L’Autonomia per risanare il Paese
28 Ottobre 2012L’Ulisse venuto dai Balcani
30 Ottobre 2012Su tale punto bisogna essere chiari. Quale che sia il ruolo futuro di Dellai in campo nazionale, nessuno potrà aggrapparsi a tutele esterne se non si sarà capaci di esprimere, a livello provinciale, una classe dirigente all’altezza della sfida. L’Autonomia si può certo difendere anche da Roma, ma nessun fortilizio può resistere se diventa un avamposto degli uomini perduti.
Per questo, l’ultima cosa di cui ora c’è bisogno è il toto nomine che sta dilagando. O peggio, l’assunzione di scelte unilaterali. Sia perché nessuno ha il diritto di scegliere – con primarie o processi "unitari" interni a un partito – una leadership che, ora più che mai, deve essere "partecipata", sia perché proprio questa e la sequenza da invertire.
Non viviamo tempi da "normale amministrazione". E’ venuto a conclusione un ciclo della nostra Autonomia e, con esso, anche quell”ininterrotto aumento delle risorse che
consentiva il lusso di un modello di sviluppo economico tanto diffuso quanto despecializzato in cui, grazie all’ombrello di mamma Provincia, si notava l’assenza di un «mercato» in senso proprio. In questa crisi,il recente attacco centralista ha reso palese la fragile identità della nostra Autonomia, debole nella progettazione del proprio futuro (senza "anima") e chiusa in una difesa basata più sulle memorie del passato che sulla capacità d’innovazione.
Concepire l’Autonomia come innovazione costituisce, invece, non solo un modo migliore per sostanziarla, ma anche I’unico mezzo per difenderla efficacemente. Ciò significa avere una visione di quale debba essere il ruolo della Provincia autonoma nel futuro (nonché della relativa "tecnostruttura" amministrativa, delle tante derivazioni
esterne, dei tanti livelli istituzionali), quali alleanze territoriali debba. Sviluppare (non solo con il mondo tirolese), quale utilizzo delle competenze e in quali ambiti debba essere tatto, quale riforma dell’ente regionale debba essere elaborata a questo fine, quale riformismo "sostitutivo" e non più semplicemente "aggiuntivo"sia necessario mettere in campo.
Solo un grande dibattito su questi temi può censire le forze disponibili a un nuovo progetto e identificare le soluzioni possibili. Un confronto non chiuso all’interno dei
partiti, ma teso a rianimare le tante energie assopite all’ombra delle grandi culture del Trentino. Richiamando alla responsabilità quelle individualità della società civile che non possono fare gli spettatori di una fase politica storica come questa.
Si tratta, quindi, di aprire un "confronto d’idee" fra forze politiche e fra cittadini, dal quale possano emergete, alla fine, anche le persone che andranno a formare un nuovo
gruppo dirigente. A quel punto, avrà senso selezionare il nuovo candidato alla presidenza, discutendone le caratteristiche personali e politiche, e anche quelle del compito che sarà chiamato a svolgere. Verificando magari, allo stesso tempo, se nell’ambito della riforma istituzionale non si debba valutare (come impegno per la prossima legislatura) pure un riequilibrio dei rapporti tra esecutivo e legislativo, fra presidente e membri della giunta.
A quel punto, e solo a quel punto, avranno senso, anzi, saranno indispensabili, primarie vere, aperte a tutti quei cittadini che si saranno riconosciuti nel progetto per il Trentino del futuro.
* Mario Raffaelli, già parlamentare e sottosegretario di Stato
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Il difficile sentiero indicato da Mario Raffaelli é l’unico percorribile;siamo giá in forte ritardo rispetto alle scadenze del 2013, ma meglio tardi che mai, se il disperso e anemico ceto politico del centrosinistra trentino si decidesse adimboccarlo. Ne dubito assai: dal dettagliato non-verbale di Emanuele Curzel relativo all’ultima assemblea provinciale del PD risulterebbe prevalere l’immobilismo tattico.Va chiarito che per evitare anche per il Trentino un esito siciliano (centro-sinistra vincitore ma debole, destinato a gettare presto la spugna) la sfida da noi é quella di lanciare un sinistra-centro programmaticamente forte in grado di arginare la crisi dell’autonomia. Lo schema, con semplificazione calcistica, dovrebbe passare da centrosinistra autonomista a vera comunitá autonoma con parole d’ordine inequivocabili sul cambio di indirizzo rispetto al modello di sviluppo (il nome di Walter Micheli ricorda qualcosa?). Perché se ció non si realizzerá torneremo come in Trinacria ad essere volgo disperso che nome non ha. Pensare che possa nascere dal solo centro ex-degasperiano, oggi affetto da strabismo nordista, il futuro salvatore della piccola patria trentina é pura illusione. Se Raffaelli si facesse promotore di una ricomposizione del frammentatissimo quadro trentino….