8 Agosto 2018

Lo storytelling del rancore prodotto dalla crisi politica

 

di Aldo Bonomi *

(4 agosto 2018) Il salto d’epoca, il salto di paradigma, l’epoca dei flussi, muta profondamente le culture, le società e le economie dei luoghi e scompagina la composizione sociale. Lasciando sul territorio tanti che subiscono il cambiamento in un’anomia che altro non è che l’incapacità di tradurre la modernità in valori socialmente condivisi per ri-costruire comunità.

Nella composizione sociale prende corpo una moltitudine che altro non è che la dimensione di massa senza più il sistema ordinatorio delle classi, nella crisi del welfare senza ascensore sociale o conflitto per cambiare, nell’epoca dell’individualismo compiuto e dell’egologia dove «uno vale uno».

Un sociologo ben più autorevole di me l’ha definita la «società liquida». Direi oggi liquidità al mercurio, simbolo chimico del rancore sfuggente e molecolare, visti i tempi che attraversiamo. A questa dimensione pre-politica occorre guardare per capire la crisi della politica, delle rappresentanze e della forma partito nate nel secolo breve. Forme sostituite nell’agone del consenso più che dalla visione della società che viene, dall’Adattivismo. Ci si adatta acriticamente al rancore spalmandosi come benzina propedeutica del consenso, troppo spesso, a proposito di Salvini, con il cerino in mano per mobilitarlo contro l’altro da sé o agendo sulle paure di diventare ultimi, senza porre la questione del come risalire nella scala delle disuguaglianze.

3 Agosto 2018

«Sicurezza», spunti di riflessione e nuovi desiderabili scenari

Un'intervista dal giornale online http://franzmagazine.com/
 
Le Edizioni Messaggero di Padova, hanno recentemente dato alle stampe "Sicurezza", di Michele Nardelli e Mauro Cereghini. Del tema e del libro parliamo con gli autori...

Il libricino in questione (agile nelle dimensioni, ma non “poco” nel contenuto) si presenta con un titolo che nel nostro tempo risuona ad ogni angolo e in ogni contesto: “Sicurezza”. Parola usata e abusata, essa richiama questioni che, per com’è e per come ce la vogliono fare intendere, ci toccano senz’altro da vicino e con urgenza. Per capire se questo sia vero, e in quale misura, gli autori Mauro Cereghini e Michele Nardelli ci offrono interessanti approfondimenti e spunti di riflessione.

L’immediatezza dello stile e le abbondanti “illustrazioni letterarie” rendono la lettura particolarmente gradevole, anche sotto l’ombrellone. Se da bambini, al ritorno del mare, ci sentivamo dire “Guarda come sei cresciuto!”, la lettura di questo saggio ci darà l’occasione per irrobustire la nostra consapevolezza di abitanti del pianeta…

31 Luglio 2018

Enrico Levati, disporsi alla meraviglia. Uno sguardo sui Balcani, fra passato e presente

Una giornata di riflessione in ricordo di un amico.

(Ottobre 2016) Sabato scorso si è tenuta al Castello vescovile di Albiano nei pressi di Ivrea una giornata di testimonianze e di pensiero in ricordo di Enrico Levati, un caro amico con il quale abbiamo condiviso innumerevoli iniziative di solidarietà e di cooperazione internazionale a partire dal comune impegno verso la tragedia che negli anni '90 sconvolse la Jugoslavia.

Enrico era uno straordinario tessitore di relazioni, in quella sfera nella quale riusciva ad includere con naturalezza la vita pubblica come quella privata. Uno spazio nel quale potevano trovare cittadinanza le tragedie del nostro tempo ma anche l'interesse per la vita delle persone che incontrava.

Ho conosciuto Enrico lungo le strade della solidarietà, nella reciprocità che impone di rispecchiarsi nell'altro, non un dare per ricevere ma quell'essere parte di un comune destino che ci inchioda alle nostre responsabilità. I ponti costruiti con le diverse sponde del Mediterraneo – che richiedevano attenzione e visione ben prima che la disperazione trasformasse questo mare nel cimitero che oggi conosciamo e che la paura e l'ossessione identitaria trasformassero la culla del nostro sapere nell'incubo dello “scontro di civiltà” – erano l'esito di una cooperazione diversa che non divideva il mondo fra donatori e beneficiari, ma che partiva dalla ricchezza dei territori, dalle persone e dalle loro esperienze di vita.

