4 Marzo 2010

giovedì, 4 marzo 2010

Al Galilei mi attende una classe di ragazzi di quinta, mediamente diciottenni. Fra qualche settimana andranno in viaggio in Bosnia Erzegovina e io sono lì, di fronte a loro, ad interrogarmi su come catturare la loro attenzione. Per prima cosa chiedo a ciascuno di loro quale sia la cittadinanza che sentono più vicina fra quella trentina, italiana, europea e del mondo. Se uno mi spiazza rispondendomi che la sua cittadinanza è quella della Valsugana, in molti mi indicano quella "europea". E’ così che entro nell’argomento. I Balcani, l’Europa di mezzo. E inizia la storia. Anche quelli più inclini al casino, che se solo li molli con lo sguardo ti creano il vuoto intorno, reagiscono bene, seguono anche se non sarebbero usi farlo. Chi prende appunti sono prevalentemente le ragazze, ma per quasi due ore tutti rimangono inchiodati nei loro posti, a dispetto dell’età e dello spazio vitale che quell’aula non offre di certo. Di tanto in tanto li interrogo, qualche volta rivolgo quelle stesse domande anche all’insegnante che assiste alla mia lezione e che siede in un banco come fosse una di loro, perché in realtà lo è, tanto poco ne sa di quel che vado raccontando. Ma gli sguardi sono vispi e incuriositi. Tanto che allo scoccare della seconda campanella nessuno si alza e scatta invece un applauso. Dovremmo dedicarci a raccontare, ma per farlo occorre qualcosa da dire. E, forse, il problema sta tutto qui. Astrid, nonostante la giovane età, qualcosa da raccontare ce l’ha. Sfoglio il suo libro sul Kosovo che viene presentato nel tardo pomeriggio a Palazzo Trentini e vi colgo un ritmo leggero, a dispetto dell’argomento trattato. Non c’è affatto retorica nelle sue parole, si è semplicemente lasciata rapire da quel paese che più o meno per caso s’è trovata fra le mani. Anche se i Balcani non sono mai di moda, la piccola sala è piena, il che significa che in questi dieci anni, da quando salii le scale della Giunta provinciale per chiedere che dopo l’emergenza investissimo in relazioni, il ponte è stato attraversato di continuo, da una parte e dall’altra. Sguardi, racconti, parole: dieci anni di cammino presuppongono un pensiero non banale. E Ilir lo testimonia, basterebbe questo per dire che non si è lavorato invano – dice Emiliano – ed ha ragione.  
4 Marzo 2010

mercoledì, 30 novembre 2011

Martedì sera la casa sociale di Nogaré, piccola frazione di Pergine Valsugana lungo la strada che porta all'altipiano di Piné, è affollata di gente come accade di rado. Del resto non capita tutti i giorni di avere in un piccolo borgo come questo il vicepresidente della Provincia, il presidente del Consiglio Provinciale, due consiglieri provinciali e alcuni amministratori locali a cominciare dal Sindaco di Pergine...
4 Marzo 2010

martedì, 6 dicembre 2011

... Il Tibet è e rimane la testimonianza dell'irrudicibilità della lotta per la libertà e la democrazia in Cina. Ed oggi sostenere la causa dell'autonomia per il Tibet corrisponde alla necessità di aprire una pagina nuova nell'impegno per l'autogoverno, la democrazia e la libertà in Cina ed in ogni parte del mondo. Il presidente del Parlamento tibetano in esilio Penpa Tsering viene ricevuto in questi giorni dalle massime autorità politiche ed istituzionali trentine e nel far questo invoca la diplomazia delle Regioni. Quella stessa diplomazia che ha espresso nel 2009 la Carta di Trento per l'autonomia del Tibet e che ha fatto da battistrada nei mesi successivi ad altri percorsi attorno ai temi dell'autogoverno in aree di conflitto acuto.

