13 Ottobre 2016

Son venuto da Como per niente…

«Dedicato a tutti quelli - e sono tanti - che pur essendo testimoni di fatti importantissimi e determinanti dell'avvenire della civiltà, neanche se ne accorgono»

Un piccolo omaggio ad un grande maestro della cultura che oggi se ne è andato. Dario Fo (in questo caso insieme ad un altro straordinario interprete del suo tempo, Enzo Jannacci) ci ha raccontato storie che sembrano lontane. Una di queste è "Prete Liprando e il giudizio di Dio" (da Enzo Jannacci in Teatro, 1964).

https://youtu.be/J3DX_K1lZ5E

12 Ottobre 2016

Te lo ricordi il federalismo?

Riprendo questo testo di Leonardo Nesti dal sito www.glistatigenerali.com che mi sembra in sintonia con molte delle mie stesse osservazioni sul referendum di riforma costituzionale sul quale gli italiani si esprimeranno a breve. Mi permetto un solo appunto. Ha ragione l'autore a ricordare come l'idea federalista abbia radici lontane, in primo luogo – aggiungo io –nelle correnti di pensiero che nel Novecento trovarono riferimento in Giustizia e Libertà e nel Partito d'Azione (penso alle figure di Silvio Trentin, nella foto con la figlia, o degli autori del Manifesto di Ventotene come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi). Malgrado la cultura centralista di buona parte della sinistra italiana, c'è da dire che il federalismo ha trovato successivamente ambiti di testimonianza e di elaborazione. Penso al Movimento Federalista, penso alla mia stessa storia politica, alla sinistra indipendente, alla migliore elaborazione di Democrazia Proletaria, penso ad esperienze locali come Solidarietà dove il pensiero federalista ha rappresentato uno dei tratti costitutivi... e tutto questo ben prima che la Lega se ne appropriasse in maniera indebita. Doveva essere così anche per il PD nel suo intento di raccogliere le migliori tradizioni di pensiero del Novecento e bene fa Nesti a ricordare i riferimenti al federalismo nella carta costitutiva di questo partito, rimasta in effetti (e non solo su questo piano) soltanto un pezzo di carta. (m.n.)

di Leonardo Nesti

(10 ottobre 2016) C'è stato un periodo, in Italia, nemmeno troppo lontano, diciamo qualche anno fa, quando tutti erano federalisti. Il federalismo in Italia è un'idea lontana, che affonda nel Risorgimento, nel dibattito Costituente, nella nascita delle Regioni. Eppure è un concetto che in Italia non ha mai avuto successo.

Il federalismo, spesso declinato anche in maniera piuttosto bizzarra, lo ha poi a un certo punto riportato in auge la prima Lega Nord. In mezzo a un nugolo di idee razziste, retrograde o semplicemente strampalate, la Lega riuscì piano piano a far entrare nel parlamento italiano l'idea che i soldi pagati in tasse sul territorio dovessero restare, il più possibile sul territorio, alimentando cioè il meno possibile il bilancio dello Stato, più o meno quello che avviene per le Regioni a statuto speciale.

 

3 Ottobre 2016

La verità sul referendum

Se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato”. Ecco, dopo aver letto questo intervento di Raniero La Valle (per chi non lo conoscesse, già direttore del quotidiano Il Popolo e di Avvenire, per molti anni parlamentare della Repubblica per la sinistra indipendente, ma soprattutto uno dei pensieri più raffinati della storia moderna di questo paese), mi viene in mente questa espressione di Fabrizio De Andrè tratta dall'album “Storia di un impiegato”. Quello dell'amico Raniero è in realtà qualcosa di più di un intervento sul referendum costituzionale, è un racconto sulla cosiddetta seconda repubblica e su questo tempo nel quale sembra essersi perduta la capacità di comprendere quel che sta avvenendo, all'origine di quel senso di straniamento di cui parla Marco Revelli nel suo viaggio eretico per l'Italia che cambia. Un racconto – quello di Raniero La Valle – che in larga parte condivido, in alcuni passaggi meno (ma conto di tornarci il prima possibile), e che in ogni caso ci fa riflettere. (m.n.)

di Raniero La Valle

Discorso tenuto il 16/09/2016 a Messina nel Salone delle bandiere del Comune in un’assemblea sul referendum costituzionale promossa dall’ANPI e dai Cattolici del NO e il 17/09/2016 a Siracusa in un dibattito con il prof. Salvo Adorno del Partito Democratico, sostenitore delle ragioni del Sì.

