possa essere coinvolto. Escono un sacco di idee e non ci resta che rivederci, anche coinvolgendo altre persone che ci possono aiutare nell’impresa di offrire alla città di un luogo disteso, per il piacere di conversare e di conoscere. La città appare vuota e affollata al tempo stesso. Molti uffici chiusi, anche i negozi lo sono al mattino, ma i turisti e la gente dei mercatini invadono il centro. Passiamo tutto il pomeriggio al gruppo consiliare ad esaminare insieme articoli, emendamenti e ordini del giorno sulla Legge Finanziaria che arriva in aula lunedì prossimo. La legge è già passata nelle Commissioni e non c’è molto da modificare. Ciò nonostante predisponiamo un certo numero di ordini del giorno proposti dai vari consiglieri. Per quel che mi riguarda i titoli riguardano il diritto all’acqua, il divieto di import-export nella gestione dei rifiuti, l’agganciamento dell’indice Istat all’Icef che regola gli affitti nelle case Itea. Vorrei mettere in finanziaria anche le proposte contenute nell’ordine del giorno approvato lo scorso anno e che ancora non hanno trovato attuazione (bonus per libri e teatro, viaggi di studio, cittadinanza europea, memoria…) ma poi conveniamo che trattandosi di un pacchetto organico di provvedimenti si potrebbe trasformare in un Disegno di legge sul tema dell’educazione permanente. Vediamo i rappresentanti del Circolo del PD del Trentino di Gardolo, che ci raggiungono per un incontro insieme alla capogruppo in Comune Ivana Di Camillo. Ci illustrano la situazione piuttosto complessa in cui si trova il quartiere a nord di Trento, un vero concentrato di contraddizioni sociali e culturali. Ne so qualcosa indirettamente, visto che Gabriella ci lavora ormai da vent’anni. Un laboratorio sociale che richiede un’attenzione particolare e per questo ci chiedono che fra Provincia, Comune e Circoscrizione si arrivi ad un patto, un "accordo di programma" che affronti questa specialità e provi ad indicare una serie di risposte, senza essere pressati dall’emergenza. Vengo incaricato di predisporre una mozione da condividere e da presentare in Consiglio durante il dibattito sulla finanziaria. Quando arriviamo agli articoli sulla scuola, emergono le posizioni diverse che abbiamo registrato nelle scorse settimane. Margherita Cogo propone l’idea del ritorno alla "sovrintendenza", insomma lo svuotamento ulteriore della Legge Salvaterra sull’autonomia scolastica che del resto era stata condivisa solo da una parte del gruppo SDR. Difficile comunicare, ma tutti sembrano d’accordo nel dire che se ne parlerà nel gruppo di lavoro e nel convegno sulla scuola che il PD del Trentino promuoverà a gennaio. L’Adige del giorno dopo già ne darà cronaca, quasi si trattasse della posizione del partito. Provo a sentire Roberto Bombarda, per chiarirci circa la questione acciaierie della Valsugana. Non mi piace conversare per mezzo stampa, ma non lo trovo. In compenso sento i giornalisti del Corriere del Trentino e così provo a spiegare la mia posizione. La troverò "gridata" sul giornale dell’indomani. Esattamente quel che volevo evitare.  
2 Dicembre 2009

