6 Febbraio 2014

La sinistra e l’Europa

Conosco abbastanza bene Giulio Marcon per sapere chese ha deciso di metterci la faccia la proposta di cui si fa portatorein questo editoriale (e che riprende l'appello di qualche giorno facon il quale Barbara Spinelli e altri hanno lanciato lacandidatura di Alexis Tsipras per la presidenza della CommissioneEuropea) potrebbe anche essere diversa dall'ennesima trovataelettorale.

E ciò nonostante quello che viene proposto è uno schema cheabbiamo già conosciuto, ovvero l'idea di un cantiere unitariodella sinistra che non si riconosce nel PD. Quasi che ilproblema fosse l'incapacità della sinistra radicale di trovareun comun denominatore o non invece - a monte - di una culturapolitica con la quale la sinistra (non solo quella italiana) non hasaputo ancora fare i conti. E non parlo solo della sinistra politica,parlo anche di quella sinistra diffusa fatta di movimenti chea guardar bene non è meno malata di quella dei partiti.

Non lo dico per sostenere la causa del PD, partito cheancora guarda all'Europa come al luogo dove difendere gli interessiitaliani, ben lontano da quella visione europea che ci dovrebbeportare a ragionare dell'Europa come di una casa comunesopra le nazioni.

Ma in entrambi i casi lo schema è ancora quello dei partiti (oaggregazioni) nazionali, proposte che si affermano (o sisgretolano) nell'arco di una scadenza, specie se è per una scadenzache vengono immaginati.

Lo ripeto. Ho un rapporto di stima per Giulio (e per altri amiciche sostengono questa proposta) troppo forte per non pensare chenon siano sufficientemente accorti per non ripetere cose già viste.Per questo alzo il telefono e gli dico quel che penso. Mi ribatte cheancorare la sinistra diffusa ad un'idea europeista, in un contesto di"caccia all'Europa", sarebbe già un bel risultato. Iltragico è che a questo siamo.

Quanto è ancora lontano un pensiero europeo capace di comprenderel'Europa nelle espressioni sociali e culturali di una regioneche va dagli Urali all'Atlantico e capace di fare delMediterraneo il contesto d'incontro fra oriente e occidente.

Se non capiamo che i temi del lavoro, del welfare, dell'ambiente,delle comunicazioni, della formazione, della cittadinanza... nonpossono essere affrontati se non a partire da un approcciosovranazionale, il progetto europeo è finito. Se non capiamo che inquesta cornice la difesa di stili di vita insostenibili ma checonsideriamo "non negoziabili" significa guerra...

Un progetto europeo davvero nuovo deve porsi il temadell'austerità, della riconsiderazione dei consumi e del lavoro, delritorno alla terra e all'unicità dei territori per contrastare iprocessi di finanziarizzazione dell'economia, dell'abolizione deglieserciti nazionali... solo per dire le prime tre o quattro cose chemi vengono in mente.

Ma tutto questo presuppone un cambiamento di sguardo cheancora non c'è. E che non vedo nemmeno nelle parole che puresento vicine di Giulio... 

 

3 Febbraio 2014

Riqualificare e rimotivare

(ottobre 2013) In questi giorni si sono intrecciate una serie di iniziative interessanti che hanno posto il tema del modello di sviluppo nell'area alpina: la conferenza stampa con gli esponenti del Bard (Belluno Autonoma Regione Dolomiti), la presentazione dell'ultimo lavoro di Aldo Bonomi "Il capitalismo in-finito" che attraversa le regioni della crisi, l'incontro di Grenoble delle regioni e dei ministri dei paesi dell'arco alpino, l'incontro di Borgo Valsugana sulle "terre alte". La riflessione di Michele Nardelli proposta sul Corriere del Trentino.

di Michele Nardelli

Nel tempo della crisi, abbiamo parlato spesso di "Terre alte", ovvero dei territori di montagna che si sono trovati a dover far fronte a condizioni di mercato più sfavorevoli e a costi sociali maggiori. Produrre un litro di latte in montagna non è la stessa cosa di produrlo in pianura, così come garantire lavoro, scuola e servizi di qualità nello spazio alpino richiede una disponibilità di risorse maggiore che altrove. 