Cari amici,

poiché ho 85 anni devo dirvi come sono andate le cose. Non sarebbe necessario essere qui per dirvi come sono andate le cose, se noi ci trovassimo in una situazione normale. Ma se guardiamo quello che accade intorno a noi, vediamo che la situazione non è affatto normale. Che cosa infatti sta succedendo?

Succede che undici persone al giorno muoiono annegate o asfissiate nelle stive dei barconi nel Mediterraneo, davanti alle meravigliose coste di Lampedusa, di Pozzallo o di Siracusa dove noi facciamo bagni e pesca subacquea. Sessantadue milioni di profughi, di scartati, di perseguitati sono fuggiaschi, gettati nel mondo alla ricerca di una nuova vita, che molti non troveranno. Qualcuno dice che nel 2050 i trasmigranti saranno 250 milioni. E l’Italia che fa? Sfoltisce il Senato.

1 Ottobre 2016

Il sogno di Lawrence d’Arabia. Verso una grande Confederazione del Medio oriente, laica e multiconfessionale

Oggi si svolge a Trento (Facoltà di Sociologia, via Verdi, ore 14.00 - 18.00) un convegno dal titolo "Scenari di guerra - Spiragli di pace" promosso dall'associazione Pace per Gerusalemme. Fra gli intenti dell'incontro quello di interrogarsi sul futuro di una regione la cui destabilizzazione ha conseguenze globali. Sono profondamente convinto che per costruire una via di uscita dal ginepraio mediorientale (e non solo) si debba andar oltre il paradigma novecentesco degli stati-nazione e di questo intendo parlare nel mio intervento, riprendendo fra l'altro l'autorevole opinione di uno dei grandi pensatori viventi, Edgar Morin. Il testo che segue è l’intervento che l’autore ha tenuto al convegno internazionale di Rimini organizzato da Edizioni Erickson all'indomani degli attentati di Parigi (m.n.).

di Edgar Morin

Per capire cosa succede nel mondo islamico è necessario avere una cultura storica: senza storia infatti non può esserci alcuna comprensione degli avvenimenti. Bisogna sapere, per esempio, che nell’antico Califfato c’era piena libertà religiosa sia per i cristiani che per gli ebrei, mentre l’intolleranza più cieca riguardava solo il mondo cristiano: basti pensare alle Crociate, all’Inquisizione, alle persecuzioni anti-ebraiche.

In realtà il vero problema del mondo arabo è stata la sua colonizzazione durata secoli, dalla fine del 400 dopo Cristo alla decomposizione dell’Impero ottomano. Da queste macerie nacque un sogno: il sogno di ricostruire e unificare il mondo arabo, il sogno di Lawrence d’Arabia. Un progetto che però si è andato a infrangere contro le mire egemoniche di paesi europei come la Gran Bretagna e la Francia, che per perseguire i propri interessi nazionali in Medio Oriente “crearono” paesi tra loro diversi: la Siria, il Libano, l’Iraq. Ed è stato un peccato, perché una nazione unificata araba avrebbe potuto svilupparsi in senso multietnico, visto che in ognuno di quei territori avevano sempre convissuto islamici, cristiani ed ebrei. Questa nazione avrebbe potuto consolidarsi, svilupparsi in un clima di libertà religiosa.