28 Luglio 2018

Il sogno e il drago

Mauro Cereghini, Michele Nardelli

Sicurezza

Edizioni Messaggero, Padova, 2018

 

 

di Micaela Bertoldi

 

 

Una riflessione a due voci, intrecciate l’una nell’altra senza possibilità di distinzione.

Un tema, la sicurezza, sviluppato all’unisono, all’interno di una spinta a restituire alle parole un significato. Gli autori ne hanno indagato la portata e anche gli scivolamenti semantici imposti dalla convenienza dei tempi, dall’uso politico e stereotipato della parola che fa leva sui timori diffusi.

Un tema/problema, quello della sensazione di non sicurezza, che sembra prevalere ai nostri giorni mettendo dietro alle spalle le grandi tensioni umanitarie e le ideologie forti del secolo scorso, miranti a società più giuste, animate da cittadini all’insegna dell’uguaglianza dei diritti.

Colpisce nel capitolo 3, a proposito di passato che non passa, la sottolineatura del peso dell’orgoglio bianco dei sostenitori di Donald Trump, maggioritari negli stessi Stati che nel 1861 videro la Guerra di Secessione, gli Stati di un’America profonda che si opponeva all’abolizione dello schiavismo. Oggi pare che le popolazioni di quei paesi si riconnettano allo stesso clima conservatore e razzista di quel tempo, decisi a non rinunciare all’uso incondizionato delle armi per ‘difesa’ di interessi privati. Armi che stanno generando vittime in continuazione, accrescendo l’insicurezza anziché garantire tranquillità.

24 Luglio 2018

«Sicurezza». Un libro politico.

di Silvano Falocco

(24 luglio 2018) Non cambieremo il nostro stile di vita. Ruota attorno a questa affermazione l’ultimo libro di Mauro Cereghini e Michele Nardelli, “Sicurezza”. La frase viene citata sia nella sua versione prepotente e imperialista di George Bush, che invocava una sua “non negoziabilità”, che in quella dei sopravvissuti agli attentati che vogliono resistere, con la vita, alla morte.

Sembra un collegamento improprio ma, a ben pensare, mostra una sua profondità. Lo stile di vita – quello che non vogliamo mutare – determina, nello stesso momento, progresso sociale e distruzione del pianeta, benessere e guerre.

21 Luglio 2018

«Sicurezza», la presentazione di Vita Trentina

«Pubblicato nella collana "Paole allo specchio" per i tipi delle Edizioni Messaggero Padova, il volumento appare agile, ma è invece, come l'ha definito con sintesi efficace Paul Renner, "un librone, un libro pesante". Perché propone un cambio di paradigma, un nuovo umanesimo capace di far propria la cultura del limite e la forza della nonviolenza».

Così scrive il settimanale "Vita Trentina" del libro "Sicurezza" nell'ampia cronaca della presentazione di venerdì scorso a Trento e che dedica agli autori Mauro Cereghini e Michele Nardelli un'intervista dal titolo "Impariamo a riprendere in mano le parole".

Il libro uscito la scorsa settimana - scrive il settimanale diocesiano - "arriva salutare", uno scossone in una società che "ha demandato la sicurezza nelle nostre città alle telecamere".

18 Luglio 2018

La nuova ossessione si chiama sicurezza

di Paolo Ghezzi *

L’ossessione sicurezza. Mondo, Italia, condominio. In una esistenza già iper-tecnologica, iper-garantita, iper-assicurata, ci opprime la necessità psicofisica di sentirci e dirci sicuri.

Michele Nardelli e Mauro Cereghini, che di Balcani e di promozione della cultura di pace ne sanno parecchio, partono dalle false sicurezze della Bosnia 1992 per iniziare il loro viaggio in questa parola che oggi è una delle più abusate sul mercato della politica. Il libro, “Sicurezza”, collana “Parole allo specchio”, edizioni Messaggero Padova, è stato presentato a Trento venerdì scorso 13 luglio.

