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La via dell’austerità
“Basta con l’Europa dell’austerità“: è un altro degli slogan che sembrano accomunare nella campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo uno schieramento politico trasversale. E’ necessario – si aggiunge – rilanciare i consumi perché solo così i paesi europei potranno uscire dalla crisi e sostenere una nuova fase di crescita e di sviluppo. La formula magica per l’Europa sarebbe il rilancio della spesa pubblica e di quella privata. Sul dove prendere le risorse la trasversalità svanisce.
Non sono, sia chiaro, contrario a politiche pubbliche a sostegno dell’economia, né com’è ovvio a tutelare le politiche di welfare, ma questo dovrebbe avvenire all’insegna della sostenibilità e della responsabilità, nel coinvolgimento delle comunità e nella riqualificazione degli interventi. Insomma, politiche che debbono essere ripensate, facendosi carico del carattere limitato delle risorse e del superamento della soglia della sostenibilità globale. Assumendo quel concetto di limite la cui assenza nel pensiero politico oggi rappresenta a mio avviso uno dei vuoti più vistosi nell’articolazione di un pensiero sul nostro tempo.
Già Enrico Berlinguer pose la questione dell’austerità come nodo cruciale per immaginare un nuovo equilibrio mondiale di fronte all’entrata in scena dei 2/3 dell’umanità condannati fino a quel punto all’esclusione. E’ interessante rileggere, a trentasette anni di distanza, le parole che propose a conclusione del convegno degli intellettuali (Roma – Teatro Eliseo, 15 gennaio 1977) e due settimane più tardi all’assemblea degli operai comunisti lombardi (Milano – Teatro Lirico, 30 gennaio 1977). Enrico Berlinguer poneva il tema dell’austerità come la necessità di un nuovo modello di sviluppo, “l’austerità – scriveva Berlinguer – è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione dei particolarismi e dell’individualismo più sfrenato, del consumismo più dissennato…‘. La questione morale s’intrecciava in queste parole con il progetto politico.
Come allora l’“austerità“ è diventata, nelle mani dei tecnocrati come dei gruppi dominanti, una clava rivolta contro i soggetti più deboli. Ciò non di meno il tema è più che mai cruciale. Se non vogliamo alimentare il processo di trasformazione delle persone in consumatori e “la moderna alienazione della subalternità dell’uomo alle cose‘2, insieme vittime e carnefici nell’immenso progresso scorsoio di cui siamo parte, dovremmo rivendicare l’austerità “come mezzo di giustizia e di liberazione dell’uomo‘3. Inoltre, se la crisi è strutturale, non bastano politiche di rilancio, occorre un nuovo modello di sviluppo.
Richiede un cambiamento culturale profondo, talvolta costoso, ma che già possiamo scorgere nelle pratiche virtuose del ritorno alla terra, nei contratti di solidarietà, nel welfare di comunità, nel costruire progetti di sviluppo locale valorizzando le vocazioni dei territori, nella costruzione di reti sovranazionali, nell’attenzione verso le filiere corte o dei gruppi di acquisto solidale e così via… . Un progetto territoriale ed europeo.
1Enrico Berlinguer, La via dell’austerità. Per un nuovo modello di sviluppo. Edizioni dell’Asino, 2010
2Claudio Napoleoni, Cercate ancora. Editori Riuniti, 1990
3Enrico Berlinguer, La via dell’austerità. Per un nuovo modello di sviluppo. Edizioni dell’Asino, 2010