23 Gennaio 2017

Bauman, un maestro di vita

di Riccardo Mazzeo *

Zygmunt Bauman non era soltanto un pensatore immenso, ma anche, e direi più ancora, un maestro di vita. Personalmente, se nel 1992 non avessi letto Modernità e olocausto, sarei rimasto invischiato in prospettive proustiane e lacaniane fertili, senza dubbio, ma monche, prive di quell’interdipendenza che è condicio sine qua non del nostro essere nel mondo.

Conobbi Bauman, dopo aver letto una quantità di suoi libri, nel 2006 al Festival dell’Economia di Trento. Con la Erickson avevo pubblicato un libro di Keith Tester, Il pensiero di Zygmunt Bauman, che andai a consegnargli sul palco dopo la fine della conferenza. Lui vide la sua faccia sulla copertina del libro, lesse, soprattutto, il nome del suo allievo talentuoso che aveva scritto il testo, e mi diede immediatamente telefono e indirizzo e-mail che diedero la stura alla nostra conversazione durata per tutti questi anni. Poiché l’editore Laterza, avendo tradotto quasi tutti i suoi libri, aveva il diritto di prelazione sulle opere che lui avesse pubblicato per Polity, il suo editore inglese, Bauman nel 2007 mi spedì il testo di quattro conferenze che aveva tenuto e mi disse che, se lo avessi voluto, avrei potuto realizzarne un libro. Uscì così per Erickson Homo Consumens.

12 Gennaio 2017

… e nemmeno un rimpianto

 

Sono trascorsi diciotto anni da quel giorno pieno di neve quando, mentre salivo per la val di Non per un incontro con gi studenti di Cles, arrivò alla radio la notizia che non avrei mai voluto ascoltare. Il fatto è che Faber era presente al proprio tempo come solo i poeti sanno essere. Si era presa questa responsabilità, aiutando ciascuno di noi ad alzare lo sguardo, ed ogni volta sapeva stupire. Per questo avverto la sua mancanza, anche se le sue parole ancora mi scaldano il cuore come la prima volta che le ho ascoltate.

 

https://youtu.be/2kNwJX6E7pE

 

 

7 Gennaio 2017

Una giovane stella del jazz

Un piccolo omaggio al maestro Paolo Conte che ieri ha superato la soglia degli ottant'anni. E un grazie di cuore per queste atmosfere che ci raccontano di un tempo che non c'è più.

https://youtu.be/3Git6zlkVaA

 

Diavolo rosso

Quelle bambine bionde
con quegli anellini alle orecchie
tutte spose che partoriranno
uomini grossi come alberi
che quando cercherai di convincerli
allora lo vedi che sono proprio di legno

Diavolo Rosso dimentica la strada
vieni qui con noi a berti un'aranciata
controluce tutto il tempo se ne va

2 Gennaio 2017

Non c’è neve, ma occorre parlarne…

(17 dicembre 2016) La presentazione del libro di Giancarlo Riccio “Vassalli, il Sudtirolo difficile” è stata davvero una gradevole conversazione non soltanto sull'opera dello scrittore piemontese dedicata a questa terra (Sangue e suolo, 1985 – Il confine, 2015) recentemente scomparso, ma anche sulla necessità di raccontare la storia di una regione andando oltre le due narrazioni “dominanti” che la politica vuole tenere separate, sui muri culturali e sociali che ancora incombono in Alto Adige/Südtirol e infine sui luoghi comuni con i quali si guarda dall'Italia a questa regione di confine.

A parlarne nell'incontro promosso dall'associazione “territoriali#europei” presso il Cafè de la Paix a Trento, insieme all'autore, il senatore Francesco Palermo e il direttore delle edizioni locali del Corriere della Sera Enrico Franco intervistati da Stefano Fait (nella foto, sotto l'immagine di Alda Merini), anch'egli autore di un saggio di qualche anno fa dal titolo “Contro i miti etnici”.

Sebastiano Vassalli è stato uno scrittore certamente controverso, ma che aveva dalla sua un tratto niente affatto banale, quell'onestà intellettuale che gli ha permesso di scrivere nell'arco di trent'anni cose molto diverse – e dunque di cambiare idea – senza mai farsi arruolare da chi lo avrebbe voluto schierare in una delle parti in causa.

