8 Settembre 2016

Dopo il 5 settembre, guardando all’Europa e alla Regione Dolomitica

di Vincenzo Calì

(8 settembre 2016) Le cerimonie del 5 settembre 2016 a Trento e Bolzano per i 70 anni dell’accordo Degasperi-Gruber hanno messo in tutta evidenza l’esigenza di por fine ad una stagione, quella in cui la potestà autonomistica derivava da concessioni dall’alto (potenze vincitrici, governi italiano ed austriaco, unione europea) più che da un moto di popolo, manifestatosi solo con l’ adunata dell’ASAR a Trento e della SVP a Castelfirmiano.

Renato Ballardini, autorevole esponente della generazione che ha provveduto a rendere operativo l’impianto autonomistico, afferma oggi ( “Il Trentino” del 7 settembre) che per uscire dalla crisi in atto «La soluzione è in un Europa federale, con un tesoro ed un patrimonio unico, che assorba i debiti dei singoli stati, che li risani con un sistema fiscale equo ed efficiente».

 

5 Settembre 2016

Giornata dell’autonomia, tre motivi di preoccupazione

di Michele Nardelli

(5 settembre 2016) Come ogni anno da quando è stata istituita, il 5 settembre si celebra la giornata dell'autonomia. Questa però non è una ricorrenza come tutte le altre, ha qualcosa in più per cui merita un supplemento di attenzione.

In primo luogo, perché sono passati settant'anni da quando venne siglato a Parigi l'accordo De Gasperi – Gruber, una felice intuizione che ci ha permesso di contenere il conflitto in questa terra e di sviluppare inediti livelli di autogoverno. Il secondo motivo è riconducibile al fatto che questo anniversario cade nel pieno del dibattito su una riforma costituzionale che, almeno sul piano del rapporto fra stato centrale e regioni, segna a prescindere dall'esito referendario un vistoso passo indietro nella dislocazione dei poteri verso il basso. La terza ragione di attenzione consiste nell'avvio dell'iter per la revisione dello Statuto di autonomia (il cosiddetto terzo statuto) con la formazione della Convenzione in Alto Adige – Sud Tirolo e della Consulta in Trentino, i cui lavori dovrebbero approdare ad una proposta di nuovo assetto statutario.

3 Settembre 2016

Democrazia e forme partecipative, un’occasione mancata

Prosegue il dibattito attorno ai temi della partecipazione, delle riforme istituzionali e del terzo statuto di autonomia. Su questo blog potete trovare nella home page gli interventi di Alessandro Dalla Torre, Simone Casalini, Roberto Pinter e Vincenzo Calì. In "primo piano" anche un intervento del sottoscritto sul referendum autunnale sulla riforma costituzionale al quale sono seguiti una serie di commenti (in realtà corposi interventi) di Edoardo Benuzzi, Flavio Ceol, Ciro Russo ed altri. In questo caso riprendo il testo che mi ha inviato l'amico Alessandro Branz sui sistemi partecipativi, tema tutt'altro che estraneo rispetto ai nodi veri del voto autunnale. Nella lettera con la quale Alessandro ha accompato il suo testo, ho colto la grande amarezza per il fatto che il dibattito locale e nazionale questi nodi non li abbia voluti affrontare, vivendo con fastidio una dialettica politica che avrebbe potuto essere salutare e che invece si è trasformata in una sorta di plebiscito a favore o contro il Governo Renzi. Nel ringraziare tutti gli intervenuti per aver scelto di entrare nel merito, rinnovo l'invito a considerare questo blog come uno spazio aperto ai vostri interventi. Nella speranza che nelle prossime settimane in particolare il confronto sul terzo statuto cresca in qualità. (m.n.)

