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Finora non abbiamo mai visto né generali né politici né presidenti delle ex repubbliche jugoslave fare una cosa simile (se si esclude il breve periodo all’inizio del XXI secolo in cui al potere erano due politici inclini al dialogo: Ivo Josipović e Boris Tadić), e ora in un documentario apparentemente modesto possiamo ascoltare un dialogo tra tre ex soldati, tre protagonisti di uno stesso microcosmo bellico. E il microcosmo di Maglaj era maledettamente interessante. Prima i serbi avevano combattuto contro i croati e i bosgnacchi, poi i croati avevano combattuto contro i bosgnacchi, e infine i croati e i serbi si erano schierati contro i bosgnacchi. Tutto questo su un fazzoletto di terra. La città di Maglaj subì un assedio da parte delle forze serbe e croate che si protrasse per nove mesi, durante i quali veniva costantemente bombardata.

La scintilla ispiratrice del film

Alen osić, regista e sceneggiatore del film “Maglaj – guerra e pace” spiega come è nato e come è stato accolto questo documentario.

“Il film Maglaj – rat i mir è stato realizzato su iniziativa della missione Osce in Bosnia Erzegovina, dove lavoro come program officer. Ho conosciuto i tre protagonisti del film quando lavoravo come traduttore dall’inglese per le forze dell’Ifor (battaglione danese) che tra il 1995 e il 2004 erano impegnate nell’implementazione dalla parte militare degli Accordi di Dayton sul territorio di Maglaj, Doboj e epe. L’idea del film è nata durante le attività messe in atto dall’Ufficio temporaneo della missione Osce a Maglaj, aperto a seguito delle alluvioni che colpirono Maglaj nel maggio 2014, e durante la collaborazione con i tre comandanti alla realizzazione di alcuni progetti della missione Osce volti alla costruzione della riconciliazione e della convivenza sul territorio dei comuni di Maglaj, Doboj e epe. Con Boro Jevtić, presidente del municipio di Boinja, collaboriamo ormai da qualche anno per favorire il rientro dei serbi a Maglaj; con Marko Jevtić abbiamo collaborato all’epoca in cui era presidente del consiglio comunale di Maglaj per combattere la discriminazione nelle scuole nei comuni di Maglaj e epe, e Rizo Salkić l’ho conosciuto quando lavorava come ufficiale di collegamento responsabile delle operazioni di sminamento umanitario avviate dopo la guerra.

Durante i nostri incontri e momenti di socializzazione spontanei molto spesso abbiamo parlato della guerra sul territorio di Maglaj, delle azioni belliche e delle sofferenze patite da tutte e tre le parti [coinvolte nel conflitto]. Ci siamo spesso recati sulle [ex] linee del fronte e abbiamo parlato delle operazioni militari viste dalla loro prospettiva. Ho pensato: se loro tre – che avevano ricoperto posizioni di alto livello nei rispettivi eserciti, guidando grandi brigate e combattendo l’uno contro l’altro durante i quattro anni di guerra da queste parti – sono in grado di parlare così apertamente, allora sarebbe ottimo riprendere tutto con una videocamera per trasmetterlo agli altri. L’ho proposto ai dirigenti dell’Osce e mi hanno dato il via libera per realizzare questo progetto.

Le prime proiezioni del film a Maglaj e Doboj, organizzate dalla missione Osce in Bosnia Erzegovina, sono state, a mio avviso, gli eventi più partecipati del periodo post-bellico e rappresentano uno dei rari esempi di dialogo sulle vicende belliche vista da tale prospettiva. Le sale cinematografiche a Maglaj e Doboj (Maglaj si trova nel territorio della Federazione BiH e Doboj nell’altra entità del paese, la Republika Srpska) erano stracolme di gente. Successivamente abbiamo organizzato proiezioni del film, seguite da discussioni a cui hanno partecipato i tre protagonisti, anche in altre città della Bosnia Erzegovina, e anche il Centro per la costruzione della pace Karuna usa questo documentario nelle sue attività volte alla costruzione della pace. Il film è stato presentato al Sarajevo Film Festival dello scorso anno. Dopo la presentazione del film ai diplomatici di stanza a Sarajevo e dopo la partecipazione [dei tre protagonisti del film] a una trasmissione sull’emittente televisiva N1, la storia del film e dei suoi protagonisti è stata riportata da Reuters e dal New York Times. Eravamo intenzionati a continuare a promuovere il film e l’idea che sta alla sua base, a presentarlo in tutta la regione, ma anche nei paesi in cui vive una consistente comunità bosniaco-erzegovese. Tuttavia, dopo lo scoppio dell’epidemia di coronavirus, abbiamo temporaneamente sospeso le nostre attività…”.