3 Marzo 2010

mercoledì, 3 marzo 2010

Una classe quarta del Liceo Rosmini viene in visita al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Venticinque ragazzi (anzi, soprattutto ragazze) pressoché maggiorenni che probabilmente non avrebbero mai varcato per conto loro la soglia del Forum, ma che – grazie probabilmente agli stimoli dei loro insegnanti – ora sono qui davanti a Francesca, Luisa e chi scrive. In cuor loro non hanno ancora capito se sarà una cosa noiosissima oppure un incontro stimolante. E’ vero che ne hanno parlato, più o meno dovrebbero sapere che cos’è quel luogo, ma le istituzioni (anche se un po’ particolari come il Forum) oggi faticano a colpire l’immaginario di qualcuno e la pace è talmente banalizzata che fatica a scaldare i cuori. Comunque ci proviamo. Loro e il Forum sono pressoché coetanei e allora parto da lì. Dal senso della storia, dalla necessità di avere consapevolezza che il film che viviamo ha un prima e un dopo, che se non vogliamo che la storia non sia una coazione a ripetere dobbiamo far tesoro di quel che è accaduto prima di noi e provare ad indagare sempre strade nuove, nella speranza di poter consegnare a chi verrà dopo di noi uno scenario ospitale. Dalla necessità di non affidarsi all’apparenza e quindi di scavare dentro gli avvenimenti, con uno sguardo critico e curioso. Dal bisogno di indagare le ragioni per cui l’uomo, pur nella consapevolezza della tragedia che ogni guerra porta con sé, continui da sempre a perseverare su questa strada. E dunque dal provare a darsi qualche risposta, evitando manicheismi perché la realtà è sempre complessa e contraddittoria. Argomenti tutt’altro che facili da affrontare, ma c’è attenzione. Molte le domande che ci vengono rivolte e, fra queste, ci si chiede se in questo luogo si può fare volontariato oppure servizio civile. Questo incontro mi rincuora, mi fa capire oltremodo di quanto sia una sciocchezza parlare di bamboccioni, che entrare in comunicazione è possibile purché si abbia qualcosa da raccontare. Lo dico anche per gli insegnanti che accompagnano le ragazze e i ragazzi: incrociando i loro sguardi mi pare di capire che loro stessi avrebbero bisogno di incrociare i loro saperi con altri saperi, di quanto sia decisivo il tema dell’educazione permanente, di come questa dovrebbe essere alla base di un processo di rimotivazione delle persone anche sul piano professionale. Di questo parliamo anche nel pomeriggio con il professor Pugliese, docente a Cavalese e che collabora da tempo con il Forum. Gli propongo di far parte di un gruppo di lavoro che intendiamo costruire per avvicinarci all’edizione del cinquantenario della Marcia Perugia – Assisi, quella del 2011, e che pensiamo dovrebbe avvenire all’insegna della riscoperta del pensiero di Aldo Capitini. Penso alla realizzazione di una mostra itinerante sulla vita, le opere e l’attualità del pensiero di questo eretico del Novecento, anche come chiave per interrogarci sull’impegno per la pace nel nostro tempo, mettendo da parte la retorica con la quale in questi anni si è impoverito il messaggio della marcia. Più in generale gli illustro l’impostazione che stiamo dando al nostro lavoro e mi pare di cogliere sintonia. Il professor Pugliese ha curato negli anni scorsi un compendio di itinerari bibliografici su pace e diritti umani, un lavoro che – in sintonia con il sistema bibliotecario trentino – vorremmo mettere in internet, aprendo una apposita sezione del nuovo sito del Forum che a breve sarà in chiaro, indicando in quale delle biblioteche trentine si possono trovare i testi che vengono segnalati. Fare sistema, insomma. La giornata scorre così, in mezzo tante altre cose, spaziando dall’agricoltura all’Università, sulla quale il PD organizza sabato prossimo un incontro di approfondimento in relazione alle nuove competenze autonomistiche. Non ci sono impegni serali, ma un po’ di lavoro c’è ancora. L’indomani mi attende una lezione al liceo scientifico Galilei, dove un gruppo di studenti sta preparando un viaggio di studio in Bosnia Erzegovina. Non saranno cose che direttamente hanno a che fare con il mio impegno istituzionale, ma avverto come sia importante anche per me questo contatto diretto. Proprio per cercare di evitare che ogni volta tutto ricominci da capo.  
2 Marzo 2010