«Qui non accadrà» dicevano a Sarajevo 26 anni fa, mentre apprestavano le trincee. E gli autori commentano: “Vediamo solo quel che vogliamo vedere. È così anche per l’insicurezza e la paura. Si è diffuso in modo quasi virale, sotto pelle, un sentimento di precarietà esistenziale, come vivessimo una costante minaccia personale e di gruppo. I dati indicano il progressivo calo dei reati in Italia, ma non lo si vede e si continua a chiedere più sicurezza”.

 

18 Luglio 2018

Paura e immigrazione, il contesto e qualche interrogativo.

L'intervento di Antonio Rapanà alla bella serata di presentazione del libro “Sicurezza” a Trento

di Antonio Rapanà

(14 luglio 2018) Permettetemi, innanzitutto, di ringraziare Michele e Mauro, per aver offerto a me e a tante altre persone l’opportunità di uscire dall’indignazione individuale, dall’afasia generata dal nostro sgomento, per farne un momento collettivo, sia pure embrionale, di riflessione. Li ringrazio, in particolare, per non averci comunicato pensieri e parole semplicistici e rassicuranti, tipo “a da passà ‘a nuttata”. Michele e Mauro ci sollecitano, piuttosto, a rivedere i ragionamenti, le modalità e le relazioni dell’accogliere.

Come tanti ho avvertito scoramento e spaesamento di fronte alla ferocia e all’aggressività della nuova classe politica e di un’opinione pubblica impoverita ed impaurita. Ho vissuto anch’io la paura e avverto il bisogno che essa sia capita e rispettata; ho imparato, quindi, a capire e rispettare le paure degli altri. Le paure degli stranieri in primo luogo ma, anche, le paure dei miei connazionali. La mia grande paura è che questa fase tormentata e confusa possa inghiottire anche il futuro.

 

18 Luglio 2018

Non farci inghiottire dalla paura

L'intervento di Antonio Rapanà alla bella serata di presentazione del libro “Sicurezza” a Trento

di Antonio Rapanà

(14 luglio 2018) Permettetemi, innanzitutto, di ringraziare Michele e Mauro, per aver offerto a me e a tante altre persone l’opportunità di uscire dall’indignazione individuale, dall’afasia generata dal nostro sgomento, per farne un momento collettivo, sia pure embrionale, di riflessione. Li ringrazio, in particolare, per non averci comunicato pensieri e parole semplicistici e rassicuranti, tipo “a da passà ‘a nuttata”. Michele e Mauro ci sollecitano, piuttosto, a rivedere i ragionamenti, le modalità e le relazioni dell’accogliere.

Come tanti ho avvertito scoramento e spaesamento di fronte alla ferocia e all’aggressività della nuova classe politica e di un’opinione pubblica impoverita ed impaurita. Ho vissuto anch’io la paura e avverto il bisogno che essa sia capita e rispettata; ho imparato, quindi, a capire e rispettare le paure degli altri. Le paure degli stranieri in primo luogo ma, anche, le paure dei miei connazionali. La mia grande paura è che questa fase tormentata e confusa possa inghiottire anche il futuro.

 

17 Luglio 2018

La storia la scrivono i vincitori… Ma chi ha vinto nella guerra dei dieci anni?

Intorno alla condanna di Mladic e al suicidio di Praljak

(questa riflessione è stata pubblicata contemporaneamente anche su www.balcanicaucaso.org)

 

di Michele Nardelli

(5 dicembre 2017) Spenti i riflettori sulla condanna all'ergastolo di Ratko Mladic tutto sembrava riprendere a scorrere nella “normale” indifferenza con cui si guarda a questa parte d'Europa che ci ostiniamo a non considerare tale. E a non capire, alternando reazioni all'emergenza e superficialità.

Non è stato infatti diverso nemmeno in larga parte dei commenti sulla condanna di quello che un tempo era il capo militare dei serbo-bosniaci, immortalato sul banco degli imputati all'Aja nei panni di un vecchio livido di rancore che – giustamente – finirà i suoi anni dietro le sbarre. Commenti in genere improntati a descriverlo come l'incarnazione del male, il malvagio della carezza al bambino di Srebrenica prima della mattanza o, per altri versi, ad indicarlo come il primo combattente contro lo stato islamico in Europa. Commenti che hanno sottolineato che prima o poi i responsabili sono chiamati a pagare per i loro crimini, in virtù del fatto che la storia la scrivono i vincitori. Ma se non fosse così?