Le parole dei protagonisti di Guerra e pace

“Noi sappiamo che quella guerra era puro interesse e che in quella guerra la gente comune era una vittima collaterale. Quando è iniziata quella maledetta guerra nessuno di noi pensava che sarebbe potuta durare così a lungo. Pensavamo che sarebbe stata più breve e meno intensa, che non avrebbe portato via così tante vite, che non avrebbe comportato tanta violenza. Quel che è accaduto è accaduto. Molte persone, soprattutto giovani, non sono consapevoli delle conseguenze della guerra. Ne siamo usciti distrutti. Abbiamo perso le nostre famiglie. Molti se ne sono andati dalla Bosnia, e continuano ad andarsene a causa della situazione creatasi [dopo la guerra]. La guerra è guerra. Al massimo il 5-10% della popolazione voleva quella guerra. Gli altri non hanno avuto alcuna voce in capitolo e sono stati semplicemente spinti alla guerra…”. (Rizo Salkić)

“Forse può sembrare un po’ strano sentire una storia in cui tre combattenti induriti dalla guerra e dalle vicende belliche oggi parlano di pace e portano con loro un messaggio di riconciliazione, in tutta la Bosnia Erzegovina, e nella regione. Ognuno di noi deve sentire quella pace nel cuore e nell’anima. Quindi non si tratta di una pace artificiale, così come non è artificiale nemmeno l’amicizia tra noi tre che proveniamo dalla stessa città. È vero che abbiamo combattuto l’uno contro l’altro. Durante la guerra io e Rizo abbiamo combattuto contro Boro. Poi le circostanze sono cambiate e Boro e io abbiamo combattuto contro Rizo, e poi di nuovo io e Boro abbiamo combattuto contro Rizo, e già questa frase rispecchia l’assurdità della guerra…”. (Marko Zelić)

“La guerra è una grande ingiustizia, un’assurdità, una cosa inutile. La gente pensava: entriamo in guerra, spariamo un po’, poi torniamo a casa. Ma quando le persone hanno cominciato a morire, quando abbiamo cominciato a perdere i nostri cari… È la più grande tragedia! Non dobbiamo permettere che accada di nuovo. Noi tre insieme, non è una messinscena. È qualcosa che viene dall’anima. Lo abbiamo fatto perché ne abbiamo sentito il bisogno. Non ci aspettavamo che [il film] avrebbe attirato così tanta attenzione. L’idea era quella di fare qualcosa per la nostra città. Cercare di smuovere la situazione dal punto morto e dire che la guerra non deve accadere mai più. Se dovessimo dare retta ai politici accadrà di nuovo, ma non dobbiamo permetterlo…”. (Boro Jevtić)

Dopo tutto

Tutti noi, rimasti lì o sparsi per il mondo, ormai da anni riceviamo notizie che parlano soprattutto dell’acuirsi delle divisioni su base etnica e religiosa; dell’allontanamento culturale e linguistico; di vari guerrafondai, vecchi e nuovi, e profittatori di guerra, ma anche di quelli che sfruttano ampiamente una “transizione” infinita; della revisione della storia e della glorificazione di quelli che hanno perso la Seconda guerra mondiale; di “eroi” che in realtà sono criminali di guerra; dei media facilmente corruttibili; di nazionalismo e sciovinismo come le principali (e per molti vantaggiose) tendenze politiche e sociali.

In questo contesto, il film “Maglaj, rat i mir” appare come una viva testimonianza del fatto che in Bosnia Erzegovina, e nell’intera regione, la Ragione e il Bene non sono del tutto scomparsi, sono stati relegati in secondo piano, quindi marginalizzati. Mentre guardavo questo documentario mi chiedevo se in qualche modo fosse possibile proiettarlo in tutte le scuole in Bosnia Erzegovina, nella regione e, perché no, in Europa.

Ma forse sto solo fantasticando?

Per concludere cito le parole di Amra Pando, direttrice del centro Karuna che, rincuorata dalle reazioni positive del pubblico presente alle proiezioni del film, ha affermato: “In Bosnia Erzegovina, a quanto pare, esistono due mondi paralleli: uno è quello che vediamo sui media, e l’altro è quello abitato da persone comuni, che passano il tempo nei loro soggiorni, sui loro divani, mangiando grah o pasulj [due termini, croato e serbo, che indicano fagioli]. La prima Bosnia Erzegovina vive nelle assurde e accese polemiche tra le élite politiche decadenti della regione, mentre la seconda chiama con Viber un vecchio compagno di scuola che vive nell’altra entità, o in un altro paese, e parla con lui come non riesce a fare con nessun altro. Dal momento che cerco sempre di sottolineare la coesione che esiste tra i cittadini e le cittadine della Bosnia Erzegovina, e che può essere ulteriormente sviluppata, spesso mi criticano, dicendomi che ‘la realtà è un’altra’. Non so chi vive nella realtà e non pretendo di conoscere alcuna verità superiore, ma mi accompagnano le incredibili storie di cittadini e cittadine bosniaco-erzegovesi che fanno del loro meglio per evitare che gli anni Novanta si ripetano. Forse non hanno una coscienza politica abbastanza sviluppata da poter dare il proprio voto ai politici meno inclini a provocare conflitti; sono sicuramente schiacciati dalla povertà e non sono capaci di percepire il mondo in una prospettiva di lungo termine, né tanto meno sono in grado di separare le loro ansie e paure dalle decisioni che prendono. Tuttavia, nelle piccole città della Bosnia Erzegovina vivono persone calorose che fanno sì che uno straniero, dopo aver ascoltato le loro storie sincere, vi chieda: ‘Com’è possibile che qui ci sia stata una guerra?’”.

* www.balcanicaucaso.org

 

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