martedì, 2 marzo 2010

Ieri, nella riunione della Commissione ambiente del PD del Trentino, abbiamo parlato di biodigestori e dell’assurda situazione in cui si trova la nostra provincia, che si trova ad esportare più dell’80% dell’umido prodotto in Trentino (dalle 60.000 alle 80.000 ton anno), oltretutto a costi che arrivano anche a 120 euro la tonnellata. Il tutto per l’assenza di impianti, se si esclude quello di Rovereto, peraltro di dimensioni piuttosto ridotte. Il terzo aggiornamento del piano provinciale rifiuti prevedeva, fra le altre cose, la realizzazione di quattro impianti di biodigestione dislocati in maniera da accogliere i diversi bacini di conferimento sul nostro territorio. La negativa esperienza dell’impianto di Campiello, nei pressi di Levico, di vecchissima generazione tanto da non poterlo nemmeno indicare come biodigestore, ha nei fatti creato un’opposizione a valanga in nome del "non nel mio giardino". E questo nonostante si tratti di impianti anaerobici che riducono pressoché totalmente l’impatto sul territorio circostante. Così, una potenziale risorsa diviene un problema, con elevati costi per la nostra comunità. All’opposizione all’impianto di Lasino è seguita quella contro la realizzazione dell’impianto di Cadino (Faedo): migliaia di firme per dire "non qui, fatelo altrove". Nella riunione indichiamo la necessità di un approccio responsabile, fondato su due concetti. In primo luogo, quello di ridurre l’impronta ecologica del nostro territorio che passa nelle scelte di sviluppo (penso ad esempio agli allevamenti intensivi che tanti problemi stanno creando in alcune zone del Trentino come il Bleggio) ma anche attraverso i nostri comportamenti virtuali. In secondo luogo attraverso il principio di autosufficienza che tradotto significa opporsi all’import – export dei rifiuti. Nello specifico della gestione dell’umido, questo vuol dire farsi carico di trovare localizzazioni idonee e processi informativi e decisionali improntati a criteri partecipativi e responsabili. Decidiamo che su questo tema il PD del Trentino dia il via ad una vera e propria campagna per un approccio responsabile al problema. Se ne parlerà in una delle prossime assemblee del partito, anche per evitare che nel cavalcare le situazioni di protesta (e in nome di una ricerca di facile consenso) si facciano coinvolgere anche gli esponenti istituzionali del partito. Proprio oggi, nella riunione della Terza Commissione consiliare, è all’ordine del giorno la petizione popolare contro l’impianto di Cadino. Se quella localizzazione venisse respinta, davvero non so come si potrebbero trovare soluzioni alternative, considerato il livello di antropizzazione dei nostri fondovalle. La commissione decide di fare un sopralluogo, programma un incontro con il sindaco di Faedo e, infine, di andare a visitare un impianto di ultima generazione nelle regioni dell’arco alpino. Quello del principio di responsabilità è un nodo centrale, che percorre l’insieme delle nostre scelte di sviluppo, di rapporto con l’ambiente, nell’affrontare un tema spinoso come quello dei rifiuti, nella gestione delle risorse nella consapevolezza del loro carattere limitato. E’ il tratto di una proposta politica: politica è responsabilità. Come i lettori di questo diario sanno si chiamerà così il progetto trasversale che da mesi stiamo coltivando proprio per provare a mettere mano alle parole della politica e che via via va assumendo una sempre più precisa fisionomia. L’abbiamo definito "un atto d’amore"  verso una politica che invece tende ad essere ricerca del consenso purchessia. Inizieremo la settimana prossima dando il via al blog, un tentativo di rispondere all’urgente bisogno di buona politica. La giornata si conclude a Padergnone, a parlare di acqua come bene comune. Alla fine dell’incontro diversi degli amministratori presenti in sala si propongono di farne un tema dell’imminente campagna elettorale per il rinnovo dei consigli comunali. E anche questo è un bel risultato.  
1 Marzo 2010