2 Gennaio 2017

Occupare e occuparsi di S.Chiara

Riprendo dal blog dell'amico Federico questo stimolo al confronto su un tema che sento, come persona che promosse nel 1975 l'occupazione del Santa Chiara, molto vicino e attuale, tanto sul piano della creazione e valorizzazione degli spazi di vita comunitaria nella città di Trento, quanto su quello del rapporto fra cultura della legalità e processi di cambiamento. Con l'impegno di scriverne nei prossimi giorni. (m.n.)

di Federico Zappini *

Quello che segue è da ritenersi come un documento aperto, che aspetta e ha bisogno delle modifiche e delle aggiunte di chiunque voglia partecipare alla co-progettazione degli spazi dell’ex-S.Chiara e che ritenga che il modo migliore per farlo sia quello di favorire un lavoro collettivo di raccolta ed elaborazione di idee. Rimango a disposizione (via telefono, e.mail, Facebook, Twitter e soprattutto di persona) per capire come sia meglio proseguire su questa strada. Prima scadenza il prossimo 13 gennaio, giorno in cui presentare il documento frutto dell’impegno di un gruppo il più possibile vasto.

Il 14 giugno 1975 centinaia di cittadini e cittadine decidevano di occupare il parco e le strutture dell’ex-complesso ospedaliero Santa Chiara, a Trento. Lo facevano – in un periodo certamente movimentato dal punto di vista politico e sociale – nel tentativo di impedire che il previsto riordino urbanistico della zona cancellasse spazio verde ed ex ospedale trasformando la destinazione d’uso di quello che successivamente (grazie a fondi provenienti dalla Presidenza della Repubblica) sarebbe diventato – pur in maniera mai del tutto completa – uno dei presidi culturali maggiormente utilizzati e riconosciuti dalla cittadinanza. La storia diede ragione all’azione di protesta – durata più di un mese – e certificò l’urgenza, espressa dai cittadini, di voler essere protagonisti nella definizione delle strategie per l’utilizzo e la gestione degli spazi pubblici della città.

27 Dicembre 2016

Sindrome da rivincita?

Con l'avvio del nuovo anno anche una nuova rubrica in questo che vuole essere uno spazio di pensiero aperto al contributo di tutte le persone che hanno a cuore il presente ed il futuro della politica trentina e non solo. Un invito, dunque ad utilizzarlo...

 

(27 dicembre 2016) Il detto popolare “non svegliare il can che dorme” bene si attaglia alla pattuglia degli iscritti al PD del Trentino che hanno messo nero su bianco la richiesta ai garanti di intervenire disciplinarmente su esponenti del PD con cariche pubbliche che si sono espressi per il No alla controriforma costituzionale.

Comprensibile la preoccupazione del segretario provinciale Gilmozzi che, non vedendo l’ora di andare oltre la vicenda referendaria per affrontare i nodi strutturali del partito sia in sede locale che nazionale, ha consigliato ai sostenitori del Si di abbassare i toni. Roba da congresso, dichiara Gilmozzi, il dibattito sulle linee strategiche: una verità lapalissiana, specie alla luce dei nodi sempre più ingarbugliati delle vicende regionali e non solo.

Questioni rinviate alle calende greche, a partire da quella dell’assetto del partito: Federato al partito nazionale (una minestra riscaldata) o soggetto autonomo legato a Roma da un patto, come prevederebbe l’impianto federalista dello statuto? Senza questa scelta convinta di radicamento territoriale il partito non ha futuro.

24 Dicembre 2016

Natale in tempo di guerra: la lezione del passato

di Paul Renner *

Viviamo un Natale in tempo di guerra. Non ce lo fa pensare solo il recente attentato di Berlino ma anche il ricorrente appello di papa Francesco. Quando venne ucciso padre Jacques a Rouen nel luglio scorso, a chi gridava alla guerra di religione, il Papa rispondeva che in realtà la Terza guerra mondiale è già iniziata. Solo che non si tratta del «classico» conflitto per motivi politico-ideologici, quanto per fini economici, ovvero per il controllo delle risorse più preziose, come acqua, petrolio e gas.

Questo Natale di guerra, segnato da paura e incertezza, ci fa tornare in mente altri periodi similari della storia recente. Anche nel 1916 ci fu infatti un Natale in tempi terribili. Si era appena celebrata la Strafexpedition austriaca e i morti non si contavano. I vivi erano costretti nelle trincee di alta montagna, afflitti da pericoli, gelo e malattie. Eppure di quel Natale abbiamo anche testimonianze positive. Sull’Ortigara i soldati italiani chiesero e ottennero dai «nemici» austriaci di poter consegnare della posta alle proprie famiglie che vivevano dietro il fronte ostile e furono accontentati. Tutti vennero però puniti dai superiori per «collaborazionismo con il nemico».

22 Dicembre 2016

Educarsi alla resilienza.

