22 Aprile 2010
Sono piuttosto preoccupato per la tenuta della maggioranza che governa la nostra autonomia. Non mi riferisco alle fibrillazioni di cui spesso parlano le cronache giornalistiche, né al clima fra i partiti della coalizione che invece mi sembra, nonostante le difficoltà emerse nella formazione delle alleanze in vista delle elezioni comunali di maggio, tutto sommato positivo. E confermato dalla stessa riunione dei rappresentanti dei partiti e dei consiglieri della maggioranza che si tiene in serata nella sala Wolf della Provincia. Sono preoccupato per altri aspetti, ben più profondi delle scaramucce tanto care al pettegolezzo. Il primo riguarda l’orientamento della base sociale che ha sin qui espresso in Trentino il centro sinistra autonomista. Il secondo è la difficoltà di interpretare questo tempo da parte della politica. Di entrambe questi temi ho intenzione di scriverne nei prossimi giorni, quando troverò un momento di concentrazione. Ma la riunione di questa sera della maggioranza mi conferma in queste preoccupazioni che vi espongo succintamente. In primo luogo perché non ci si interroga affatto sulle trasformazioni anche rapide che avvengono nella nostra società, quasi dando per scontato che l’onda lunga di quel che accade in Italia qui non possa attecchire. E’ la prima questione. Il "blocco sociale" che ha espresso la diversità della nostra provincia rispetto al resto del nord di questo paese ha le sue principali radici nell’autonomia (una lunga tradizione di autogoverno) e nell’assetto proprietario riconducibile alla cooperazione trentina. Un blocco sociale che oggi però mostra crepe vistose, ben evidenziate dai fattori di crisi che investono alcuni comparti della cooperazione, che in questi anni sono stati protetti ma non aiutati a crescere sul piano della qualità delle produzioni come del loro ruolo sociale. La seconda questione è la fatica della politica a leggere il presente. Ci si affida ai sondaggi piuttosto che alle analisi, alla ricerca del consenso invece che alla crescita culturale, all’assecondare corporativismi anziché raccogliere e lanciare sfide nuove. Discutiamo della situazione economica in Trentino e ragioniamo ancora attorno ai punti di crescita del PIL senza accorgerci che nelle ragioni che erano alla base della crisi finanziaria mondiale nulla è cambiato. Tanto che il presidente degli Stati Uniti proprio oggi andava a Wall Street per cercare di indicare alcune regole per mettere le briglia allo strapotere dei titoli derivati, mentre noi nemmeno ci poniamo il problema di come utilizzare le potenzialità del nostro territorio (a cominciare dal sistema delle casse rurali) per rompere l’assedio della finanziarizzazione. Anche in Trentino, "tutto è come prima" dicono i bene informati. Oppure. Dovremmo avere la capacità di vedere come la globalizzazione sta cambiando il mondo del lavoro. Ne fa un cenno Ale Pacher nella riunione della maggioranza, quando descrive un dato piuttosto preoccupante: ditte di progettazione che concorrono ai bandi con offerte che indicano ribassi dell’80% perché tanto a lavorare è qualcuno che sta a diverse migliaia di chilometri, in India ad esempio, con paghe incommensurabili e contratti da schiavi. Lo stesso potremmo dire con la tendenza sempre più invasiva di lavoratori comunitari che arrivano a lavorare in Italia ma con i contratti dei loro paesi magari stipulati da ditte nostrane che lì hanno trasferito le loro attività. Lo stesso concetto di welfare andrebbe affrontato con una particolare attenzione alle traiettorie individuali (ho letto con particolare interesse il contributo di Michele Guarda nell’ambito del confronto su http://www.politicaresponsabile.it/ nel confronto sulla tesi welfare-lavori proposta da Franco Ianeselli). Per non parlare delle questioni che ho posto da tempo, del controllo sulle enormi masse di denaro che si riciclano nel mattone o nella terra, invadendo e condizionando interi comparti dell’economia dei territori. Ma di questo non si discute nella riunione di maggioranza. Vedo un solco fra la realtà dei partiti e le necessità di una politica capace di guardare oltre l’orizzonte del giorno per giorno. In realtà manca un minimo comun denominatore che possa fare da collante alla coalizione, servirebbe qualcuno che ci lavora, istruendo gli incontri, promuovendo riunione a tema, favorendo la fluidificazione dei pensieri. Di tutto questo spero di riuscire a parlarne con il presidente Dellai, visto che della coalizione dovrebbe essere il garante e al quale una visione ampia certamente non manca. E di un altro aspetto, che riguarda da vicino tutto questo, quello dell’educazione permanente. Perché solo una comunità consapevole è in grado di abitare il tempo della globalizzazione senza subirne gli effetti perversi. Ne parlo in avvio di giornata con Dario Ianes, al quale propongo di far parte di un gruppo di lavoro che sto mettendo insieme per elaborare un Disegno di legge proprio dedicato al tema dell’educazione permanente (se qualcuno è interessato, si faccia vivo). E’ infatti mia convinzione che uno snodo decisivo per una comunità responsabile sia proprio quello dell’agire sulle motivazioni delle persone, sulla capacità di guardare in maniera non conservatrice alla propria attività professionale, sulla disponibilità al cambiamento, sulla voglia di mettersi in gioco, sulla necessità di interrogarsi sulle proprie certezze e sui propri saperi. Penso a quanta parte della pubblica amministrazione richiederebbe una capacità di innovazione a fronte di contesti profondamente cambiati e alle straordinarie potenzialità che si potrebbero attivare. E di come questo valga anche per la cooperazione o per il settore privato. Dario con il suo collega Fabio Folgheraiter ha fondato nell’ormai lontano 1984 le Edizioni Erickson, oggi casa editrice leader in Italia nel settore degli studi pedagogici, dell’apprendimento e dell’handicap, con un fatturato che supera gli 8 milioni, con un catalogo di 1.173 opere e oltre settanta dipendenti. Lunedì prossimo, fra l’altro, ci sarà l’inaugurazione della nuova sede a Gardolo. Forse sarà l’occasione per parlarne. Diverso è l’argomento, ma della necessità di un approccio responsabile con il mondo si parla anche nell’incontro promosso nel pomeriggio dalle Acli e dal CTA (l’organizzazione turistica aclista) che ha come oggetto il turismo responsabile. Sono fra i relatori dell’incontro e pongo esattamente questo problema: il viaggiare non solo come occasione di sostegno a processi di sviluppo locale in situazioni impoverite tipico del turismo responsabile, ma come modo di abitare i conflitti e per avere uno sguardo vivace e strabico sulla modernità, […]