 

di Alessandro Branz *

(1 settembre 2016) Alcuni giorni fa Nicola Lugaresi esprimeva sul Corriere del Trentino la sua viva preoccupazione per il basso livello di partecipazione manifestato da una serie di iniziative promosse dal Comune di Rovereto e da altri soggetti. Si tratta di preoccupazioni fondate e condivisibili, che da un lato sollecitano una riflessione sulle cause del fenomeno (individuate da Lugaresi nell’ormai diffuso “sentimento di rassegnazione e sfiducia” nei confronti della politica) e dall’altro richiamano ruolo e funzionalità degli stessi meccanismi partecipativi adottati, che evidentemente presentano delle lacune se non riescono a coinvolgere più di tanto i cittadini. Ed è proprio da quest’ultimo punto che vorrei partire per alcune brevi riflessioni.

24 Agosto 2016

Per una buona gestione del conflitto

Riprendo dal sito www.doppiozero.com questo interessante contributo dell'amico Ugo Morelli

di Ugo Morelli

Cerchiamo nemici di questi tempi. Li cerchiamo in ogni direzione. Forse perché il nemico che viene da fuori ci appare meno minacciante di quello che si presenta dall’interno di noi stessi. Agisce in noi una mafia interna, una specie di industria della protezione di una parte di noi su un’altra. A volte la parassita fino a neutralizzarla. Siamo nemici di noi stessi e ci consegniamo alle nostre paure senza elaborarle e senza combatterle. È così che le subiamo e la paura finisce per comandare. Quello che ci risulta in ogni caso difficile fare è dare cittadinanza al conflitto, inteso come incontro e dialogo tra differenze. Sia nel nostro mondo interno che nelle relazioni con gli altri tendiamo a polarizzare le nostre posizioni e i nostri atteggiamenti e comportamenti: o scegliamo il quieto vivere e l’indifferenza, o scadiamo nell’antagonismo, nel litigio e nella guerra. Eppure oggi vi sono molte buone ragioni per cercare di riconoscere il valore del conflitto inteso come dialogo e incontro tra differenze.

22 Agosto 2016

L’avranno letto? Il Manifesto di Ventotene, in versione integrale.

(22 agosto 2016) Oggi si incontrano a Ventotene Merkel, Hollande e Renzi per parlare di rilancio del progetto politico europeo. L'elemento simbolico di farlo nel luogo dove Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli scrissero nel loro esilio il Manifesto di Ventotene, ovvero la proposta degli Stati Uniti d'Europa, non è affatto banale.

Qualche anno fa, come presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, proposi che il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento si recasse a Ventotene come segno di attenzione verso la necessità di rilanciare un progetto europeo in crisi ma non se ne fece nulla, testimoniando in questo modo come la crisi di visione investisse anche le nostre istituzioni locali.

In quell'occasione mi resi conto come il "Manifesto di Ventotene" fosse sconosciuto ai più (compresa la quasi totalità dei consiglieri provinciali) e la stessa sensazione ce l'ho anche in questi giorni dove pure quel "manifesto" viene continuamente evocato.

22 Agosto 2016

Liberare e federare

di Vincenzo Calì

(22 agosto 2016) Dall’autonomia al federalismo: parola d’ordine abbandonata da decenni, come ci ricorda Simone Casalini sul Corriere del Trentino di domenica scorsa, e mai come ora tornata di attualità. Nonostante Il triplice fallimento delle riforme (la Bassanini, il Titolo V della Costituzione, la Devolution) che tendevano, come ricordato nell’articolo, a stabilire nuovi criteri nella distribuzione dei poteri - non più centri e periferie, ma una rete di territori con pari dignità istituzionale – il federalismo è l’unica risposta in grado di mettere in sicurezza i valori della civiltà europea, oggi così fortemente minacciati.

