Curdi, il dovere della memoria
25 Ottobre 2019Una Politica in stile Kapla
31 Ottobre 2019In quel tempo, con Stefano Semenzato ed altri compagni ed amici, cercammo di mettere in discussione questo schema, affinché la nonviolenza entrasse a pieno titolo in quell’originale pensiero politico che allora immaginavamo per Democrazia Proletaria.
Erano gli anni in cui ero nella segreteria nazionale di DP. Il pensiero nonviolento rappresentava una sorta di eresia, eppure ci provammo. Tanto da costruire sintonie con altri percorsi di impegno umano, sociale e politico. E’ in questo contesto che avvenne l’incontro con Eugenio Melandri. Storie personali molto diverse ma che davano testimonianza di una ricerca comune.
E quando, nella primavera del 1989, proponemmo ad Eugenio di rappresentarci nel Parlamento Europeo venni incaricato di parlarne con lui. Eugenio mi chiese se ci rendessimo conto di quel che gli stavamo proponendo. Candidare alle elezioni europee per lui avrebbe significato disobbedire ad una regola del diritto canonico ed andare incontro, almeno in caso di elezione, alla sospensione a divinis. Insieme, avrebbe comportato un ripensamento globale della propria vita. Ma in quel momento per padre Melandri quella scelta significava esplorare un terreno nuovo di evangelizzazione, la politica e le istituzioni. Dopo un non facile travaglio interiore, Eugenio decise che quella sarebbe stata la sua nuova frontiera.
Quello fu un passaggio piuttosto delicato anche per me. Mentre chiedevo ad Eugenio di fare una scelta che gli avrebbe cambiato l’esistenza, mi resi conto che per il mio impegno in DP nazionale il tempo era scaduto. La progressiva polarizzazione fra le sue principali componenti politico-culturali, quella arcobaleno e quella neo-comunista, andava vanificando quel lavoro di sintesi progettuale originale nella quale credevo e per la quale con i compagni trentini (e non solo loro) ci eravamo impegnati. Personalmente poi mi trovavo in una condizione particolare, lo svolgere un ruolo di forte responsabilità come la direzione dell’organizzazione senza più condividere le scelte che il partito andava assumendo. Così decisi di dimettermi e di rientrare in Trentino.
Devo dire che in seguito mi sono trovato più volte ad interrogarmi sulla leggerezza con cui, a partire da un ruolo di responsabilità che ci troviamo a svolgere, interagiamo con la vita delle persone. Sentimento che ho avvertito con nitidezza anche nei mesi scorsi di fronte al forte desiderio da parte di Eugenio di rientrare nella Chiesa, reintegro che divenne realtà poco più di un mese fa.
Di certo la vita di Eugenio cambiò. Ricordo che ne parlò pubblicamente già nella conferenza stampa con cui presentammo a Trento la sua candidatura nella circoscrizione del nord est. Divenne parlamentare europeo. Poi facemmo scelte diverse e le occasioni per incontrarci divennero più rarefatte. Qualche evento o manifestazione nazionale, ma nel trascorrere del tempo (e delle nostre vite) anche il mio sguardo sul mondo della pace divenne forse più esigente, certamente più critico.
Nel corso di questi anni ho continuato a seguire le attività e il pensiero di Eugenio, ma solo sui social. Ora di questa distanza provo rammarico. Mi sarebbe piaciuto riannodare pensiero ed esistenze, ma di questo ce ne rendiamo conto solo quando il nostro delirio di infinito s’infrange con la realtà.
“La vita è adesso” amavi scrivere nei tuoi post prima di andartene. La vita è adesso, caro Eugenio, anche mentre ti penso e provo a scrivere queste parole pensandoti come quando ti ho conosciuto. Un forte abbraccio. (m.n.)