Acqua, nucleare, legittimo impedimento. Spunti di riflessione.
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10 Giugno 2011Protezione civile, un tratto della nostra diversità
Qualche anno fa, i responsabili della ricerca sul "Quars", indice che analizza la qualità del vivere nelle regioni italiane sulla base di indicatori diversi da quelli tradizionali, mi chiamarono per chiedermi ragione del fatto che uno di questi indicatori, quello della partecipazione, risultasse in Trentino con coefficienti doppi rispetto alla Lombardia, che pure era la Regione meglio piazzata a livello nazionale. Risposi che questa difformità derivava dalle reti partecipative che il Trentino ha messo tradizionalmente in campo: mi riferivo all’associazionismo, alla cooperazione, ai cori, alle bande municipali, alla Sat e anche ai Vigili del Fuoco volontari. Questo tessuto, fatto di Comuni e volontariato, di autonomia e responsabilità, la tradizione di autogoverno e l’attitudine nel farsi carico, ha contribuito ad attenuare gli effetti dello spaesamento che pure toccano anche questa terra, sul piano dell’atomizzazione sociale, della solitudine e della paura.
E’ questa diversità l’oggetto dell’accanimento di una parte delle minoranze. Come ho avuto modo di dire durante i lavori della Terza Commissione Legislativa, quello di cui si sta parlando in questi giorni in Consiglio provinciale non è la legge sui Vigili del Fuoco e- per quanto sia importante il tema della sicurezza – nemmeno solo la Legge sulla Protezione Civile. Quella di cui si discute è la legge che valorizza il Trentino nella sua diversità: mettere a sistema il complesso di attività riconducibili alla Protezione Civile significa riconoscere uno dei tratti di qualità di questa terra.
C’ anche un’altra ragione per spiegare questo accanimento. Corrisponde ad un retro pensiero che di tanto in tanto emerge nelle conversazioni private: pensare che la Protezione Civile sia la "guardia personale" del presidente. Ridurre questo straordinario sistema partecipativo a strumento personale del presidente Dellai è avvilente, testimonia una visione miope e manichea della realtà trentina.
Parliamo di un sistema che già oggi viene studiato come punto di eccellenza, in Italia come in Europa. A questo proposito ho un preciso ricordo di quando, una decina di anni fa, andai a visitare il Parco nazionale dell’Aspromonte, su invito dell’allora presidente dell’Ente Parco, prof. Tonino Perna. Come è noto, il tema dell’attività anti-incendio in quel Parco è questione cruciale. All’inizio del suo mandato il prof. Perna venne in Trentino a studiare proprio la realtà dei Vigili del Fuoco volontari, a partire dalla necessità di promuovere il controllo del territorio da parte delle comunità locali. Era questa la chiave decisiva per la tutela del patrimonio forestale e così vennero coinvolti i dodici Comuni del Parco e le associazioni locali in un "Contratto di responsabilità dei territori". L’esito concreto fu che dai 1.000 ettari devastati di foreste ogni anno dagli incendi (quasi sempre dolosi) si arrivò ai 100 – 150 ettari, con una riduzione dell’85/90%.
Potremo definire questa legge come un contratto di responsabilità, che coinvolge – negli interventi come nell’attività di prevenzione – non meno di 11 mila persone, il cui apporto è professionale e volontario: parlo della Protezione civile, dei VVFF volontari e permanenti, dei Nuvola, della Croce Rossa, del Soccorso alpino, dei Psicologi per i popoli… Se a questi aggiungiamo le realtà associazionistiche come la SAT, in realtà questo numero cresce sensibilmente. Insomma, nel nostro sistema di Protezione civile coinvolte sono le comunità.
Eppure questa realtà, che ci viene invidiata da molte regioni, richiede oggi un salto di qualità. In primo luogo per mettere a sistema le diverse componenti della protezione civile e poi per qualificare ulteriormente gli interventi in relazione al mutare dei contesti. Perché già oggi abbiamo a che fare con una complessità che richiede un approccio interdisciplinare. Tanto per fare un esempio abbiamo sempre più a che fare con le conseguenze dei cambiamenti climatici, il che richiede una diffusa capacità di affrontare situazioni nuove, spesso inedite, nella gestione del territorio. E dunque aggiornamento e apprendimento permanente. Richiede insomma un’aggiornata cultura del territorio e della montagna. Andava in questa direzione il Disegno di legge "Integrazione della LP sulla Protezione Civile: prevenzione degli interventi da valanga" poi recepita nel testo della riforma.
E’ questo il tema, per certi versi cruciale, della formazione. Che un sistema tanto diffuso debba avere strutture formative sul territorio non ci piove. Che questa possa essere immaginata in rete con una dimensione nazionale, livelli che solo strumentalmente vengono contrapposti, per metterne in gioco l’autonomia, ci sta. Così come – visti gli interventi che la nostra Protezione Civile è chiamata a realizzare – deve essere adeguatamente attrezzata anche per gli interventi in altri paesi. E proprio in questa direzione va la proposta di emendamento che ho presentato affinché l’attività formativa si possa arricchirsi anche di un diverso sguardo internazionale.
Un altro nodo emerso nel confronto è quello del rapporto fra corpo permanente e volontari nella realtà di Rovereto. L’obiettivo era quello di mettere in moto un percorso virtuoso, che facesse emergere tutta la potenzialità del volontariato nella città della quercia. E la mediazione che si è proposta va esattamente in questa direzione
Infine una considerazione sull’iter legislativo di questo Disegno di Legge che oggi volge a conclusione. Della riforma della Protezione Civile se ne sta parlando dalla passata legislatura e che vi sia stata attenzione al tema lo dimostrano i sette disegni di legge presentati sull’argomento. Il lavoro in Terza Commissione è stato minuzioso, soprattutto nella fase di ascolto: ne è emersa la consapevolezza, l’orgoglio, la professionalità di soggetti che – nell’ambito del variegato mondo della Protezione civile e del volontariato sul piano del soccorso e della prevenzione e difesa ambientale, sono al servizio della nostra comunità. Sarebbe strano che non si evidenziassero anche contraddizioni , non mancano anche dinamiche corporative, ma nessuno può sottrarsi alle sfide del futuro, facendosene carico. Vi è stata in Commissione anche una significativa apertura verso le proposte dell’opposizione purché non venisse messa in discussione l’impianto della legge e la filosofia della riforma.
Governare dall’opposizione è un concetto a me caro, ma presuppone una dialettica vera, non la descrizione apocalittica del Trentino. Stiamo discutendo di una riforma su uno dei tratti di diversità di questa terra, la cui impronta non l’ha data né la maggioranza, né il PD del Trentino. L’hanno data gli elettori.