Costi della politica
5 Agosto 2011Emergenza e tagli, senza prospettive.
13 Agosto 2011La ragione sta nel carattere strutturale della crisi. Se non ci si mette mano, travolgerà le economie nazionali, quelle più deboli come quelle più solide, comunque inadeguate rispetto all’immenso casinò rappresentato della finanziarizzazione dell’economia.
Certo, il mondo della finanza non è il male assoluto, e se regolato è una componente importante del sistema economico. Perché questo è il punto: la dimensione finanziaria ha sempre meno a che fare con l’economia reale, non solo ha smarrito la sua natura tradizionale di supporto dell’economia ma vive di luce propria, piegando l’economia reale fino a farla esplodere. Così, del resto, è avvenuto nel 2008 e anche in quella circostanza la bolla che scoppiò negli USA travolse come un enorme tsunami l’economia mondiale.
Da allora, la situazione si è aggravata con l’emissione sul mercato di una grande quantità di titoli di stato per far fronte ad un crescente debito pubblico. A fronte di una crescita inconsistente, questo non ha fatto che rendere ancora più vulnerabili le economie nazionali e quella italiana in particolare dove, alle vendite reali di titoli pubblici e di azioni di quelle imprese (banche) che hanno a bilancio quantità ingenti di titoli del debito pubblico italiano, si sono sommati processi speculativi, solo attenuati dalla decisione della Banca Centrale Europea di acquistare i titoli di Italia e Spagna.
Il fatto è che l’instabilità è globale, investe la fragilità delle economie nazionali come il carattere perverso della speculazione finanziaria, in particolare per effetto delle vendite allo scoperto (le scommesse sul fallimento) e le operazioni a termine sulle materie prime (scommesse che aumentano il prezzo delle materie prime e mettono in ginocchio l’economia reale). Tutto questo richiederebbe risposte rigorose ed eque sul piano nazionale (e per questo un quadro politico diverso) ed una risposta globale, o quanto meno sovranazionale (europea), per mettere le briglie alla finanza speculativa.
Ma chi ha la forza per una riforma del sistema finanziario? Ci ha provato Barack Obama andando a Wall Street e chiedendo di regolamentare i titoli derivati, ma è venuto via con le pive nel sacco. E tutto è rimasto come prima, tanto che l’ammontare dei derivati sul mercato globale continua a crescere in maniera esponenziale ed ormai è consuetudine che ad ogni investimento finanziario corrisponda l’acquisto di titoli assicurativi (derivati) a coprirne il rischio.
Che fare, dunque? Come può un piccolo territorio cercare di mettersi al riparo dalla tempesta? Con la serietà, il sostegno alle imprese sane, il risparmio, l’oculatezza degli investimenti. In questa direzione muove l’iniziativa che abbiamo intrapreso come Gruppo del PD in Consiglio Regionale con la mozione sulla previdenza complementare PensPlan. Un sistema importante quello messo in campo dalla Regione Trentino Alto Adige – Sud Tirolo che, pur nella turbolenza dei mercati, ha portato al consolidamento di una realtà che, direttamente o indirettamente (grazie a Laborfonds, PensPlan Plurifonds, PensPlan Profi e Raiffeisen), conta su oltre 160.000 lavoratori aderenti, 16.500 datori di lavoro soci ed un volume di masse gestite/amministrate dalle società che fanno riferimento al Progetto PensPlan di quasi 1.800 milioni di euro.
C’è in questa nostra iniziativa una preoccupazione e una proposta. La preoccupazione è che nella bufera finanziaria e in un contesto dominato da fattori che non guardano all’economia reale, gli investimenti del fondo per la previdenza complementare possano risultare inquinati. Di qui la richiesta di maggiore oculatezza verso l’eticità degli investimenti, visto che l’operatività gestionale sui titoli viene fatta altrove (in Olanda, attraverso una delle più grandi agenzie di investimento mondiali), e la rinuncia al ricorso sistematico ai "derivati". Sappiamo bene che definire quale sia nell’attuale contesto finanziario il confine fra l’etico e il non-etico non è facile. Ma al tempo stesso dobbiamo avere piena consapevolezza che, nell’interdipendenza, se un fondo pensione investe sulla catastrofe finanziaria degli altri prima o poi ci rimane sotto.
La proposta investe la necessità che le risorse finanziarie rafforzino l’economia reale del nostro territorio. In un contesto di profondi tagli finanziari e in una prospettiva di "lacrime e sangue" per il bilancio provinciale, ci si deve attrezzare. E allora è necessario che ogni tassello della nostra autonomia sia messo a sistema. Per questa ragione anche PensPlan deve svolgere la sua parte, nell’ambito di una mobilitazione più generale della finanza trentina. Pensiamo in primo luogo alla realtà delle Casse Rurali, che raccolgono il 65% del risparmio di questa terra, ad un istituto come Itas (il soggetto leader nella raccolta assicurativa trentina), alle società di sistema che in questi anni ci siamo dati per l’operatività finanziaria in Trentino. Ed è quello che abbiamo chiesto nella mozione relativamente a PansPlan e ai fondi pensione ad esso collegati, che si studino cioè delle «modalità per creare fondi d’investimento a base territoriale, funzionali ad investire sui settori individuati come strategici per lo sviluppo delle Province Autonome di Trento e di Bolzano».
Quali potrebbero essere è presto detto: la green economy, il settore delle energie rinnovabili e "Dolomiti Energia" (che potrebbe decidere di allargare il proprio assetto societario a forme di azionariato popolare), il sostegno verso le vocazioni economiche delle nostre valli, la ricerca applicata, il sostegno alla riconversione economica indirizzata verso la qualità delle produzioni in settori chiave della nostra agricoltura.
La qualificazione dell’economia trentina (ne abbiamo parlato a proposito della recente legge sugli incentivi alle imprese) è la strada maestra per garantire il sostegno alle risorse dell’autonomia, mentre l’ossessione verso il semplice aumento del Pil rischia di farci accettare ogni cosa, compresa l’idea di finanziare l’economia locale purchessia, anche in assenza di prospettive.
E’ proprio nella direzione di una ri-qualificazione dell’economia trentina che le realtà della finanza locale devono fare rete ed in questo senso il sistema dei fondi della previdenza complementare può mettersi in gioco per sostenere un circuito virtuoso a fronte di un rating positivo che è rappresentato dalla ricchezza (inclusa la coesione sociale) di questa nostra terra.
* Consiglieri regionali del PD