mercoledì, 2 dicembre 2009

L’incontro che si svolge alle 9.30 presso l’assessorato alla solidarietà internazionale non è facile. Lo dico perché non mi sono ancora abituato ad un certo modo di monopolizzare un contesto e lo dico perché non nascondo di aver fatto fatica a mantenere la calma. Mi passano davanti agli occhi le immagini di una vicenda che avevo messo da parte, in qualche angolo remoto della memoria. Era la metà degli anni ’80, a Roma, negli uffici di via Farini dove lavoravo. Il contesto una conferenza stampa dedicata alla denuncia di uno dei tanti tragici capitoli della vicenda del conflitto israelo – palestinese. Poco prima della conferenza stampa il salone della direzione nazionale risultava affollato di troupe televisive in maniera inusuale. Ovviamente la cosa ci stupì, ma non per molto. Avvenne che qualche attimo prima dell’inizio della conferenza stampa alcune persone estranee si presero il palco proponendo fra bugie ed insulti la propria versione dei fatti. Un bliz vero e proprio che lasciò tutti esterrefatti , concluso il quale gran parte delle telecamere se ne andarono, non assistendo nemmeno per un minuto alla conferenza stampa vera e propria. Oggi la scenografia è tutt’altra. Siamo ad un incontro fra la PAT, il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, le associazioni trentine che si occupano di Medio oriente, allo scopo di mettere le basi per una "tre giorni" sul conflitto israelo-palestinese da realizzarsi in Trentino nella prossima primavera. Chi siede intorno a questo tavolo non dovrebbe rappresentare una parte in conflitto, bensì soggetti terzi impegnati per il dialogo e la pace. Dobbiamo prendere atto che così non è. Ho cominciato ad imparare a rivolgere in positivo quel che è di segno diverso e dunque mi dispongo alla sfida di costruire un percorso che sembrerebbe improbabile. L’Assessore Lia Giovanazzi Beltrami indica un metodo: mettere in luce gli elementi che uniscono piuttosto di quelli che dividono, rivolgere lo sguardo ai comportamenti virtuosi nel segno del dialogo piuttosto che agli elementi conflittuali, valorizzare le relazioni piuttosto che le posizioni politiche. Cerchiamo di tenerci su questo profilo ma ho l’impressione che possa prevalere l’ipocrisia. Allora decido di intervenire parlando del recente viaggio, del senso di sconforto che mi ha accompagnato, del fastidio che mi dava la parola "dialogo" di fronte ad insediamenti abusivi di migliaia di persone con caratteristiche di fortezze piuttosto che di insediamenti urbani o dell’accaparrarsi dell’acqua come arma di presidio del territorio. Tanto che la pace mi appare oggi più lontana di ieri. Le speranze di pace si sono infrante. Non ci resta allora che interrogarci e provare a dare risposte diverse rispetto al passato. E’ la ricerca di risposte inedite che dovrebbe segnare il profilo politico dell’iniziativa, accanto alla valorizzazione di tutte le strade che la società civile sta cercando di battere per far vivere nonostante tutto la speranza di pace e di convivenza. Avremo l’onestà intellettuale e la capacità di fare questo? Lo vedremo, intanto ci mettiamo alla prova con una serie di gruppi di lavoro e verificheremo se saremo capaci di mettere via pregiudizi ed ipocrisie. Senza chiudere gli occhi sulla realtà, sui muri di cemento armato come su quelli che ossessionano il nostro immaginario. Per questo provo un po’ di sollievo nel vedere le belle foto di Ulrich, amico berlinese che da anni vive in Trentino, dedicate proprio al muro caduto vent’anni fa, esposte al liceo Rosmini. Si può avere nostalgia di un muro vissuto con orrore? Nelle parole di Ulrich, vien fuori l’amarezza per quell’89 che ha aperto tante speranze poi andate in frantumi. La nostalgia dell’est è un sentimento tanto amaro quanto diffuso, rappresentato dall’immagine della "Trabi", quella trabant che della Germania Democratica era uno dei simboli. Anch’io – che nostalgico non credo affatto di essere – confesso di conservare con un certo orgoglio qualche oggetto di quella storia scomparsa. Una piccola coperta dell’Interflug, la compagnia aerea della DDR, che ricetti in un viaggio del capodanno fra l’88 e l’89 in occasione del trentennale della rivoluzione cubana che mi portò a L’Avana ad incontrare Fidel Castro. Era tale la condensa che nella traversata festante (era il 31 dicembre) nella carlinga del vecchio tupolev sembrava piovesse. E’ notte quando parto per Bressanone/Brixen dove con Mauro Cereghini presentiamo "Darsi il tempo" in un luogo caldo e suggestivo, la "casa della solidarietà". Il pubblico è rappresentato da un bel gruppo di giovani sudtirolesi  che c’interrogano sulla cooperazione e sul nostro sguardo sul mondo. Oltre alle nostre parole, una trama fitta fitta di domande ed un applauso conclusivo che parla da solo. Quando arrivo a casa è l’una di notte passata.  
1 Dicembre 2009