3 Febbraio 2014

Dolomiti, fra autonomie e neocentralismo

di Zenone Sovilla

(18 dicembre 2013) Il governo intende archiviare le Province ordinarie: ora depotenziandole con il ddl promosso dal ministro degli Affari regionali, Graziano Delrio (Pd), poi cancellandole con una legge costituzionale. Alcune voci contestano l'assalto al sistema delle autonomie spiegando che si indebolirà

3 Febbraio 2014

Rappresentanze o rappresentazioni?

di Giuseppe De Rita

(27 dicembre 2013) Se mi è permesso per una volta dissentire dalla linea di opinione del Corriere vorrei segnalare il mio preoccupato sconcerto per la generalizzata voglia di spappolare ogni forma e struttura di rappresentazione sociale intermedia, sindacale, datoriale o associativa che sia.

Anche sul piano politico la tendenza è evidente (basta pensare all’accanimento sull’abolizione delle Province o sulla decomposizione dei partiti) ma è sul piano sociale che si concentra in queste settimane l’attacco: il sindacato è un fattore di irrigidimento e conservazione, la Confindustria è in crisi di incidenza e di lucidità su ogni politica di rigore e sviluppo; Rete imprese Italia non corrisponde alle speranze di quando nacque, tre anni fa; le associazioni professionali sono luoghi di bieco e centrale corporativismo; il cosiddetto terzo settore è inquinato da professionismo camuffato. 

1 Febbraio 2014

Dieci anni fa ci lasciava Massimo Gorla. Un ricordo.

(20 gennaio 2014) Nei giorni scorsi ero a Milano. Nessunappuntamento politico, semplicemente una cena fra vecchi amici a casadi Joan Haim. Nulla da festeggiare, nemmeno un motivo specifico se non ildesiderio di incontrarci dopo un po' di tempo, rivedere EmilioMolinari dopo l'ennesima prova a cui è stato sottoposto, sentire chequella comunità di sguardi della quale siamo stati parte – purnell'opacità del tempo – mantiene ancora una sua vivacità.Riuscendo persino a non mandarci a quel paese.

Era passato il giorno di Natale, inquel dicembre di dieci anni fa. Proprio a casa di Joan cenammo conMassimo, un po' malandato, certo, ma niente lasciava presagire chequello sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio. Stavamo partendo perCittà del Messico e nemmeno il tempo di rientrare che già Massimoci aveva lasciati. Nella sua poltrona, come avesse deciso che era oradi staccare la spina.

22 Gennaio 2014

I frutti della cultura plebiscitaria

(21 gennaio 2014) Leggo e rileggo la proposta di riforma del sistema elettorale che il segretario Matteo Renzi ha sottoposto alla direzione del Partito Democratico (vedi scheda in allegato).

Mentre continuo a pensare che il problema non abiti qui, ma piuttosto nel racconto che la politica riesce a fare del nostro tempo, non posso che prendere atto di come la cultura maggioritaria e centralistica sia diventata il tratto di omologazione di grande parte del sistema politico italiano.

A rischio di sembrare naïf, continuo a pensare che il sistema proporzionale sia il migliore fra quelli fin qui sperimentati, che il ruolo della politica sia quello di costruire le alleanze di governo anche sulla base dell’esito del voto, che l’elezione diretta del premier (e dei presidenti) comporti un pericoloso accentramento dei poteri in chiave plebiscitaria, che i premi di maggioranza falsino l’espressione del voto popolare, che le preferenze siano uno strumento tutto sommato utile (anche se non l’unico) nella selezione delle candidature, che le minoranze politiche (ma anche quelle nazionali) debbano trovare rappresentazione istituzionale, che il ruolo di elettore e di iscritto siano diversi e che, pertanto, le primarie siano le negazione del ruolo dei corpi intermedi e a guardar bene della politica.

8 Gennaio 2014

La lezione di un economista

(7 gennaio 2014) Dalla ricostruzione dell'immediato dopoguerra al processo di integrazione monetaria europea. Pubblichiamo l'introduzione al volume "Lo sviluppo dell'economia italiana" dell'economista Augusto Graziani, scomparso a Napoli, il 5 gennaio scorso, all'età di ottant'anni.