lunedì,1marzo 2010

In questi giorni mi occupo del tema dell’acqua, dei processi di privatizzazione che investono il nostro paese, dei pericoli che investono anche il nostro territorio nonostante le prerogative autonomistiche di cui beneficiamo. In particolare abbiamo organizzato due serate, a Ponte Arche e a Padergnone, per iniziativa dei locali circoli del PD del Trentino, ai quali partecipo insieme a Rosario Lembo (contratto mondiale per il diritto all’acqua) e al vicepresidente Alberto Pacher (assessore competente). A Ponte Arche la sala del Comune vede una nutrita presenza di persone, provenienti dalle Giudicarie e da Dro, a testimonianza che l’argomento è molto sentito. Apro io la serata parlando di un diritto mai scritto nelle carte internazionali perché l’acqua è come l’aria, un elemento costitutivo del vivere. Che oggi se ne parli per farne oggetto di business è segno dei tempi, ma tant’è. Che l’acqua sia un bene di tutti, per la verità nessuno ha il coraggio di smentirlo, tanto che si nega ogni volontà di privatizzazione, salvo poi dire che quel che si vuol privatizzare è "solo" la gestione del bene. Ma che cos’è il diritto all’acqua se non la sua gestione? Potremmo dire lo stesso quando si parla del mare, altro bene comune, il cui accesso viene sempre più frequentemente privatizzato pur essendo di tutti. Ricordo l’amarezza quando, nell’estate scorsa, lungo il mare di Camerota, con Gabriella cercavamo i luoghi delle nostre prime vacanze in spiagge semi deserte ed oggi appannaggio di anonimi stabilimenti balneari che ne impediscono l’accesso. Quello di separare la proprietà dalla gestione è un argomento davvero subdolo, che trova adepti anche in Trentino come ad esempio l’amministratore delegato della Dolomiti Energia Marco Merler, società a maggioranza pubblica (61%) che gestisce il sistema energetico provinciale, la distribuzione del gas e la gestione dell’acqua in alcuni comuni del Trentino fra i quali Trento e Rovereto. Il che ci dice come, nonostante gli articoli 8 e 9 dello statuto di autonomia ci assegnino competenze primarie nell’utilizzazione delle acque pubbliche e nell’assunzione diretta di servizi pubblici e a loro gestione mediante aziende speciali, l’attenzione debba essere alta e ci si debba mettere al riparo rispetto alle mire delle società private che cercano di fare affari sull’acqua. Lo abbiamo visto anche in occasione dello sciagurato progetto di "riqualificazione energetica" (come è stato chiamato il progettato impianto che intendeva prelevare l’acqua dal Garda per portarla a 1.600 m di altezza sul Monte Baldo per poi farla ridiscendere nel lago producendo energia a costi maggiori di quelli spesi per portarla in quota). Che coinvolgevano il fior fiore dell’imprenditoria trentina e nazionale, magari definendo tutto questo come energia pulita e rinnovabile. nel cercare le strade per metterci al riparo da processi di privatizzazione, la discussione ruota attorno all’idea dello scorporo del settore acqua da Dolomiti Energia e dalla messa in rete dei sistemi di gestione della risorsa idrica (comunali e consortili) laddove la gestione è diretta da parte degli enti locali. In un caso e nell’altro gli interventi di manutenzione e sviluppo del sistema degli acquedotti sono in capo alla PAT e dunque perché non immaginare una nuova società interamente pubblica per la gestione del servizio idrico provinciale? Un’ipotesi di lavoro condivisa dall’assessore Pacher e che metterebbe il Trentino non solo ai ripari ma che lo collocherebbe fra i territori virtuosi nella campagna internazionale per l’acqua come bene comune. Fra i relatori ed il pubblico si sviluppa una forte e positiva dialettica, nella comune percezione che attorno a questa partita si giochi un tassello importante della nostra diversità. Ed anche su questo piano l’autonomia e le sue prerogative possono giocare un ruolo importante nell’autogoverno della nostra comunità. Sono molto soddisfatto dell’incontro, perché il confronto mette in luce una possibile strategia di alto profilo e perché questo avviene in un dibattito promosso da un Circolo del PD, che ne testimonia l’utilità sociale. E’ il modo giusto di chiudere una giornata dove il tema dell’acqua è ritornato in continuazione, nella conversazione con  Adolfo Laner che incontro per parlare di piccole centraline idroelettriche, nel parlare con Rosario Lembo della carovana per il diritto all’acqua che si dovrebbe realizzare in Palestina nella primavera 2011, con la commissione ambiente del PD del Trentino che si riunisce nel tardo pomeriggio per discutere di biodigestori e della gestione dell’umido in Trentino. L’acqua è anche la storia di Martin Brod, il villaggio dei cento mulini non lontano da Bihac, in Bosnia Erzegovina, dove il fiume Una disegna un sistema straordinario di cascate e dove in ognuna di queste si rispecchia, secondo la leggenda, una figura femminile. Perché l’acqua, prima di ogni altra cosa, è il simbolo della fecondità e della vita.  
26 Febbraio 2010