Resilienza e mutualismo. Una sfida territoriale lanciata durante la seconda Scuola di Resilienza

di Federico Zappini e Flaviano Zandonai

Partecipare a una scuola significa educarsi. Vien da sè che l’approfondimento proposto da RENA interroghi il territorio che ospita la Scuola di Resilienza rispetto al proprio presente e, soprattutto, nella descrizione del proprio futuro. Ecco quindi la domanda da cui nasce la nostra riflessione. Cosa significa (o cosa comporta) educare il Trentino – inteso come contesto ambientale, istituzionale e comunitario cioè persone, territorio e organizzazioni – alla resilienza? Proveremo a rispondere “giocando” con alcune questioni legate all’ttualità economica e istituzionale di questo territorio. Temi locali, ma generalizzabili – con i dovuti aggiustamenti – ad altri contesti.

21 Dicembre 2016

Caro Poletti, Lei si deve vergognare

di Steven Forti*

«Caro ministro Poletti,

sono davvero indignato per le Sue parole riguardo alle migliaia di giovani italiani che vivono all’estero: “conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi". Non so che persone conosca sinceramente, mi piacerebbe me lo spiegasse guardandomi negli occhi.

Un ministro non può, né deve permettersi di rivolgersi con tale arroganza e cafonaggine a chi ha abbandonato, per volontà propria o per necessità, il proprio paese perché questo non ha saputo dargli la possibilità per realizzarsi o, ancora più semplicemente, per vivere dignitosamente. Ancora più visto il ruolo che Lei ricopre e viste le Sue responsabilità rispetto all’attuale situazione del mondo del lavoro in Italia: oltre a dimostrare un minimo di rispetto, dovrebbe preoccuparsi di questa continua emorragia di giovani in un’Italia sempre più vecchia e, ormai da anni, stagnante economicamente e culturalmente. Sono centinaia di migliaia i giovani che hanno lasciato il nostro paese per cercare un lavoro e un futuro altrove.

11 Dicembre 2016

Tra referendum e crisi della città. «La periferia? Contemporaneità»

Tra il voto del referendum e la crisi delle città (Trento, Torino, Roma) esiste un minimo comune denominatore. E va rintracciato in quelle che Ilda Curti, ex assessora all’integrazione e alla rigenerazione urbana di Torino, ha chiamato «linee di crescenza». Sono gli spazi inter-medi dove si muove una socialità molteplice, che produce nuove culture e anche conflitti negativi («Perché la periferia è contemporaneità»). È la parte di società dove la politica si è ritratta.

 

10 Dicembre 2016

La saggezza del proporzionale contro l’avventurismo politico

Riforma elettorale. Proprio perché governare oggi è questione tremendamente spinosa, è davvero illusorio che lo si possa fare attraverso marchingegni elettorali senza un consenso reale alle spalle. Una soglia al 4% può garantire articolazione senza provocare frammentazione

di Antonio Floridia

(9 dicembre 2016) Ma il «ritorno al proporzionale» è davvero una iattura, un’altra delle catastrofiche conseguenze del referendum, come sostengono pigramente alcuni commenti che ripercorrono i peggiori luoghi comuni del recente passato?

Nulla di tutto questo: tornare a votare con una legge elettorale proporzionale si configura oramai come una condizione, necessaria anche se certo non sufficiente, perché si possa sperare di porre un argine alla crisi della democrazia italiana.

Non solo: tornare al voto con un sistema proporzionale si rivela, a ben guardare, come la risposta più saggia alla situazione creatasi come conseguenza dell’avventurismo politico di Renzi. Le ragioni che depongono a favore di questa scelta sono molteplici e si possono riassumere così: ridare la parola alla politica.

10 Dicembre 2016

Cerchi magici e personalizzazione sono falliti

«Così lontane, così vicine». Roma, Torino e Trento a confronto in un interessante dibattito venerdì sera a Trento.

di Erica Ferro, Corriere del Trentino

A pochi giorni dall’esito della domenica referendaria, impossibile non riflettere sullo stato dell’arte del pensiero e dell’azione politica. Quella che affonda le sue radici nella storia del Novecento, in particolare, pare aver esaurito le sue chiavi di interpretazione. «Le nuove generazioni non vedono nella politica un luogo di cambiamento delle loro condizioni o del contesto in cui vivono» osserva Ilda Curti, per dieci anni assessora alla rigenerazione urbana del Comune di Torino. «La promessa di svecchiamento e cambiamento, interpretata poi attraverso cerchi magici, personalizzazioni e poco altro, ha creato un’attesa talmente forte che il suo fallimento ha dato luogo a una risposta che solo un Paese cieco può non vedere» commenta invece Silvano Falocco, direttore della Fondazione Ecosistemi e coordinatore della scuola politica Danilo Dolci di Roma.

Sul «vuoto di immaginazione della politica» attraverso la metafora della «crisi delle città» si confronteranno entrambi oggi pomeriggio alle 18, al Centro di formazione alla solidarietà internazionale, insieme a Federico Zappini dell’associazione «territoriali#europei» (modera Simone Casalini, caporedattore del Corriere del Trentino).