La Politica è amare un uomo che ancora non è nato
1 Febbraio 2019Soprattutto il vento
12 Febbraio 2019Ma anche Via Campesina Internazionale, un movimento mondiale di 2.000.000 di piccoli contadini lo ha rifiutato, scrivendo: «il GCM propone di disciplinare e organizzare la migrazione per servire gli interessi degli Stati e dei loro veri proprietari, le società transnazionali e il capitale finanziario».
In questo enorme caos e nella crisi irreversibile degli Stati Nazione e di Unioni Politiche mai decollate come la UE, in molti ci sentiamo inadeguati e confusi. A confortarci e darci speranza è arrivato il 14 Dicembre 2019 il discorso della quindicenne svedese Greta Thunberg ai partecipanti alla COP 24, che concludeva dicendo «Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene al popolo». Greta ha poi replicato davanti ai “potenti della Terra” del Forum di Davos il 22 gennaio 2019 affermando che: «Non voglio la vostra speranza, voglio che siate in preda al panico e che agiate. Perché la nostra casa, la Terra, sta bruciando».
Da allora “scioperi climatici”, School Strike for the Climate, manifestazioni di migliaia di giovani si svolgono ogni venerdì in tutta Europa, con lo slogan Fridays for future (“venerdì per il futuro”), in vista del Global Climate Strike, la marcia internazionale per il clima del prossimo 15 marzo.
Per ritrovare anche noi, almeno la rotta, ci necessita una minima analisi in comune, anche a noi che viviamo in Italia, un paese in perenne servitù militare ed esposto come pochi per la sua posizione, una penisola nel Mediterraneo, di fronte all’Africa e a lato del Medio Oriente.
Per condividere una analisi è meglio partire dai valori comuni, la pace, la difesa della vita, la libertà ed eguaglianza, accantonare le vecchie etichette, e valutare la realtà e i numeri che la definiscono. Per fare questo e arrivare a una breve sintesi, devono necessariamente lavorare insieme, umanisti e scienziati, storici, filosofi, bioeconomisti e biologi.
I politici di oggi, specie quelli istituzionali, difficilmente riescono a fare un’analisi concreta e convincente. I movimenti sono fondamentali, ma per la maggior parte sono diventati settoriali, convergono talvolta su obiettivi, ma non si delinea un progetto comune. L’errore dei nostri movimenti è, a mio parere, il non porre, come ideale e primo obiettivo comune, la pace, cioè l’eliminazione delle guerre dalla storia. Forse coltiviamo ancora l’idea della guerra giusta, della guerra come proseguimento della politica, l’illusione della guerra rivoluzionaria, l’ultima, la finale, quella che genererà una pace duratura.
Nel frattempo l’umanità sta facendo due grandi guerre in contemporanea: 1) la Grandissima Guerra fra gli uomini, cioè le 378 guerre in corso (che chiamiamo conflitti!); 2) una continua e spietata guerra alla natura negli ultimi 200 anni: una guerra che perderemo inevitabilmente, le “reazioni” di difesa, non di pazzia, della natura sono ormai più che evidenti. Forse si dovrà arrivare a una solenne e chiara sconfitta per ritrovare un po’ di umanità, cioè il senso della realtà e del limite.
Purtroppo quasi tutti noi, compagni di lungo corso, conosciamo poco della vita biologica; qualche anno fa il grande Giorgio Nebbia, a proposito di un certo tipo di ecologia (non solo di quella da salotto), disse che bisognava ricominciare dalle prime tre pagine dei libri di Biologia. Il magnifico articolo di Enzo Scandurra sul Manifesto del 15 Dicembre scorso, “la Bioeconomia e la legge che regola la vita”, ci spiega l’energia e l’entropia, ma molti di noi ne sanno poco o niente e pensano che queste non riguardano la riflessione politica e le nostre piccole lotte.
Mancando queste basi, alla fine accettiamo di fatto l’orizzonte di un riformismo senza riforme, che giustifichiamo per realismo, concretezza e partire dal territorio. Per spiegarmi voglio fare alcune considerazioni su come vengono analizzate e classificate le cause delle emissioni globali di gas serra e il conseguente riscaldamento globale, “La Grande Cecità” dell’umanità, una definizione di Amitav Gosh sempre più diffusa e condivisa.
Chi emette gas serra
Prima di COP 24 sono uscite le previsioni (rapporto Global Carbon budget 2018) sui dati di gas serra emessi nel 2018, un aumento record a 37,1 milioni di Tonnellate (+ 2,7%), a cui si devono aggiungere 5 miliardi di tonnellate di CO2 per la la deforestazione e il consumo di suolo.