venerdì, 26 febbraio 2010

Al mattino presto parto per Assisi, insieme a Martina Camatta e Francesca Zeni che collaborano con il Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani. Qualche ora di viaggio ci offre l’opportunità di parlare di tante cose, di quel che stiamo facendo come Forum e di quel che ci aspettiamo da questo mondo. Il brutto tempo ci accompagna fino a Perugia, ma poi piano piano il sole prende il sopravvento. In Umbria è ormai primavera, fuori ci sono 17 gradi, i prati e i campi sono già verdi, la bellezza dei luoghi fa il resto. Assisi è sempre uguale a se stessa. Affascinante ma anche costretta nel suo triste splendore. E’ un po’ l’immagine di quel che avviene nel seminario in preparazione della marcia Perugia Assisi, che quest’anno sarà il 16 maggio. Tanta gente per un momento che vuole essere di preparazione. Mi guardo attorno. Un po’ di "stato maggiore" di un movimento per la pace che non c’è, impoverito sul piano delle presenze rispetto ad altri momenti nei quali la marcia era in sintonia con grandi movimenti di massa, ma ancora tante persone che generosamente sono qui, con la speranza di fare qualcosa per uscire dal torpore diffuso e da una sconfitta che anche da questo angolo visuale appare profonda e non immediatamente rimediabile. Servirebbe interrogarsi sulle ragioni profonde di un mondo sempre più attraversato da guerre, ma anche sulla banalità del male. Sarebbe utile chiedersi perché alcune parole come pace, solidarietà, diritti umani non comunicano più nulla, tanto sono stati banalizzati. Bisognerebbe che le persone che sono qui provassero a mettere in discussione i rituali di un mondo autoreferenziale, incapace di parlare alle tante zone grigie che della guerra e della violenza sono il brodo di coltura. Ci si dovrebbe chiedere perché le nostre comunità, questo paese, questa Europa, si stanno imbarbarendo. Infine si dovrebbe iniziare a porsi qualche interrogativo sulle categorie di pensiero che ancora segnano questi nostri mondi, sempre alla ricerca di un male contro il quale inveire ed un bene con il quale collocarsi. Gli interventi che aprono il seminario sono invece di una banalità imbarazzante. Ai miei occhi, naturalmente. E anche questa bella città, questa sera, mi sembra insopportabile.  
25 Febbraio 2010

giovedì, 25 febbraio 2010

Terza giornata di Consiglio provinciale. Da raccontare per descrivere il dibattito attorno a due disegni di legge, quello di Roberto Bombarda sul clima e quello unificato sulla violenza di genere contro  le donne. Che cosa può fare un piccolo territorio rispetto alle scelte dei grandi della terra sulle emissioni di CO2 e il surriscaldamento terrestre? La risposta è semplice: interrogarsi sulla propria impronta ecologica. Assumersi la responsabilità di fare la propria parte nel ridurla tale impronta, cosa che riguarda ogni persona, ogni nucleo famigliare, ogni comunità, ogni città, ogni provincia e così via. E che investe pertanto le scelte individuali e collettive, l’eticità dei nostri comportamenti e le scelte politiche che siamo chiamati ad assumere. Riguarda i modelli di sviluppo e di consumo a partire dal fatto che nel nostro paese l’impronta ecologica è doppia rispetto a quella che potremmo permetterci e dunque dovremmo muoverci nella direzione di riconsiderare i concetti di crescita dei consumi e dunque i nostri stili di vita. Ci vuole qualcosa di più di una legge per fare questo, occorre uno scarto culturale in primo luogo ed un’attenzione continua in ognuna delle leggi o degli atti amministrativi che emaniamo. Ma anche un provvedimento legislativo che implementi il monitoraggio permanente della nostra impronta ecologica può servire. Ed è in buona sostanza quel che si mette in campo con questa legge, quand’anche largamente ridimensionata rispetto al manifesto per il clima che si proponeva nella versione originaria. Ma va bene così, anche perché va ben oltre – nei suoi auspici – rispetto all’atteggiamento comune ed anche a quel che emerge nel dibattito dell’aula, di fronte ad interventi come quello di Morandini che arrivano a negare che i cambiamenti climatici siano da connettere all’azione dell’uomo. Come a dire "la terra è piatta"… La cosa che più mi preoccupa è la diffusa ipocrisia che emerge anche in questa discussione, da un lato la consapevolezza che qualcosa bisogna fare, dall’altro il dogma dello sviluppo. "Il mio stile di vita non è negoziabile" si dice e questo prelude alla fine dell’umanesimo. Quando il leader laburista Tony Blair lo teorizzò non suscitò alcun scandalo, anche se in quel momento si rivelò il punto più alto di omologazione politica fra conservazione e progressismo. Sulla proposta di legge c’è un voto largo, ma questo non deve affatto illuderci. Inizia poi i confronto in aula sulla proposta di legge frutto dell’unificazione di due testi sul tema della violenza contro le donne, quello proposto dal consigliere Chiocchetti e quello del nostro gruppo, prime firmatarie le consigliere Cogo e Ferrari. La gestazione di questo provvedimento è stata lunga, complessa e controversa. Non sono bastati un anno di dibattito e il confronto con un ampio schieramento di soggetti sociali. Più forte di ogni consenso è stato l’impatto con l’accesa opposizione del Coordinamento Donne e del Centro antiviolenza. Il nodo del contendere? Il carattere esclusivo dei centri antiviolenza nell’intervento a difesa delle donne vittime di violenza. La proposta di legge che arriva in aula prevede su questo punto che sia l’ente pubblico, la PAT, a prendersi in capo la questione sia in forma diretta sia avvalendosi del privato sociale, assegnando un ruolo di primo piano ai centri antiviolenza presenti sul territorio ma non esclusivo. La legge fornisce risposte a tutte le domande e le raccomandazioni che vengono dalle più svariate sedi che istituzionalmente si sono poste di affrontare un dramma sociale molto più diffuso di quel che si creda, anche perché la maggior parte delle violenze contro le donne avviene fra le mura domestiche, nel silenzio dei rapporti famigliari. Ma questo non basta ad evitare una pur contenuta contestazione, frutto a mio parere di un cortocircuito ideologico e niente affatto estranea al tratto "antipolitico" che segna il nostro tempo. Tanto che nel rumoreggiare del pubblico che assiste ai lavori dell’aula si colgono segni di consenso verso i banchi della Lega o del PDL, i quali di violenza di genere non vogliono nemmeno sentir parlare. Ore 19.45, la legge viene approvata e la seduta è tolta. Ma la giornata non è finita. A Mezzocorona c’è l’assemblea dei partecipanti alle primarie del PD anche in vista delle ormai prossime elezioni comunali alla quale sono stato invitato. Su circa 150 persone che alle ultime primarie avevano espresso il loro voto, se ne presentano una quindicina. Poche forse, ma un gruppo che può costituire il nucleo iniziale del circolo del partito. Mezzocorona è un paese difficile, la parola "mafia" non viene mai fuori nella discussione ma è come aleggiasse fra i presenti che descrivono un clima pesante, di prevaricazione e di paura. La parola più usata invece è "melassa", che ben descrive la situazione che si è creata nell’amministrazione locale grazie alla presenza di liste civiche che rappresentano i poteri forti che si esprimono nella comunità. Melassa trasversale agli schieramenti provinciali, forse prototipo di quel grande centro che qualcuno ha in mente e che assomiglia molto alla vecchia balena bianca. La presentazione della lista del PD del Trentino sarà un sasso in questo stagno.  
24 Febbraio 2010

