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Rilanciare l’anomalia politica trentina

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3 Comments

  1. Diego ha detto:

    noi ci stiamo e ci siamo.
    Cason Diego
    BARD Belluno

  2. Michele Nardelli ha detto:

    Caro Diego, verrei a Belluno (o dove volete voi) a scambiarci qualche pensiero. Mi chiami? Rispondo al 347 4098578. A presto.
    Michele

  3. Vincenzo Calì ha detto:

    caro Michele, concordo con la tua analisi. Non vedo grande attenzione al tema; nella sinistra sono tutti intenti a precostituire le condizioni per condannarsi alla marginalità. Invio al “Trentino” la proposta che segue.

    L’invito di Dellai dalle pagine del “Trentino” a trovarsi il 6 dicembre per un franco confronto sulle prospettive politiche (dove va il Trentino? È la domanda che tutti si fanno) non va lasciata cadere nell’indifferenza generale. L’analisi che Dellai fa è largamente condivisibile: accentramento statale, globalizzazione, smarrimento di quello spirito di comunità che all’avvio dell’avventura autonomistica trentina, negli anni sessanta, era stato mutuato dall’esperimento di Adriano Olivetti e aveva trovato nell’Università il suo punto di forza. Di quell’impostazione originaria, simboleggiata dall’apposizione sul palazzo di Piazza Dante della scritta “Provincia autonoma” e dalla separazione consensuale fra Trento e Bolzano, si sono visti i frutti, ma non vi è chi non ne vede oggi i limiti. Se si vuole ragionare di nuovo assetto istituzionale è bene verificare sin da subito se vi è una lettura condivisa del nostro passato e ancor più del nostro presente. Il territorio alpino geograficamente definito dai bacini dell’Adige, del Brenta, del Sarca e del Chiese, dallo spartiacque alpino fin là dove “i monti muoiono nella pianura”, a prescindere dagli attuali confini di Stato, è attraversato al suo interno da una frontiera linguistica che, pur con le inevitabili oscillazioni, vanta una vita bi millenaria. Ciò ha trovato nella formula della tutela esercitata dall’Austria riguardo ai diritti di autogoverno delle popolazioni che risiedono in quel territorio la presa d’atto, si spera definitiva, dell’esistenza di una regione europea che grazie alla convivenza fra diversi gruppi linguistici si pone come modello da proporre per le altre aree del continente con caratteristiche analoghe. In ciò sta il valore aggiunto di un’opzione federalista che permetta di mettere sullo stesso piano Stati, Regioni e municipalità, nel processo di costruzione dell’unione europea. Può un simile progetto prendere forma entro quella che istituzionalmente è oramai una camicia di Nesso, la Provincia come retaggio di antiche articolazioni amministrative? No di certo, ed è a Lorenzo Dellai che va riconosciuto il merito di aver lanciato con convinzione l’idea di comunità autonome, al loro interno articolate secondo consolidati usi e tradizioni, come nuova frontiera nella sfida fra una territoralità responsabile e una omologazione globale. Uscendo dalla lunga stagione, ormai conclusasi, che ha visto la questione regionale come un problema di rapporti fra centro e periferie tutto interno allo Stato italiano, in un’ottica autonomistica di tipo rivendicazionista da parte di popolazioni locali tese a strappare sempre nuove competenze allo Stato (a cui è spettato di fatto redigere gli statuti,con scarsa o nulla partecipazione popolare nelle scelte decisionali) è giunto il tempo della nascita di una nuova Regione Trentino-Sudtirolo attraverso un’assemblea costituente elettiva basata su principi autenticamente federalisti, realizzando così quel giusto equilibrio fra le istanze peculiari ai diversi gruppi linguistici e il più largo quadro (continentale, nazionale, locale) ancora in attesa di una Costituzione europea.Le fasi preliminari di questo processo dovrebbero prevedere la costituzione di un gruppo di contatto regionale (tedeschi, ladini, italiani) rappresentativo della consistenza dei diversi gruppi incaricato di seguire l’intero processo costituente, l’apertura di un tavolo con le attuali cariche istituzionali (Regione e Provincie) con cui confrontarsi sull’iter procedurale da seguire, un confronto con le forze politiche rappresentate nei diversi consigli e nelle comunità territoriali minori. Come primo atto, nell’occasione della chiamata a raccolta del 6 dicembre, non sarebbe male procedere ad una raccolta di firme in calce ad un appello per la nuova regione europea. Si realizzerebbe così il sogno dello storico sudtirolese Claus Gatterer, condiviso da spiriti progressisti di parte trentina: quello di costruire due case sotto lo stesso tetto, quello della democrazia europea.