I 10 maggiori Paesi per emissioni nel 2018 sono 1) la Cina con il 27% del totale, 2) gli Stati Uniti 15%, 3) la UE a 28 con il 10%, 4) India 7%, 5) Russia, Giappone, Germania, Iran, Arabia Saudita, Corea del Sud e Canada.
Analizziamo i dati della emissione di CO2 procapite in Tonnellate/anno (dati 2015 del Calendario Atlante De Agostini 2019): Qatar 45,4 Tonnellate/anno procapite; Kuwait 25,2; Arabia Saudita 16,85; Australia 15,83; USA 15,53; Lussemburgo 15,4; Canada 15,32; Russia 10,19; Giappone 8,99; Germania 8,93; Cina 6,59; Italia 5,45; India 1,58 … la Polonia 7.34, eppure, alla COP 24 di Katovice di pochi giorni fa, è stata dipinta come l’unico mostro del carbone, mentre la “Germania Verde” va ancora per ¼ a carbone….
Ecco i dati aggiornati per il 2017 del Report “Fossil CO2 emissions of all world countries” Joint Research Centre (Jrc) della Commissione Europea. Emissioni 2017 CO2 procapite negli Stati principali:
1. USA circa 15 Ton./pro capite / anno
2. Russia 12,3 Ton./pro capite / anno
3. Giappone 10,4 Ton./pro capite / anno
4. Cina 7,7 Ton./pro capite / anno
5. UE 28 7,0 Ton./pro capite / anno (ma i Paesi Bassi 10,3 e la Germania 9,7)
6. India 1,8 Ton./pro capite / anno
Questi dati pro capite vengono raramente divulgati, mai richiamati e considerati come punto di partenza delle trattative nelle varie COP. Pur tralasciando (non dimenticando!) il debito storico dei Paesi Occidentali ricchi per le emissioni di gas serra dell’ultimo secolo, questi dati pro capite sono l’unica base di partenza per arrivare a una concreta, condivisibile e giusta mitigazione del surriscaldamento globale.
Se anche i nostri movimenti non ripartono da questi dati è perché abbiamo accettato la sconfitta della battaglia per la “Giustizia Ambientale e Sociale”. Nel 2010 era nata in Italia RIGAS, la Rete Italiana della Giustizia Ambientale e Sociale, purtroppo diluitasi nel tempo, ma è da una nuova convergenza su questo slogan e da questi numeri che dobbiamo riorganizzarci e ripartire.
Quali prodotti sono la causa principale delle emissioni di GAS Serra
Numerose sono le classificazioni delle cause delle emissioni, ma praticamente tutte si basano sui SSettori, sull’uso dei combustibili fossili nei vari settori. La maggior parte di esse concordano su: Energia (industria, elettricità e calore) circa il 41%, Trasporti 28% circa, Agricoltura, allevamento e deforestazione 24%, ecc. Alla COP 21 di Parigi 2015, Via Campesina Internazionale (VCI) si mobilitò, con un bellissimo slogan: “I piccoli contadini possono nutrire il mondo e raffreddare il Pianeta”. Era un’analisi e una proposta nata alla luce dei dati di GRAIN, per cui il Cibo industriale è responsabile di circa il 44-57% dei Gas serra: https://www.grain.org/article/entries/5102-food-sovereignty-five-steps-to-cool-the-planet-and-feed-its-people
– Deforestazione 15-18%
– Agricoltura 11-15%
– Trasporti 5-6%
– Lavorazione Industriale e confezionamento 8-10%
– Refrigerazione e vendita al dettaglio (Retail) 2-4%
– Rifiuti 3-4%
Questo studio valutava i prodotti, non settori generici come industria o elettricità o trasporti, analizzava i percorsi di produzione, vendita e consumo, per cosa si usava l’elettricità, quali merci si trasportavano, ecc. Non erano quindi solo numeri diversi, ne derivavano proposte politiche differenti. Si poneva al centro una battaglia contro l’agrobusiness delle multinazionali, con una alleanza dei piccoli contadini con i cittadini, per riconvertire agricoltura e allevamenti e produrre cibo sano, sostenibile e il più possibile locale.
Era una lotta per la vittoria dell’Agroecologia, che significava l’obbligo di rifertilizzare la Terra, e bloccare da subito ogni altra deforestazione (Amazzonia, Indonesia, Congo ecc). Si raccontava ai cittadini, in gran parte consumisti e ignoranti della natura e della vita, che la Terra fertile contiene 12 volte la quantità di Carbonio che c’è in atmosfera, un Carbonio che viene liberato in atmosfera, quando la terra viene uccisa dalle monoculture intensive dell’agrobusiness (uso di pesticidi, fertilizzanti, allevamenti intensivi, allevamenti eccessivi nei pascoli, ecc.). Alla base c’era un’idea decisiva: che i piccoli contadini, oltre a produrre cibo sano, devono curare e rifertilizzare la terra, in molti luoghi ormai poco vitale o arida , anche per gli effetti del riscaldamento globale. Questa è la vera Economia circolare, ricollocare la CO2 nella Terra, non solo riciclare i rifiuti! I piccoli contadini devono essere remunerati anche per questa cura indispensabile del Pianeta, non solo per la produzione di cibo.