martedì, 1 dicembre 2009

S’intitola "Mirjana" ed è un lavoro teatrale proposto da "Multiversoteatro", realtà trentina che nasce dall’incontro di donne che lavorano nel "teatro di ricerca" mettendo al centro della propria attenzione la persona nelle sue svariate angolature. Il tema proposto: lo stupro come arma di guerra. Michela viene a parlarmene, mi illustra il progetto e, visto il mio interesse, mi invia il testo teatrale. Venti pagine, fitte fitte. Il testo ti avvolge, sei lì, non hai scampo. L’inquietudine che ne viene non è compassione, l’interrogarsi piuttosto. Ed è giusto che sia così. Perché non riguarda la storia di qualcuno più o meno vicino, più o meno immaginario. Riguarda ognuno di noi, perché tu potresti essere lì. Non perché la violenza è ovunque e dunque dobbiamo impegnarci a far vincere il bene sul male. Vecchia storia. Ma perché quella violenza ce l’abbiamo dentro. E’ parte costitutiva. Da tempo lavoro sul tema dell’elaborazione del conflitto e, mano a mano che m’addentro in questa ricerca, mi convinco sempre di più che c’è un campo d’indagine sulla guerra che prescinde largamente dalle ragioni economiche o geopolitiche e che noi fatichiamo ad indagare perché si tratta di una zona d’ombra che è doloroso riconoscere: la felicità della guerra. E’ di questa zona d’ombra che parliamo con Michela e Marzia che del testo è l’autrice. E’ interessante accorgersi che a partire da punti di osservazione diversi si può arrivare non tanto alle stesse conclusioni ma al bisogno di prendere per mano ciò che è meno scrutabile e che però incombe su di noi, sulle nostre vite. Racconto delle mie esperienze nei luoghi di cui il lavoro teatrale parla, del "cerchio magico" nel quale ogni inibizione scompare e tutto è possibile perché hai potere di vita o di morte sugli altri, dello scorrere normale della vita accanto ai campi della morte, della banalità del male. Nel testo teatrale, come del resto nella nostra conversazione, se ne parla – contrariamente a quel che si può immaginare – con la necessaria leggerezza. Non abbiamo qualcosa da denunciare, né qualcuno da mettere alla gogna. Solo, si fa per dire, la necessità di interrogarsi. Di guardarsi dentro e intorno, con ironia se si vuole. Perché non ci sono destini da salvare, né anime. Un tema che mi accompagna per l’intera giornata. Al mattino al Forum, dove mi trovo per valutare le ipotesi grafiche del nuovo sito sulla pace e i diritti umani ma anche su questo proviamo a vedere se è possibile che la pace sia ancora in grado di parlare al profondo delle persone, poi per parlare di "Mirjana", nel pomeriggio con Francesca parlando di come impostare l’incontro del 10 dicembre sul diritto all’acqua ed infine nel ragionare con i cinque ragazzi che hanno partecipato al viaggio in Palestina – Israele nel cercare i messaggi da trasmettere alle loro scuole uscendo dalla logica amico – nemico. Far vivere nella riflessione sulla guerra e sulla pace il tema della banalità del male è una delle ragioni che mi hanno portato ad accettare di assumermi la responsabilità del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Credo che non sia altro dal mio impegno politico.  
30 Novembre 2009

lunedì, 30 novembre 2009