22 Settembre 2016

Un governo di scopo e poi il voto. Nel frattempo…

di Michele Nardelli

(21 aprile 2013) Giorgio Napolitano è stato rieletto Presidente della Repubblica.  Il voto a larghissima maggioranza dei grandi elettori chiude con una scelta solo qualche giorno fa imprevedibile una delle pagine forse più difficili e delicate di questo paese, tanto è vero che il secondo mandato presidenziale rappresenta un inedito nella storia repubblicana.

Certo. La figura di Giorgio Napolitano non può che rappresentare un elemento di equilibrio in una fase di grande instabilità. Al tempo stesso dobbiamo dirci senza infingimenti che questo passaggio rappresenta la risposta ad una situazione di emergenza e di crisi profonda della politica, non la soluzione.

22 Settembre 2016

C’è sempre l’alternativa!

di Francesco Prezzi

"Il concetto di entropia è stato introdotto in fisica per rendere ragione di un gran numero di fenomeni che sembrano manifestare una qualche direzionalità e che la meccanica classica non riusciva a spiegare. Si osserva che il calore fluisce sempre da un corpo verso l'ambiente più freddo, e mai in senso contrario. Una bottiglia di profumo in un angolo di una stanza spande il suo odore dappertutto, ma non si è mai assistito al graduale riempimento di una bottiglia vuota posta in una stanza invasa dal profumo. Si può distruggere una parete di mattoni facendo esplodere nei pressi un po' di dinamite, ma nessuno ha mai proposto di costruire una parete per deflagrazione di un mucchio di mattoni." (Enciclopedia Einaudi vol. 6 voce Entropia).

Questo passo di Yehuda Elkana e Yemima Ben-Menahem riassume in sintesi un processo irreversibile, che non può essere descritto attraverso la meccanica classica newtoniana ripetitiva e reversibile, ma attraverso la termodinamica. La termodinamica è la scienza che studia le trasformazioni di energia in lavoro e i processi di dissipazione della stessa, il passaggio dall'ordine al disordine e i moti molecolari, ecc. Tutti i sistemi sono sistemi termodinamici, secondo la formulazione del chimico-fisico Ilya Prigogine, premio Nobel del 1977, che ha formulato "la teoria delle strutture dissipative o Termodinamica di non equilibrio". Possiamo tradurre la parola entropia con "evoluzione verso il disordine" o "con dissipazione dell'energia e della materia".

1. Che cosa c'entra questo principio della fisica con il prof. Mario Monti, esperto in tecnica bancaria?

La risposta è molto semplice: la crisi che stiamo vivendo è il prodotto di un'enorme massa finanziaria che raggiunge dodici volte l'economia reale. L'economia reale scambia merci contro denaro o contro un suo equivalente. L'economia finanziaria si sta impadronendo dell'economia reale e degli Stati.

22 Settembre 2016

Basso merito, zero ambizioni

Questo editoriale è apparso sul Corriere della Sera del 21 maggio scorso.

di Giuseppe De Rita

C'è stato un tempo felice in cui tutto il corpo sociale viveva di impulsi politici. Dalla fine della guerra fino al crollo della Prima Repubblica la vita di tutti era segnata dal primato della politica: dal primato delle grandi ideologie dell'epoca (comunismo, liberismo, corporativismo, dottrina cattolica); dal primato della dialettica fra i sistemi geopolitici (mondo occidentale, mondo arretrato, Paesi cosiddetti non allineati); dal primato anche quotidiano di scontri sociali e mobilitazioni di classe. Tutto era politica.

Ma, al di là della forte ruvidezza conflittuale di quegli anni, la politica non ci dispiaceva, perché ci trasmetteva un messaggio comune: crescete, andate avanti, salite la scala sociale, diventate altro da quello che siete. Ci spingevano a tale dinamica coloro che esaltavano le lotte operaie come coloro che coltivavano l'ampliamento del ceto medio; coloro che speravano nella potenza politica dei braccianti come coloro che trasformavano i braccianti in coltivatori diretti, cioè in piccoli imprenditori; coloro che spingevano per dare spazio a più ampie generazioni studentesche come coloro che coltivavano le alte professionalità industriali; coloro che predicavano il politeismo dei consumi come coloro che richiamavano alla sobrietà dei comportamenti. Gli obiettivi e i conflitti della politica erano tanti, ma l'anima era unica: «Crescete e salite i gradini della scala sociale». Ed era verosimilmente per questo incitamento alla mobilità che la politica piaceva.