Nel 2015 a COP 21 Via Campesina è stata sconfitta, a Katovice la partecipazione di tutti i movimenti è stata minore, il suo slogan si è gridato più debolmente, ma è fondamentale riprenderlo, per una lotta globale per una reale mitigazione del riscaldamento globale. Dire “Cambiamenti Climatici” è sempre e solo fuorviante, il Global Warming è l’incubo reale!
La Grande Cecità e il riscaldamento degli Oceani e del Mediterraneo
La grande Cecità dell’umanità verso il riscaldamento globale è certamente indotta dalla droga dello sviluppismo capitalista, a cui siamo tutti soggetti, ma fa la sua parte l’assoluta ignoranza delle dinamiche del clima (non la meteorologia!).
Lo stesso Movimento dell’Acqua Bene Comune si è limitato alla difesa e condivisione dell’Acqua dolce, che è solo il 3% di tutta l’acqua del pianeta. Eppure il ciclo dell’acqua inizia dall’evaporazione del mare, che libera Acqua dolce.
Il global warming ha riscaldato i mari, determinando un’accelerazione del ciclo acqua, a partire da un’aumentata evaporazione del mare sempre più caldo, una forte diminuzione delle riserve di acqua dolce nei ghiacciai, un ritorno accelerato al mare, con una scarsità relativa di acqua dolce in molte regioni del Pianeta. Assai poco conosciuto è il ruolo fondamentale degli Oceani nel determinare il Clima, l’assorbimento della CO2 atmosferica nell’acqua marina e la sua metabolizzazione da parte del fitoplancton.
Finalmente, proprio negli ultimi giorni sono stati resi noti due importanti studi:
-
su Science “How fast are the oceans warming? Con che velocità si stanno scaldando gli Oceani?”
-
“Global reconstruction of historical ocean heat storage and transport “, una ricerca dell’Università di Oxford, pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences e citata dal quotidiano britannico Guardian, che ricostruisce l’accumulo di calore negli Oceani negli ultimi 150 anni.
Entrambi gli studi affermano che il 90-93% del calore è stato assorbito dagli Oceani che si stanno scaldando più velocemente del previsto con conseguenze devastanti.
Questa grande quantità di calore ed energia provoca l’aumento del volume delle acque marine, con il conseguente innalzamento del livello delle acque, a cui contribuisce lo scioglimento dei ghiacci, e rende più potenti e devastanti gli uragani.
La ricerca dell’Università di Oxford, considerando gli ultimi 150 anni, sostiene che il Riscaldamento degli Oceani è equivalente ad una bomba come quella di Hiroshima al secondo, ma il riscaldamento si è accelerato negli ultimi decenni, a causa dell’aumento delle emissioni di gas serra, e oggi equivale a 6 atomiche di Hiroshima al secondo. Per di più oggi gli oceani caldi si sono saturati, assorbono e metabolizzano poco o niente la CO2.
Si accenna spesso sui media all’innalzamento del mare, all’acidificazione degli Oceani, alla morte dei coralli, ai pesci tropicali che arrivano nel Mediterraneo, si lanciano appelli a non usare imballaggi in plastica per le enormi isole di plastica, per le microplastiche che poi entrano nelle catene alimentari. Tutto vero, ma bisogna far capire che è l’insieme della vita degli Oceani che si è alterata e i cambiamenti sono esponenziali, non lineari.
Nel libro “Il mondo alla fine del mondo”, Luis Spulveda definiva il mare “un ristagno di pace violenta che nonostante la sua capacità distruttiva, sopporta generosamente la debole e arrogante avventura umana”. Ma ora il mare non ne può più, non è una vendetta la sua, reagisce come fa il più grande e forte, quando il più debole si ostina a non capire. In particolare è preoccupante la realtà del Mediterraneo (un mare chiuso che, secondo il grande Giorgio Nebbia, si può definire un lago), un bacino che si è scaldato enormemente, in questi giorni la sua temperatura è ancora di oltre un grado sopra la media.
Dal 2013 registro dal sito di meteomar la T. del mare, ho iniziato dopo le alluvioni in Sardegna e a Genova (ripetutesi più volte). Queste alluvioni avvengono ad Ottobre-Novembre, quando la T. del mare è ancora oltre i 20 gradi.