Mattino buio e freddo, di quelli che vorresti solo star sotto le coperte, con il focolare acceso e con un bel libro. E invece… ho un lungo foglio di appunti, zeppo di cose da fare. Mi metto a scrivere, poi comincia a squillare il telefono. Le chiamate riguardano la scuola e mi rendo conto di quanto non sia affatto chiaro quel che bolle in pentola. Se anche le persone più intelligenti e amiche faticano a capire la partita che si sta giocando, diventa un problema. L’editoriale di ieri del direttore de "L’Adige" parla di scuola trentina al massacro e chiama alla protesta sociale. Non lo sfiora nemmeno il dubbio che le cose non stiano affatto così e di essere caduti in un "trappolone" teso all’assessora Marta Dalmaso e alla scuola trentina nel suo complesso (e allo stesso Dellai) da quegli stessi soggetti di potere che nel corso della passata legislatura avversarono a tal punto la riforma sull’autonomia scolastica da costringere l’assessore Salvaterra a dare le dimissioni. Tutti a guardare il dito, anziché la luna. Il fatto è che, accanto a preoccupazioni vere, ci sono visioni, giochi di potere ed interessi corporativi che s’incontrano in maniera perversa. Il tutto ricoperto da un polverone tale che risulta difficile richiamare le persone alla realtà. E poi dobbiamo dirci molto serenamente che la riforma della scuola trentina, quella vera dell’autonomia scolastica e della responsabilità, non è mai stata digerita, né dal corpo insegnante, né dagli studenti, né dai genitori. Né dalla politica, visto che in larga parte non se ne ha affatto memoria. Una politica senza memoria, questo si è riusciti a partorire. Leggo sul "Trentino" l’intervista a Lorenzo Dellai e c’è molta assonanza con quel che ho scritto sul Corriere proprio ieri. Lui la memoria ce l’ha, eccome. Ed anche qualche responsabilità, nell’aver lasciato che la rivolta del palazzo alla legge Salvaterra mietesse nuove vittime. E forse con la maliziosa convinzione che questo avrebbe logorato più il PD che altri, che peraltro conta una parte importante della sua base sociale proprio nel mondo della scuola. E così la scuola è in rivolta, almeno questo è il tam tam che prende corpo. Ne parliamo alla riunione del Gruppo consiliare, nel pomeriggio, ed ho l’impressione che anche qui una reale percezione dello scontro in atto non ci sia affatto. Se penso che proprio di questo abbiamo iniziato a parlare a gennaio di quest’anno nelle riunioni del gruppo di lavoro sulla scuola del PD del Trentino, sperando che in questo modo potesse crescere nel corpo sociale una consapevolezza di quel che stava covando sotto la cenere. Bisogna parlarne, occorre reagire. Credo sia necessario parlarne al partito, con tutta urgenza. Purtroppo finisco tardi la riunione del Consiglio del Forum, che spazia dal nucleare che l’Italia ha deciso di riaprire al vento cupo che ci arriva dal voto della Svizzera contro i minareti. Cattivi presagi. In compenso i risultati del voto amministrativo di ieri nei Comuni di Cembra, Nago Torbole e Strembo, non sono male, anche se lasciando intendere un confronto piuttosto duro tutto interno al centro sinistra autonomista alle prossime amministrative di primavera. Ancora cattivi presagi. Continua a piovere ed è di nuovo buio.  
27 Novembre 2009