21 Settembre 2016

Una crisi lunga dieci anni, un laboratorio sul presente

The battle of Rome... (2)

di Silvano Falocco *

(20 settembre 2016) L'esperienza amministrativa capitolina va considerata, a tutti gli effetti, un vero e proprio laboratorio. Non un laboratorio, come sarebbe facile credere, delle ambizioni di governo del M5S, qui messe duramente alla prova da un surplus di approssimazione e autolesionismo, che non era facile immaginare. Si pensava, infatti, che l'esito scontato della prova elettorale avesse dato il tempo a tale forza di organizzare, meglio, la propria squadra di governo e il proprio gruppo dirigente. Ma, forse, anche se il tempo a disposizione fosse stato il doppio o il triplo, gli esiti non sarebbero stati granché migliori di quelli attuali.

E qui arriviamo al motivo per cui tale laboratorio è veramente interessante: stiamo infatti assistendo alla sperimentazione della capacità di governo della complessità da parte di “organizzazioni politiche moderne” costruite - e qui i partiti si somigliano in modo preoccupante - sulla base di un processo, allo stesso tempo, di verticalizzazione (il leader, il cerchio magico, il premier, il governatore, il sindaco) e restrizione della base militante (sezioni inesistenti, assenza di luoghi di riflessione ed elaborazione, sovrapposizione tra eletti e dirigenti di partito). Tali esperienze - come un iceberg che innalza la propria cuspide e restringe la propria base - si mostrano, alla prova dei fatti, inadeguate, fragili e fortemente instabili.

18 Settembre 2016

Migranti e sinistra

di Roberto Pinter

(18 settembre 2016) I flussi migratori sono uno dei processi che più incidono non solo sull'apertura/chiusura dei confini degli Stati e sulla rinascita dei nazionalismi ma anche sul l'orientamento politico e sui comportamenti dei cittadini. Il fatto che questi flussi non seguano poi la domanda del mercato del lavoro e che assumano un'evidenza e un'emergenza pubbliche intrecciandosi con la minaccia terroristica rende ancor più pesanti le conseguenze. Chi ne paga il prezzo più alto come cambiamento culturale e anche elettorale è la sinistra, che vede proprio nei suoi strati operai e popolari la migrazione verso orientamenti nazionalisti, leghisti o populisti che giocano sull'ambiguità (vedi anche i 5 stelle).

 

12 Settembre 2016

The battle of Rome… (1)

Registro che la crisi del Comune di Roma tende ad attraversare molti dei nostri momenti di conversazione e che tale dibattito va assumendo, come spesso accade, i caratteri manichei di un pregiudizievole pro o contro. Convinto peraltro del fatto che le vicende che si susseguono nella capitale ormai da qualche anno abbiano una valenza che ne travalica i confini, ho pensato di riprendere in questo spazio di pensiero le voci più interessanti che trovo (o che vorrete segnalarmi) attorno alla questione. Iniziamo dunque con questo intervento di Federico Zappini (dal blog https://pontidivista.wordpress.com), cui farà seguito Silvano Falocco, anomatore a Roma della scuola di politica Danilo Dolci.