L’Italia è una penisola fatta di colline 41,6%, monti 35,2%, solo il 23,2% è pianura, ma non partiamo da questo per le nostre analisi e proposte politiche e sociali, facciamo finta di essere la Germania continentale. Circolano 37-38 milioni di auto, anche molto vecchie e inquinanti, ma continuiamo a bucare le montagne, in una terra sismica, e fare autostrade. Abbiamo 7458 KM di coste marine, le Regioni italiane senza accesso al mare sono solo 5, Piemonte, Valdaosta, Lombardia, Trentino-Alto Adige e Umbria, con una superficie di 64.583 Kmq sui 302 mila totali dell’Italia, cioè poco più del 20% … Eppure trivelliamo il mare e progettiamo di farlo sempre di più.
Molti chiedono con forza di lasciare i carbonfossili sottoterra, ma si dimenticano di dire che bisogna lasciarli anche sotto il mare! E il mare reagisce e ci colpisce, con le onde e coi venti, che si rinforzano di energia a contatto col mare sempre più caldo. Non vengono colpite solo le zone costiere, è impressionante quello che è successo a novembre scorso nel Bellunese, dove gli antichi boschi sono stati massacrati dai venti a 200Km /ora di Scirocco, cioè dal vento della Siria, il settore più caldo del Mediterraneo. Gli “eventi estremi sono ormai normali”, ha ricordato Tonino Perna (Extraterrestre Dicembre 2018)
Ho tradotto in italiano il documento della FAO SOFA 2018 – Lo Stato dell’Alimentazione e Agricoltura – Migrazione Agricoltura e sviluppo rurale. E’ un documento molto interessante perché dimostra l’entità reale del problema: ben pochi sono i migranti internazionali e quelli che arrivano in Europa rispetto al miliardo di sfollati interni nei paesi in via di Sviluppo. Si parla anche di alcuni aspetti positivi della migrazione internazionale, ad es. le rimesse ai luoghi di origine. Si documenta il rapporto tra Migrazione e Agricoltura (migranti rurali) e la situazione più che allarmante, soprattutto in Africa.
Ma, mi sembra, nel testo si continua a proporre una modello di produzione di cibo non naturale, si tralascia di parlare di desertificazione da monoculture, di espulsione violenta dalle terre per l’estrattivismo, di land e water-grabbing (compiuti da alcune Nazioni – USA e Cina in primis, ma anche dall’Italia, da Fondi Pensione e Multinazionali), ecc.
Ho letto di recente uno studio condotto dal Global Cities Institute dell’Università di Toronto, con le previsioni su quali saranno le megalopoli del futuro, stilando una classifica delle 20 città più popolose nel 2100.
Nel 2050 l’urbanizzazione, oggi al 55%, arriverà al 68%. Il SudEst asiatico avrà un boom demografico che si concentrerà nelle città. In Asia si arriverà a 5,257 miliardi di persone, per poi diminuire nel 2100 a 4,780. Secondo le Previsioni 2017 dell’ONU, l’Africa, che nel 2017 aveva una popolazione di 1.256 miliardi di persone, nel 2050 raddoppierà a 2.525 miliardi di persone, per quasi quadruplicarle nel 2100: 4.468 miliardi, circa uguale a tutta l’Asia, su un totale mondiale di 11.184 miliardi di persone.
A partire dal 2075 le città africane diventeranno le più popolose al mondo. A questa data le città cinesi saranno escluse dalla classifica delle megalopoli mondiali. Nel 2100 tutte le megalopoli saranno concentrate in Africa, in India e nel sud est asiatico. Nessuna in Europa, Americhe o Cina. La città più popolosa sarà Lagos, in Nigeria, con 88 milioni di abitanti, ora 16 milioni circa. Al secondo posto Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, con 83 milioni di abitanti: oggi nove milioni. Al terzo posto Dar Es Salaam, in Tanzania, città costiera di 4,4 milioni di abitanti. Entro il 2100 la sua popolazione crescerà del 1588%, arrivando a 74 milioni di abitanti.
La ricerca spiega che la crescita esponenziale della popolazione delle città africane è determinata dalle migrazioni interne. Il 60% della popolazione africana vive nelle aree rurali e negli ultimi decenni si è registrata una migrazione costante dalle campagne alle aree urbane del continente. Quindi la migrazione dalle campagne, per l’espulsione e/o l’adozione di un’agricoltura intensiva “senza contadini”, è un problema centrale.
Io credo che l’umanità deve rifiutare queste previsioni dell’ONU, il determinarsi di tali mostruosità apocalittiche, come il formarsi di megalopoli del tutto incompatibili con la natura, la vita, la pace e qualsiasi dignità. Dobbiamo anche provare a rilanciare una bellissima intuizione di qualche anno fa, la costruzione della Sinistra Euromediterranea, allargata a tutta l’Africa e alla sua grande tragedia, partendo dalla analisi e il rapporto dei popoli con la Terra e i Mari.
* Comitato Amigos MST Italia