mercoledì, 24 febbraio 2010

Dalle 9.00 del mattino alle 19.30 passate dentro il palazzo, nel caldo appiccicoso della moquettes e di un edificio energivoro. E’ il secondo giorno della tornata consiliare, fra mozioni e disegni di legge. Quello più interessante è il DDL n.81. Ne ho già parlato nel diario di ieri a proposito del provvedimento relativo alla ristrutturazione delle baite (provvedimento che ha subito una profonda revisione grazie al lavoro di mediazione che insieme alla consigliera Sara Ferrari abbiamo svolto ottenendo garanzie come il lasso di tempo dei dieci anni dalla data di acquisto dell’immobile per poter rientrare nei benefici della legge). Oggi lo è per l’emendamento all’articolo 37 "Modificazioni della LP 8 maggio 2000 n.4 (Disciplina dell’attività commerciale in provincia di Trento), presentato dall’assessore Olivi e sottoscritto dai capigruppo della maggioranza. Perché grazie a questo emendamento, le istanze dell’opposizione alla realizzazione del Centro commerciale di Lavis vengono accolte e questo nuovo monumento al consumo non sarà realizzato. L’emendamento viene accolto all’unanimità. E’ uno stop alla proliferazione delle mega strutture commerciali in Trentino, ma anche uno smacco alla Giunta comunale di centrodestra di Lavis (anomala visto che i rappresentanti locali del PATT sono in coalizione con la destra) che questo centro aveva voluto, scaricata in questa scelta anche dai partiti di riferimento in Consiglio provinciale. Per chi da mesi ha sviluppato argomenti, raccolto firme, organizzato incontri e manifestazioni, cercato alleanze, si tratta di una bella vittoria. Il voto sull’emendamento avviene intorno alle 19.00 e dopo qualche minuto mi arriva un messaggio di Massimiliano Pilati il quale mi chiede se corrisponde al vero che il Centro commerciale è stato cancellato. Metto in borsa il testo dell’emendamento approvato, considerandolo una sorta di regalo da portare con me nella cena che da qualche settimana abbiamo previsto proprio a casa di Maxi. Che così diventa una piccola festa fra noi, sentendomi in una qualche misura parte di quella battaglia. Ricordo, a questo proposito, l’interrogazione presentata a nome del gruppo consiliare del PD del Trentino qualche settimana fa proprio sulla questione "centro commerciale". Qualche buona notizia non guasta. C’è in giro invece malumore per la scelta della Giunta di deliberare il provvedimento di riordino del secondo ciclo di istruzione nella tarda serata di martedì. Quasi che non se ne fosse discusso abbastanza e che due o tre giorni in più o in meno segnassero chissà quale differenza. In realtà siamo in presenza di un dissenso irrisolto e dunque anche l’ora dell’approvazione viene letta come una sorta di volontà di volersi sottrarre al confronto. La cosa bizzarra è che questa coda di polemica avvenga mentre sul Corriere della Sera, in cronaca nazionale, esce un’inchiesta sulla scuola italiana che titola: "La scuola che continua a dividere l’ Italia. Gli studenti del Sud sono in ritardo di un anno e mezzo. In Trentino si spendono 9.915 euro a ragazzo, in Puglia 5.834". Basterebbe questo per ridicolizzare una buona parte degli slogan e dei titoli gridati in questi mesi sui rischi di sfascio della scuola trentina. Ma una cosa è la realtà, altro l’immaginario che si è costruito attorno ad una questione – la scuola – che ritengo il frutto combinato di un grande equivoco, di una cattiva comunicazione e di una contraddizione reale presente nel mondo della scuola ascrivibile in primo luogo alla condivisione (o meno) del concetto di autonomia scolastica. Con quali occhiali leggiamo la realtà?  
23 Febbraio 2010