Augusto Graziani è venuto a mancare il 5 gennaio, a 80 anni. Aveva insegnato alle Università di Catania, alla "Federico II" di Napoli e alla Sapienza di Roma, ed era stato senatore del Pds nel 1992-94. È stato un punto di riferimento importante per la cultura economica di sinistra e un protagonista del dibattito politico a partire dagli anni '70. Molto del suo lavoro di ricerca è stato dedicato a sviluppare la teoria del circuito monetario (The monetary theory of production, Cambridge University Press, 2003). Il suo libro sull'economia italiana (nell'ultima versione apparso da Bollati Boringhieri nel 2000 col titolo "Lo sviluppo dell'economia italiana") è stato essenziale per capire i problemi economici del paese. Ricordiamo Augusto Graziani ripubblicando qui alcune parti della Premessa di quel volume.

di Augusto Graziani 

Rievocare le vicende dell'economia italiana nel corso della seconda metà del Novecento significa ripercorrere modificazioni profonde che hanno investito la struttura economica del paese e la sua collocazione internazionale. (1)                                        

26 Dicembre 2013

CIE: vanno chiusi

(26 dicembre 2013) L’ennesima protesta estrema messa inatto ieri da 8 migranti detenuti nel Cie di Ponte Galeria è su tuttele prime pagine dei quotidiani. Le centinaia di visite svolte daassociazioni, parlamentari e operatori degli organi di informazionehanno ormai portato alla luce molto bene la disumanità di struttureche limitano la libertà personale di persone che non hanno commessoalcun reato.

Un appello per la chiususra dei centri CIE (Centri di identificazione ed espulsione) 

21 Dicembre 2013

A Nord di Trento a Sud di Bolzano

La vite e il paesaggio

Un libro fotografico e una mostra alle Gallerie di Piedicastello

di Luca Paolazzi, Tommaso Iori, Daniele Carli

Ilpaesaggio, sosteneva Eugenio Turri, “racconta in due modi diversila storia degli uomini”. Da un lato il racconto “del viverestorico degli individui e dei gruppi sociali in un certo ambitoterritoriale, visto come paesaggio, trasformato in paesaggio”;dall’altro, il racconto della “sua formazione, del suocostituirsi attraverso il tempo”, intendendo in questo secondo casoil paesaggio come una “successione di momenti e modi diversi dellesocietà umane di rapportarsi con il territorio che le ospita, diviverlo e trasformarlo secondo le proprie esigenze vitali”[1]

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17 Dicembre 2013

Cibo e libertà

(17 dicembre 2013) Grande folla ieri sera all'auditorium della Cantina La-Vis alla presentazione del nuovo libro del fondatore di Slow Food Carlo Petrini. S'intitola "Cibo e libertà". Quella che segue è la presentazione di Michele Serra su "La Repubblica".

Il cibo non è mai stato così di moda. Dilaga in televisione, trascina nell'immaginario pop le forme e le parole della ristorazione alta generando un vero e proprio kitsch gastronomico, con emulazioni del lusso spesso ridicole, promuove la figura del cuoco - oggi rigorosamente chef - a un rango professionale e sociale ambitissimo.

Ma il cibo, al tempo stesso, forse non è mai stato così frainteso e misconosciuto. Madri e nonne contadine, e i nostri progenitori in generale, ne conoscevano la natura materiale (e la genesi agricola) assai meglio di molti concorrenti di un reality culinario.

15 Dicembre 2013

Forconi. Comprenderne la natura

Un'interessante intervista ad Aldo Bonomi su "L'Huffington Post"

«Questi sono i costi sociali di una crisi selettiva e di una politica chiamata austerità. Invece di cominciare con le solite manfrine la politica dovrebbe mettere in agenda la soluzione dei problemi”. Aldo Bonomi, sociologo, non è affatto sorpreso dalla rabbia dei forconi. “Da anni descriviamo il disagio della piccola borghesia. Ora questa massa critica ha fatto condensa».

fordismo. Specialmente al Nord. Ed è inutile, dice, tentare di analizzare minuziosamente il sentimento politico eversivo che animerebbero queste mobilitazioni, che per alcuni sono manipolate dall'estrema destra e dalla mafia: Alla crisi del capitalismo molecolare e dei mestieri nati con il postfordismo italico Bonomi ha dedicato il suo ultimo saggio &ldquo