venerdì, 11 marzo 2016

Stamane la conferenza di informazione promossa dal Consiglio provinciale sulla Linea ad alta capacità/velocità "Monaco Verona". La richiesta è stata avanzata dai capigruppo della maggioranza in Consiglio provinciale per dare trasparenza alla progettazione e alla sostenibilità di un’opera che dovrebbe impegnare investimenti pubblici di enormi proporzioni almeno fino al 2025. Non ho preclusioni di principio verso tale realizzazione, il trasporto su rotaia è tradizionalmente nei cuori della sinistra anche se questo non è che significhi più di tanto, la riconversione del trasporto su gomma è un’opzione tutt’oggi valida e da sostenere. Ma qui ci sono in ballo alcuni aspetti niente affatto secondari. In primo luogo la giustificazione di una simile opera. Dire quali saranno i flussi del trasporto merci nel 2030 è un’operazione di stregoneria, considerato che gli economisti non sono riusciti nemmeno a prevedere la crisi finanziaria scoppiata nei mesi scorsi. La crisi ha fatto diventare realtà la decrescita, non quella "serena" di cui parla Latouche, con gli effetti perversi di una scelta non voluta e dall’impatto tragico per milioni di persone. Vengono mostrati dei grafici che si possono sgonfiare con un soffio di vento. E poi, se ci fosse la volontà politica di spostare le merci dalla gomma alla rotaia, si potrebbe farlo sin d’ora. In secondo luogo si pone un problema di impatto ambientale. Scavare le montagne non è indolore ma può anche starci. Proporre un’opera come la galleria di base Fortezza Innsbruck di 55 chilometri e tutte quelle minori (solo in Trentino 86 km) è qualcosa di diverso, è una sfida alla natura, e se non altro sarebbe utile interrogarsi sulle incognite e sul senso del limite. Quando poi si progettano canteri ventennali che vomiteranno dalle viscere della montagna milioni e milioni di tonnellate di metri cubi di materiale che andranno fortemente ad incidere sulla vita delle comunità che risiedono in prossimità dei cantieri, non si tratta di un danno temporaneo ma qualcosa di più, un pezzo di vita delle persone. In terzo luogo, una domanda semplice semplice: perché si prevedono investimenti faraonici e non si mette mano alla rete ferroviaria esistente, in grave sofferenza? Ascolto le prime relazioni ma le previsioni sono così indeterminate che dopo un paio d’ore mi alzo e me ne vado. Nemmeno l’intervento iniziale del professor Innocenzo Cipolletta riesce a scaldare i cuori. Se penso a com’è ridotto il sistema ferroviario in questo paese (o abbiamo dimenticato i morti di Viareggio dell’estate scorsa?), a come sono ridotte le linee di comunicazione al sud di questo paese, all’assurdità di opere come il ponte sullo stretto quando la "Salerno Reggio Calabria" è un vero e proprio incubo di cantieri aperti ed abbandonati, se penso alla demagogia che si fa sui corridoi e su un’integrazione europea che va a ritroso… se penso che abbiamo appena portato a casa una legge sulle filiere corte e l’educazione al consumo consapevole, beh, credo che forse sarebbe utile un ripensamento. Non sull’opera in sé, ma sul modello di sviluppo che abbiamo in mente per il futuro. Nel breve tragitto fra la Fondazione Bruno Kessler e le Acli dove ho un appuntamento alle 12.30 incontro qualche persona amica, Gigio Calzà, Giorgio Santomaso, Vittorio Cristelli. E mi rendo conto di quanto sia difficile percorrere senza farsi del male il crinale fra l’imbarbarimento in corso nel nostro paese e il governo della nostra autonomia. Faccio vedere a Gigio il progetto del "Café de la Paix", lui sa quanto sia tenace nelle cose in cui credo, e sorridiamo insieme al pensiero che ne avevamo parlato un decennio fa. Proprio questo è l’argomento che affrontiamo alle Acli, realtà che intende coinvolgersi nell’idea. Alle 13.00 un veloce "pranzo di lavoro" (quello "che non aveva" il caro Fabrizio e che mi tocca di avere) per il progetto "Politica è responsabilità" (a breve ne parleremo diffusamente) e poi alle 14.00 il Gruppo consiliare. Parliamo della nostra coesione come gruppo ma non è solo una questione di correttezza dei comportamenti, ci sono distanze che andrebbero se non colmate almeno affrontate. E nonostante le mie reiterate richieste di approfondimento, ognuno di noi si muove come meglio crede. Almeno riusciamo a socializzare le intenzioni di ciascuno sulla finanziaria. Finisce il gruppo e mi metto a scrivere il pezzo sulla scuola per il Corriere del Trentino di domenica, spero di non andare troppo contro corrente. C’è fra la nostra gente una forma mentale che è difficile da modificare. Spero solo di non essere io completamente fuori. Viene sera e mi aspetta ancora un po’ di lavoro, ma il limite per fortuna s’impone.  
26 Novembre 2009