22 Agosto 2016

La scomparsa del federalismo

Quello che segue è l'editoriale del Corriere del Trentino di Simone Casalini (domenica 21 agosto 2016)

di Simone Casalini

(21 agosto 2016) Da quando si aprì la falla sulla nave claudicante della Prima repubblica, un argomento più di altri affiorò nel dibattito politico come possibile architrave di un nuovo modello statuale: il federalismo. La ristrutturazione del comparto dei poteri e la valorizzazione delle autonomie locali sono stati vessilli della lunga transizione verso un Eldorado istituzionale mai raggiunto. Non sono mancate le riforme né il decentramento, un processo a singhiozzo che ha introdotto trasformazioni virtuose (responsabilizzazione degli enti locali, decentralizzazione delle decisioni, un’idea di politica territoriale) e distorsioni eloquenti (spese fuori controllo, conflittualità con lo Stato di fronte alla Consulta, assenza di un’armonizzazione su alcuni principi fondamentali).

14 Agosto 2016

Una «comunità di progetto» per il nuovo statuto

di Alessandro Dalla Torre *

(6 luglio 2016) Sabato 9 luglio è convocata l’assemblea delle associazioni che, dopo aver risposto ad uno specifico bando del Consiglio provinciale di Trento, sono state accreditate per designare tre dei venticinque membri della Consulta per lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige/Sudtirol.

Gli altri ventidue membri della Consulta sono invece espressione di distinte componenti rappresentative della comunità trentina: Consiglio provinciale, mondo economico e del lavoro, autonomie locali, minoranze linguistiche, Università di Trento.

Compito della Consulta: elaborare proposte di riforma dello Statuto e promuovere un processo di partecipazione popolare. Ne sarà capace?

10 Agosto 2016

Il referendum sulla riforma costituzionale, il dibattito che non c’è.

di Roberto Pinter

(9 agosto 2016) Il dibattito riguardante il referendum sulla riforma costituzionale è partito male e prosegue peggio. Ci sono due schieramenti in campo: chi vuole la testa di Renzi e chi vuole rilanciare Renzi. In mezzo ci sta la maggioranza degli elettori: quelli che non sono interessati, quelli che non conoscono nel merito la riforma, quelli che la voterebbero ma non vogliono più Renzi e quelli che non la voterebbero ma non vogliono far cadere Renzi.

Nessuna discussione di merito che non sia ipotecata dal futuro del governo, ed è un peccato perché del merito si dovrebbe discutere. La colpa è senz'altro di Renzi che fin dall'inizio ha scelto come sfida simbolica questo referendum, convinto che sarebbe stata più facile che scommettere sulla ripresa economica, sulla legalità o sui diritti per tutti, e convinto che sarebbe stato un suo trionfo. Annunciare la riforma delle riforme ed un paese che cambia, poteva essere una facile scommessa, ma in realtà è difficile appassionarsi al superamento del bicameralismo perché nessuno l'ha mai visto come il motivo di un'Italia che non cambia. Allora Renzi ha provato a giocare la carta più comoda, quello del populismo: “riduciamo i politici”! Finendo per scegliere un terreno dove altri sono più capaci, vedi i 5stelle, e finendo per scontentare una sinistra che non si trova a suo agio nell'agitare gli slogan che, quand'anche in parte giusti, finiscono per togliere alla politica il residuo di credibilità.

9 Agosto 2016

Salute e sostenibilità nell’uso dei pesticidi nella viticoltura trentina

In queste settimane sta crescendo un forte dibattito all'interno del settore vitivinicolo trentino attorno alle modalità per far fronte al diffondersi della peronospora che sta provocando gravi conseguenze sulla produzione viticola. Un dibattito per nulla estraneo all'annosa questione dell'uso dei prodotti chimici di sintesi nell'agricoltura, come se la diffusione della peronospora divenisse il pretesto per fare vistosi (e preoccupanti) passi indietro rispetto a quanto fin qui acquisito tanto sul piano normativo che sul piano della ricerca. (m.n.)

di Angelo Giovanazzi

L’agricoltura sostenibile è in grado di generare reddito per gli agricoltori, garantire la qualità e la sicurezza delle produzioni per i consumatori e per gli operatori agricoli nonché assicurare la durata delle risorse ambientali. Componente fondamentale di questa strategia è l’uso corretto, limitato e mirato dei prodotti chimici di sintesi, in primo luogo dei prodotti fitosanitari.