martedì, 23 febbraio 2010

Nella moltitudine di incontri e nello svolgersi spesso rituale del Consiglio provinciale, mi preme segnalare due aspetti. Il primo riguarda il confronto a partire da una mozione presentata dalla Lega Nord sul tema dell’acciaieria di Borgo Valsugana. Non è il documento in sé che mi preoccupa (dello stesso verrà approvato solo il primo punto del dispositivo che prevede la pubblicizzazione di tutti i dati delle analisi commissionate dalla PAT sull’inquinamento nell’area in questione), ma l’evidenziarsi nella maggioranza e nel gruppo del PD del Trentino di posizioni davvero molto distanti. Anche qui, non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima che accade, ma su un tema come questo che investe il rapporto fra economia ed ambiente questa divaricazione ci paralizza o, meglio, legittima una dialettica (che coinvolge anche le parti sociali) che francamente avrei sperato fosse superata da tempo. Ne parlo diffusamente nell’intervento che sto preparando e che troverete nelle prossime ore in prima pagina. Ma in breve questa è la rappresentazione. Da anni vado dicendo che un insediamento come le acciaierie di Borgo sono incompatibili con un progetto di sviluppo sostenibile della Valsugana che ne valorizzi le caratteristiche naturali, concetto che ho ribadito in campagna elettorale e poi sostenuto quando questo tema è arrivato al centro delle vicende di cronaca nelle scorse settimane. Questo significa che, a prescindere dal livello di inquinamento di questa presenza industriale (ovviamente se le norme non fossero rispettate la chiusura dovrebbe essere immediata), ci si dovrebbe muovere nella direzione di una conversione dell’area attraverso un percorso condiviso fatto di bonifiche e dell’individuazione di altre attività compatibili con le vocazioni del territorio. Posizione che ho espresso in più sedi (compreso il circolo locale) e che gli assessori Pacher e Olivi hanno in questi giorni sostanzialmente ripreso, ipotizzando la nascita di un tavolo di lavoro per la riconversione di quell’area industriale. Nel dibattito sull’ordine del giorno della Lega si iscrive il mio compagno di gruppo Bruno Dorigatti che, nel motivare il suo (e nostro) voto contrario, svolge un intervento che va nella direzione esattamente opposta di quella che ho fin qui sviluppato, sostenendo la necessità di un comparto industriale purchessia. L’indomani in un’intervista a L’Adige lo stesso consigliere definirà "una follia" le posizioni espresse dell’assessore e vicepresidente Pacher. Che diavolo di partito è questo? Non avevamo un programma con il quale siamo andati alle elezioni nel novembre 2008? Seconda questione, il DDL n.81 "Modificazioni della legge urbanistica provinciale…". Si tratta di un provvedimento largamente condivisibile, utile per aggiornare la legge urbanistica del 2008 per introdurre criteri di qualità, semplificazione e di sistema. Un unico punto controverso, l’articolo 36 (già art.28) sul patrimonio edilizio tradizionale, leggi anche "baite". Nella proposta iniziale non ci sono abbastanza garanzie che la cosa non rappresenti un viatico per operazioni speculative sulle "baite da mont". Uno stop lo avevamo dato in sede di Commissione legislativa ed ora si tratta di introdurre modifiche tali da rendere accettabile questa sperimentazione di recupero per fini turistici e di sviluppo locale. Nel pomeriggio ci incontriamo con l’assessore Gilmozzi e nel prendere per primo la parola indico due possibili strade: quella di stralciare il provvedimento, assicurando un canale preferenziale per portare in aula un disegno di legge organico in materia nel più breve tempo possibile; oppure quella di mettere in campo emendamenti atti a dare garanzie contro possibili disegni speculativi (ad esempio un lasso di tempo di conseguimento della proprietà per accedere ai benefici previsti) accompagnato da un ordine del giorno che rafforzi l’approccio sostenibile, riprendendo fra l’altro una serie di osservazioni che sono venute alla Commissione da parte della Sat. Si sceglie questa seconda strada e tutte le precauzioni proposte vengono accettate. Anche quella di elevare a dieci anni il tempo di proprietà che pure in un primo momento aveva sollevato una risposta stizzita da parte dell’assessore. Oscuro lavoro che non assurge alle cronache, ma spero e credo efficace. Ne discuteremo il giorno successivo. Due semplici cose, che riempiono di senso lo stare in questi luoghi che certo non mi appassionano.  
22 Febbraio 2010