venerdì, 25 marzo 2016

L’incontro della maggioranza del Consiglio provinciale sulla scuola inizia alle 8 e un quarto. Finiremo alle 13.30. Cinque ore e passa per discutere di un provvedimento della Giunta è forse un record e comunque ci descrive quanto delicato sia questo passaggio di cui si sta parlando per la verità da diverse settimane. Stupisce quindi che diversi dei consiglieri presenti dimostrino di non conoscere affatto la materia, ma questa è oggi la realtà della politica. Il confronto almeno nella sua prima parte è molto tecnico, e questo – oltre a tagliar fuori una parte dei presenti – fa assumere alla discussione un profilo che fatico ad accettare almeno in quella sede, quasi fosse nostro compito quello di far quadrare gli orari. Il tema è invece squisitamente politico e riguarda nella fattispecie due questioni di fondo, dove il metodo si confonde con il merito. In primo luogo la questione riguarda le competenze "concorrenti" che il Trentino esercita con lo Stato Italiano sulla scuola. Accade così che ogni volta si ha a che fare con le materie "concorrenti", sistemi formativi, didattica, piani di studio, esami… , il Trentino si trova a dover far proprie le scelte nazionali oppure ad avviare una trattativa con il Ministero per cercare soluzioni diverse. E’ quanto avvenne nel 2002 allorché, di fronte ai tagli della ministro Moratti, la Provincia si fece artefice del protocollo PAT – MIUR con il quale venivano attivati nella scuola elementare e media percorsi di studio sperimentali finalizzati a favorire processi di continuità e di orientamento e, nella scuola superiore, la riorganizzazione dei piani di studio a garanzia della differenziazione dei percorsi in un sistema organico e integrato che facilitasse i passaggi fra i diversi ordini e indirizzi di studio. Una soluzione intelligente ma largamente incompresa, soprattutto a sinistra, interpretata come un cedimento o peggio ancora come un tradimento. Fu in realtà, oltre ad un atto politico intelligente che ci mise al riparo dai tagli nazionali, la prova generale nella direzione di una riforma della scuola trentina che di lì a poco portò alla legge sull’autonomia scolastica (LP n.5/2006). Ora ci si trova in una situazione analoga, ma la lezione di sette anni fa – per nulla elaborata – non sembra essere servita un granché e le posizioni si ripresentano cristallizzate.   In secondo luogo, si dice, c’è stato un difetto di comunicazione. Vero, ma ascrivibile al fatto che la legge di riforma della scuola trentina varata nel 2006 è ancora largamente inattuata. E così il riequilibrio auspicato fra scuole e palazzo non c’è stato, a tutto danno della partecipazione e a tutto favore della burocrazia provinciale. Il "Consiglio delle autonomie" è ancora sulla carta, così come l’assunzione di responsabilità da parte degli istituti, ricreando quella strozzatura che ha generato e continua a generare gerarchia e deresponsabilizzazione. Ovviamente non si tratta semplicemente di un problema di comunicazione, è invece la capacità di interpretare in maniera dinamica e fantasiosa l’autonomia scolastica ad essere in gioco. Ciò nonostante ne usciamo bene, con alcune cose chiare prima fra tutte il fatto che in Trentino non ci saranno tagli alla spesa per l’istruzione, ovvero che ogni risparmio potrà venire dalla riorganizzazione e razionalizzazione dei piani di studio verrà reinvestito nella scuola. Insomma, a differenza di Tremonti e Gelmini che tagliano la scuola per far cassa, in Trentino questo non accadrà. Ciò significa che ci saranno i margini anche per facilitare il passaggio dagli istituti professionali agli istituti tecnici, per potenziare le scuole professionali affinché sia maggiormente curata la formazione di base e la possibilità di accesso all’istruzione superiore (compresa la possibilità di aprire un contenzioso sulle modalità di reclutamento del personale), rivedere i tagli sui laboratori e così via. Rimane una coda e una considerazione da fare. La coda riguarda l’opportunità o meno di presentare già l’indomani le delibere oppure darsi il tempo per incontrare le parti sociali e per articolare le delibere in modo da tenere conto dell’insieme dei cambiamenti proposti. Si apre una vivace discussione ma alla fine l’assessore Dalmaso deciderà per il meglio, rimandando alla settimana prossima la presentazione dei provvedimenti. La considerazione riguarda invece la maggioranza. Si potrebbe ricostruire una geografia "politica" a partire dall’atteggiamento dei consiglieri presenti. Un partito è interessato solo all’insegnamento del tedesco (ovvero la caricatura dell’autonomia), un altro a che nel suo territorio non cambi nulla, un altro ancora è dichiaratamente contrario a qualsiasi cosa che sappia di autonomia (e di egualitarismo), un altro è assente, il partito del presidente è allineato ma con un consigliere che fa le bizze perché il suo elettorato non si sentisse più garantito dalla dimensione nazionale che dal sistema trentino, il nostro è un guazzabuglio di posizioni diverse. Se non ci diamo luoghi di confronto politico e culturale, per il PD del trentino come per la coalizione del centrosinistra autonomista, mi sa che non andremo molto lontani. E – mi riferisco al nostro partito – continueremo a correre appresso a spinte contraddittorie e spesso conservatrici e corporative, per assenza di visione o per ricerca del consenso purchessia. Tanto che non riusciamo nemmeno a gestirci i risultati positivi che ci portiamo a casa. Nel pomeriggio condivido queste idee con chi nel sindacato scuola ci ha lavorato e ancora ci lavora. Ne avevo parlato il giorno precedente con Edoardo Benuzzi, ne parlo con Flavio Ceol e con Franco Ianeselli, e mi conforta di trovarmi in forte sintonia. Finisco la giornata in libreria. Fra gli altri, scelgo il libro di una donna "che aveva il genio dell’amicizia" come ebbe a dire al suo funerale Hans Jonas. Si riferiva ad Hannah Arendt. Il libro in questione è dedicato all’amico Walter Benjamin. E’ una storia di sintonie profonde, di intimità d’affetto e di separazioni dagli esiti tragici.  
25 Novembre 2009