di Federico Zappini

(10 settembre 2016) Mi sono tenuto alla larga dal “dibattito” attorno alle vicissitudini della Sindaca Virginia Raggi, ma l’amico Alberto mi ha regalato un’immagine così meravigliosamente nostalgica e irriverente per non condividerla. Sulla proprio non efficace azione di governo del M5s in questi giorni si è fatta un sacco d’ironia (come è giusto che sia, ci mancherebbe) e si è segnalato come a scricchiolare sia l’intera impalcatura del modello che la coppia Grillo/Casaleggio aveva immaginato per il proprio movimento politico. Un modello pieno di contraddizioni – che non starò qui a elencare – ma che ha avuto l’innegabile intuizione di interpretare  la crisi e l’insufficienza conclamata della democrazia rappresentativa non come un passaggio transitorio ma come di lungo periodo, tentando di costruire una possibile alternativa ad essa. Dove questa ipotesi abbia portato (qualche verifica la si può avere sul campo, e non è certo confortante) e dove porterà (la situazione è fluida, quasi gassosa, non solo dentro il Movimento) non è dato saperlo con assoluta certezza.

Mi sento però di condividere tre spunti di ragionamento, tra loro concatenati, che spero aiutino a capire quali sono – a mio modo di vedere – le questioni che si dovrebbero salvare dal marasma di queste giornate.

10 Settembre 2016

Spagna ingovernabile, verso nuove elezioni?

Da quasi un anno il Paese iberico vive un'impasse politica di cui non si vede la fine. Dopo la bocciatura in Parlamento di Rajoy, leader di un partito colpito da continui scandali di corruzione, tra rabbia e stanchezza si attendono le regionali in Galizia e nei Paesi Baschi per capire se ci sono alternative a un nuovo voto, il terzo in dodici mesi. I possibili scenari.

di Steven Forti *

Quasi un anno senza Governo. E con poche prospettive di averne uno a breve. Questa è la situazione politica spagnola dopo due tornate elettorali che, pur avendo modificato notevolmente il panorama politico del paese, con l’ingresso nelle Cortes di Madrid di Podemos e Ciudadanos, non hanno però permesso che il cambiamento tanto annunciato si concretizzasse in un’opzione di governo. Il bipartitismo del Partido Popular (PP) e del Partido Socialista Obrero Español (PSOE), che sembrava ferito a morte, regge ancora, ma non ha più i numeri per gestire il paese.

Stallo. Impasse. Queste sono le parole che si ripetono quotidianamente, dal 20 dicembre scorso, nei programmi televisivi, sui giornali, nei bar e nelle strade di una Spagna che sta vivendo una situazione inedita. E che sempre meno persone riescono a capire. C’è stanchezza. Molta. E c’è rabbia nei confronti di una classe politica, sempre più colpita da casi di corruzione, incapace di trovare una via d’uscita credibile. Una rabbia che però difficilmente si tradurrà in partecipazione, come è successo con la nascita di Podemos o delle candidature municipaliste che stanno governando a Barcellona e Madrid, sull’onda lunga del movimento degli indignados. Questa nuova rabbia, mista a stanchezza e impotenza, potrebbe invece convertirsi in un crescente distanziamento dalla cosa pubblica di una parte considerevole della popolazione – in primis i giovani – che porterebbe l’astensionismo – soprattutto a sinistra – a livelli mai visti in caso di terze elezioni. Se ne è avuto un assaggio nei comizi del 26 giugno, quando Unidos Podemos ha perso oltre un milione di voti rispetto a dicembre.

8 Settembre 2016

L’ultimo saluto a Ferdinando (Mario) Tonon

(7 settembre 2016) Oggi abbiamo dato l'ultimo saluto al compagno Ferdinando Tonon (Mario). Se ne è andato a novantasette anni da un mondo che non era più il suo e al quale aveva dato abbastanza, come a dire che la natura sa il fatto suo e ti accoglie con la tenerezza che si conviene alla tua fragilità. Per parte nostra non ci rimane che ringraziarti per quello di cui ci hai fatto dono con il tuo impegno e la tua vita. Ed un augurio che oggi tutti i presenti hanno fatto proprio...

 

«Che là, in qualche luogo

che non sappiamo immaginare,

tu possa ritrovare

i tuoi vecchi compagni,

che tu possa ancora discutere

con loro con la passione

che ti ha sempre accompagnato,

che tu possa coltivare per noi

una nuova vigna».