lunedì, 22 febbraio 2010

Passo la prima parte della mattina davanti al computer di casa a scrivere un fondo per il nuovo sito del Forum (che sarà attivo fra una decina di giorni), poi negli uffici del Forum per identificare gli obiettivi che daremo ai volontari del servizio civile, di seguito al gruppo per incontrare Alex Sperandio, giovane geologo che mi racconta del suo lavoro. Nel borgo di San Donà, sulla collina di Trento, nel primo pomeriggio, ci sono i funerali di Luciana, l’anziana mamma di Donatella Boschetti che venerdì scorso ha lasciato questo mondo, serenamente e circondata dall’affetto dei propri cari. La piccola chiesa parrocchiale è colma di persone per l’ultimo saluto di un quartiere di case popolari che sono invecchiate insieme ai suoi abitanti ma dove ancora avverti l’esistenza di una comunità. Per la verità tanti capelli bianchi anche nei figli, per capirci quelli della mia età, persone che magari non vedi da anni e che un po’ fatichi a riconoscere. Faccio tempo a partecipare all’ultima parte della riunione del gruppo consiliare. In tanti anni di impegno politico non ho mai partecipato a riunioni così fredde e vuote. Qui ognuno fa le sue cose, ma se mi chiedete quale sia il profilo politico culturale del nostro agire collettivo dopo un anno di lavoro, devo dire con tutta onestà che faccio fatica a rispondere. In realtà ci si vede per confrontarsi sull’ordine del giorno della tornata consiliare che da domani ci vedrà impegnati per tre intere giornate. Fra questi punti il Disegno di legge sulla violenza contro le donne. Se ne parla da mesi, ma sin dall’inizio la discussione si è arenata attorno al ruolo decisivo dei "centri antiviolenza", evidenziando fra le donne del "movimento" e una politica che deve tener conto di una pluralità di approcci culturali, uno scontro che appare irriducibile. Sui giornali in queste settimane si sono usate espressioni forti, cariche di manicheismi, tipiche di questo tempo. Francamente sopra le righe e che invece penso tutt’altro che non ricomponibile, almeno sul piano del garantire un approccio di genere. Verso sera con Stefano Albergoni ci concentriamo sulle modifiche da apportare a questo sito e poi ci diamo appuntamento per l’indomani, quando raccoglieremo le suggestioni proposte per "Politica è responsabilità" e decideremo la sua data di avvio. Qui della passione non possiamo certo farne a meno, ci investiremo idee, tempo e un po’ di denari, considerato che il 30% della mia indennità di carica va proprio a questo progetto (oltre al 20% che verso mensilmente al PD del Trentino). Ma di questo particolare ne riparleremo. Alle 19.00 chiudo baracca e quella che mi attende è una serata stranamente libera.  
20 Febbraio 2010

domenica, 23 ottobre 2011

...Un tema, quello della società della conoscenza, che considero decisivo se vogliamo che la nostra comunità possa abitare la globalizzazione senza subirne gli effetti perversi ed omologanti. Significa in primo luogo investire in cultura. Non semplicemente in eventi culturali, ma in cultura diffusa sul territorio: saperi, sensibilità, formazione... per attrezzare una comunità alla consapevolezza delle trasformazioni in atto. Qualcosa di più della tradizionale offerta culturale, una pratica sociale che si diffonde in ogni fascia d'età. E non facile da tradurre in una proposta di legge, specie quando si è in tempi di tagli al bilancio provinciale...