mercoledì, 25 novembre 2009

Il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Credo sempre meno alle "giornate", siano esse della memoria o del ricordo, dei diritti umani o dell’ambiente… Rappresentano una sorta di alibi per parlarne in maniera rituale, quasi che ci permettessero di lavarci la coscienza per poi rientrare nella normalità. Ogni tipo di violazione riprende il suo corso, se mai ci sono state – ed è improbabile – anche solo ventiquattr’ore di tregua. In questo caso la presentazione del libro "Teresina. Una storia vera" il 25 novembre è una semplice, per quanto piacevole, coincidenza. Perché se questo libro è dedicato dall’autore proprio alla giornata mondiale contro la violenza sulle donne, è del tutto casuale che questa presentazione avvenga in questo giorno. Era tempo che dicevamo con l’autore di fare una cosa a Trento ed è capitato così. L’incontro alla Libreria Einaudi è tutto fuorché rituale. Inusuale l’argomento, un libro dedicato alla vita tragica di una donna perduta, inusuale un libro scritto da un uomo sulla violenza contro le donne e che a parlarne siano due uomini e una donna. Mi chiama Iva e mi dice che ha trovato tutto questo piuttosto strano… le rispondo che forse è bene che a discuterne siano finalmente anche gli uomini considerato che di tale violenza sono i protagonisti. E in effetti non sarà un incontro di donne, per una data al femminile. Fra i presenti non mancano gli uomini. Provo ad introdurre la serata con due immagini. Quella del mio incontro con Gianguido Palumbo dieci anni fa a Sarajevo. In quella città non solo o tanto per aiutare qualcuno, ma per capire. Ed indagare sulla guerra, non solo per comprenderne le ragioni economiche e geopolitiche, ma anche per sviscerarne i lati inconfessabili come la felicità della guerra, quel "cerchio magico" nel quale svanisce ogni inibizione e nel delirio di onnipotenza un uomo ha diritto di vita o di morte su un altro uomo. Se è una donna, anche si stupro. A Sarajevo non siamo per "prendere parte", ma per provare ad elaborare ciò che è accaduto; non per dire chi ha torto o ha ragione (e nemmeno per essere equidistanti) ma per cercare un’equivicinanza invece, che ci permetta di parlare con tutti e ricostruire pagine di verità condivise. La verità è il vero risarcimento. E questo libro è un piccolo, grande risarcimento verso Teresina e la sua esistenza. La seconda immagine è che questo libro sembra descrivere un tempo remoto, il Germinale di Emile Zola piuttosto che la Venezia degli anni ’70, storie di vita improbabili per il nostro tempo, ma che poi, a guardar bene, toccano il vissuto di ciascuno di noi. Così leggendo Teresina un anno fa, mi era venuta in mente una figura femminile della mia infanzia, Antonia Chiarentin, donna di fatiche, di pianto e di grandi risate, di solitudine e di alcol. Viveva in una stamberga lungo il Fersina, a Trento, ed è morta suicida con la varechina dopo giorni di agonia. Su queste vite tragiche di dolore e di violenza cade l’oblio, il nome di Antonia perduto come la sua esistenza, come quella di Teresina e di tante altre. E che solo la sensibilità di qualcuno può forse cercare di dare dignità. Risarcire appunto, per quanto alla memoria. Renata Greggio che presenta con me e l’autore questo libro, descrive Teresina con emozione e amorevolezza. Il suo modo di parlare, il suo orgoglio di essere figlia legittima, il suo legame con la città di Venezia, il suo volersi bene con un briciolo di vanità, il suo amore per la vita e per gli altri. Renata tocca le corde di chi l’ascolta e dello stesso autore, è come se avesse conosciuto Teresina, personaggio che sente famigliare in quella sua parlata di cui avverte la vicinanza con le sue radici trevigiane. Tocca all’autore raccontare di quei nastri registrati, di quelle pagine ingiallite per vent’otto anni in un cassetto, di quelle immagini di violenza sulle donne raccolte nella capitale bosniaca e del trovare così il modo per dare un senso a quella storia di una vicina di casa che mentre raccontava la sua vita si vestiva come un’attrice sul palcoscenico. E di quel bisogno di uomini di non sottrarsi al tema della violenza, quasi si trattasse di una cosa di donne. Dell’associazione che ne è nata, "Maschile Plurale", alla quale sono destinati i diritti d’autore della vendita di questo libro. Sono davvero contento di questo omaggio a Teresina. Tutto il resto di questa giornata non ha alcuna importanza.  
23 Novembre 2009