L’Istituto Superiore di Sanità vi ha contribuito sperimentalmente e continua a farlo attivamente mediante un progetto di ricerca, avviato in accordo con la Provincia autonoma di Trento (vedi lettera Assessore provinciale alla salute al Presidente ISS del giugno 2014 ) destinato a coprire il triennio 2014-2017.

Il territorio trentino presenta realtà agricole intensive e specializzate come la coltivazione della vite che alimenta una produzione vinicola di riconosciuta eccellenza. Questa attività agricola, di forte valore economico e con disciplinari dettagliati, richiede però l’utilizzo di pesticidi, in particolare insetticidi e fungicidi, di cui sono ben note le proprietà tossicologiche.

5 Agosto 2016

Afghanistan, il movimento d’Illuminismo

di Razi e Soheila Mohebi

(3 agosto 2016) Durante la manifestazione pacifica del 23 luglio in Kabul, oltre 100 persone hanno perso la vita e più di 500 persone sono rimaste gravemente ferite. Erano studenti universitari, laureati e dottorandi, e appartenevano al movimento "enlightenment" ("illuminazione"). In queste righe provo a descrivere il movimento, la sua nascita e le sue speranze…

Dopo la caduta dei Talebani nel 2001, il popolo Hazara ha scelto la via della formazione e dell’educazione per superare la guerra e soprattutto la cultura della belligeranza che fino a quel momento avevano dominato l’intero paese. Dopo la prima conferenza di Bonn del 5 dicembre 2001, gli Hazara hanno percepito e vissuto in uno spazio limitato che comunque permetteva loro di mandare le proprie figlie ed i propri figli a scuola dopo gli anni bui della guerra civile e dei Talebani. Questo spazio ha permesso loro di fondare le prime scuole autofinanziate dai genitori e di mettere in piedi un modello sostenibile di educazione che riuscisse a sopravvivere anche di fronte alle miopie governative e alla precarietà degli aiuti internazionali.

5 Agosto 2016

La politica dell’atto dovuto

 

di Federico Zappini **

Si commetterebbe un grave errore se dell’azione legale avviata dalla Provincia Autonoma di Trento nei confronti di sei componenti del Centro Sociale Bruno – volta al recupero di un presunto credito di circa 119.000 Euro –  si prendesse in considerazione esclusivamente la dimensione giudiziaria. La si ridurrebbe – sbagliando – a una lunga e piuttosto noiosa telenovela, che conosce nel bel mezzo dell’estate 2016 l’ennesima puntata. E’ bene invece non perdere di vista l’atto scatenante (l’occupazione da parte di un gruppo di cittadini e cittadine dello stabile di Via Dogana a Trento) e l’atteggiamento che la politica trentina tiene nei confronti del necessario, e sempre più urgente, processo di recupero del patrimonio immobiliare che versa in stato di abbandono o degrado.

Anche per via di un contesto economico e culturale mutato radicalmente nell’ultimo lustro, quella attorno al riutilizzo di edifici in disuso non è più una discussione che si può ridurre nell’abusata dicotomia legalità/illegalità, laddove questa coppia semantica sia mai stata sufficiente a descrivere il nucleo filosofico/pratico capace di determinare il valore (o il disvalore) delle pratiche di occupazione e autogestione di spazi sociali. Ciò che più stupisce nella scelta della Giunta provinciale è proprio la linearità con cui affronta – dentro una pericolosa omologazione tra destra e sinistra, tra civici e autonomisti, tra democratici e leghisti – una questione che necessiterebbe invece un deciso salto di paradigma nell’interpretazione teorica prima e nell’elaborazione pratica poi.