Il dubbio si insinua dopo la vicenda che all'Aja ha visto per protagonista Slobodan Praljak. Quest'ultimo era meno noto del suo collega di mattanze con il quale – pur su un altro fronte – aveva in comune il delirio nazionalistico (in questo caso la “grande Croazia”), l'odio verso i bosgnacchi musulmani (partì da lui l'ordine della distruzione del “vecchio”, il ponte di Mostar) e le pratiche esoteriche e i riti cavallereschi come fu la fedeltà nibelungica per il Terzo Reich (in fondo il richiamo ai popoli celesti o le apparizioni di Medjugorje non sono poi tanto diversi). Il suo gesto di fronte alla condanna1 è l'epilogo di un rituale che lo vorrebbe consacrare come martire ed eroe.

Resta però difficile pensare a Mladic o Praljak nella parte dei vincitori. Proviamo allora a seguire un racconto diverso, fuori dal coro. Partendo da una semplice domanda: chi ha vinto nella “guerra dei dieci anni”? Se guardassimo con un po' di attenzione quel che è accaduto in quegli anni e nel dopoguerra, tanto in Bosnia come altrove (nei Balcani e non solo), la risposta appare piuttosto chiara. Hanno vinto loro, i criminali. 

17 Luglio 2018

Ripensare la politica in un viaggio verso il termine della notte

di Giorgio Cavallo *

 

Parte I

Una premessa

L’approfondimento politico gratuito non è oggi una attività che appassiona. Salvo qualche anziano pensionato, anche l’accademia gioca le proprie carte interpretative verso obiettivi pre definiti e finisce per diventare partecipe di pure lotte per la conquista o il consolidamento di poteri esistenti.

Pensare che oggi si possa ricominciare a fare politica come presentazione e verifica di strumenti interpretativi e modificativi dei rapporti sociali ed economici attraverso un percorso democratico, cioè con una partecipazione attiva del più ampio numero di soggetti possibili, è una chimera che sembra lontanissima.

Tuttavia diventa sempre più evidente la mancanza di una dialettica che ricerchi e indichi soluzioni interpretative nuove dei grandi e piccoli temi che l’umanità ha di fronte e che attualmente vengono gestiti dai rapporti di potere tra i sistemi istituzionali pubblici e privati che dirigono il mondo sulla base di forme di conoscenza e pensiero non più attuali. Siamo di fronte ad una digitalizzazione che sta stravolgendo ogni tipo di rapporto ma ancora una volta vediamo il tutto come una grande occasione di rinnovamento tecnologico capace di progresso e non come un terreno che obbliga a ripensare elementi costitutivi dei rapporti sociali ed economici.

15 Luglio 2018

Ecco perché il nazionalismo è una stronzata

 

Le parate di Danijel Subaši hanno portato la Croazia alle semifinali del Campionato del mondo. E smontato inesorabilmente le logiche e la retorica nazionalista. Un editoriale

di Ante Tomic *

Gli uomini delle Alpi Dinariche. Sono loro ad averci rovinati, ogni nostra disgrazia è dovuta a loro: padri emotivamente bloccati da impietosi sentimenti per ciò che è appropriato o meno, sempre attenti a ciò che la gente dirà, nella permanente paura che qualcuno al bar o alle partite si metta a ridere. Succede di tanto in tanto che capiti un pazzo figlio omossessuale o che la figlia si innamori di un serbo e che il padre - quel figlio o quella figlia - lo sbatta fuori di casa e, come si dice, ci metta per sempre una croce sopra. E anche se in seguito di solito tutto prosegue al meglio e quel figlio omosessuale diventa un riconosciuto medico o un famoso musicista, o il genero serbo risulti essere persona di valore e responsabile, marito fedele e padre gentile di tre meravigliosi bambini, il vecchio comunque continua a non parlare con loro. L'animale tace e soffre per il suo terribile fardello. Un immenso e duro ammasso d’iroso, ostinato, triste e vacillante, disperato amore gli grava sul petto come un’enorme pietra. Per anni gli ha compresso le costole e alla fine l’ha schiacciato del tutto. Muore quell’uomo di stupidità, solo con se stesso, senza nessuno dei suoi accanto, solo perché ha avuto paura dell’altrui cattiveria e scherno.