lunedì, 23 novembre 2009

Mi capita di rado stare tutto il giorno in ufficio. Cosa che non amo molto perché non si riesce a concentrarsi sulle cose se non per qualche minuto, si susseguono le telefonate, c’è sempre qualcuno che vuole scambiare quattro parole con te (ed è normale che sia così…), qualche grana da affrontare, la necessità di mettere un po’ d’ordine alla posta (quella cartacea come quella elettronica), qualche incontro veloce… e così se ne va una giornata intera. Oggi è un giorno un po’ così. Mi chiamano i rappresentanti del Contratto mondiale per l’acqua per confermarmi l’incontro di martedì e che abbiamo programmato da qualche settimana con Emilio Molinari, anche se lui domani non ci sarà perché s’è preso l’influenza. Sento la presidente dell’Itea per avere la risposta per lo spazio dedicato al "Cafe de la paix", iniziativa che ho proposto nell’ambito del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e che dovrebbe partire nella prossima primavera. E, a questo proposito, sento anche Martina, studentessa di architettura alla quale ho chiesto di aiutarci nell’immaginare lo spazio che verrà adibito al "Cafe". Assieme allo "staff" del Forum ci incontriamo nel pomeriggio con l’assessore Marta Dalmaso per discutere sulle attività di educazione alla pace che vorremmo diventassero patrimonio della normale programmazione dell’assessorato all’istruzione attraverso un rilancio (e un bilancio) dell’attività del Centro interculturale Millevoci. Mi chiama Gianguido Palumbo per accordarci sulla presentazione del libro "Teresina" che faremo a Trento mercoledì 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne. L’appuntamento è per le ore 18 alla Libreria Einaudi di Piazza della Mostra. Da Firenze mi telefona Simone Malavolti con il quale ci accordiamo per la presentazione di "Darsi il tempo" il prossimo 5 dicembre a Pistoia, dove il Comune è interessato ad attivare una forma di partenariato in Bosnia Erzegovina. Sento il Sindaco di Lasino Mario Zambarda per ragionare sul tema del biodigestore che non vorrebbe nessuno ma che come amministrazione comunale avevano localizzato sul loro territorio tirandosi addosso l’ira dei Comuni limitrofi (all’insegna del "non nel mio giardino). La questione ritorna a breve in Commissione e voglio capire se ci sono sviluppi, visto che non è mia intenzione accettare la petizione popolare contro l’impianto senza aver individuato appropriate soluzioni alternative. Ci vedremo nel pomeriggio per approfondire la questione. Mi chiama Roberta Biagerelli, amica e "attora" come mi piace chiamarla. Sabato sera era a Concei a rappresentare "Il poema dei monti naviganti" tratto dall’omonimo libro di Paolo Rumiz, ma non siamo riusciti a vederci. Dobbiamo parlare di diverse cose, non ultimo il programma di cooperazione che sta realizzando a Srebrenica. Le nostre agende confliggono e l’unica possibilità è vederci i primi giorni di dicembre in occasione di una mia iniziativa a Bologna. E avanti così. Bruno Pecoraro mi chiama per organizzare un incontro sulla viabilità della Valsugana, Luca Zeni per la riunione sulla scuola più che mai urgente ma che coinciderà con la riunione della Terza Commissione nel pomeriggio di domani. Gli rendo esplicita la mia posizione e conto di parlarne domattina con la stessa Dalmaso. Il nodo di fondo è la "Scuola dell’Autonomia", ovvero la cornice progettuale nella quale è immaginabile anche programmare iniziative di razionalizzazione purché bilanciate da interventi di qualificazione dell’offerta formativa a cominciare dalle scuole professionali. Fra tutto questo e le persone che passano al Gruppo provo a scrivere qualcosa, ma non c’è verso. A fine giornata m’incontro con Stefano Albergoni e Fabio Pipinato per il progetto "Politica è responsabilità" che piano piano prende corpo e sostanza. Li vedo belli caricati, predisponiamo una scaletta di lavoro per rivederci a breve. Il progetto partirà a gennaio, ma la fase di preparazione è tutt’altro che banale e poco impegnativa. Ma avremo tempo e modo di parlarne.  
23 Novembre 2009

mercoledì, 29 dicembre 2010

Mi guardo intorno come a catturare più immagini possibile. L'ultima volta che venni in Messico era il 2004, in occasione del decennale della rivolta indigena in Chiapas. In pochi anni sono cambiate molte cose, in primo luogo il peso della criminalità organizzata, soprattutto nel nord del paese. Nessuno pensi che si tratta di fenomeni marginali, legati a sacche di sottosviluppo. Qui siamo immersi, invece, nel post sviluppo, i segni - per chi sa vedere - sono quelli della post modernità. La criminalità affonda le proprie radici in una complessità di fattori che non è semplice comprendere. In primo luogo nel vecchio apparato corrotto del PRI (le assonanze con i paesi dell'est europeo sono molto forti), poi nella cultura dei "rancheros" del nord (nel loro agire fuori dalla comunità e dalle istituzioni come nel loro razzismo) ed infine nell'essere espressione di questo tempo...
21 Novembre 2009

lunedì, 14 febbraio 2011

... Non voglio cedere alla retorica, ma Bruno è un operaio che diventa Presidente del Consiglio, contro ogni previsione, contro ogni logica di casta, contro ogni discriminazione di censo. Quando legge il suo primo intervento da presidente viene fuori tutta l'emozione, l'umiltà dell'"università della vita" e insieme l'orgoglio di chi si è trovato a camminare sempre in salita. Sono felice di questa elezione, l'ho proposta a dispetto di altre designazioni, è diventata la proposta del gruppo e della coalizione. Ed oggi è realtà. Vuol dire che valeva la pena essere qui...