Senza limiti
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13 Ottobre 2020I contenuti. L’emergenza sanitaria e le altre crisi del nostro tempo
L’emergenza non è solo sanitaria. Covid-19 rappresenta anche un’opportunità per aprire gli occhi, e trovare soluzioni: alla crisi climatica e ambientale, alla crisi economica generata da un modello di sviluppo fondato sull’insostenibile crescita infinita, che alimenta l’ingiustizia sociale e l’iniqua distribuzione della ricchezza; all’esclusione di ampie fasce della popolazione dai diritti fondamentali; al dramma dei migranti…
Il sistema alimentare è stato segnato in profondità dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria globale. Gli impatti sull’offerta e sulla domanda di cibo stanno influenzando direttamente e indirettamente tutti e quattro i pilastri della sicurezza alimentare: disponibilità, accesso, utilizzo e stabilità. La pandemia si è trasformata da crisi sanitaria in crisi alimentare.
La situazione in cui viviamo oggi è per certi versi inedita, mentre per altri non fa che rimarcare quel che sapevamo da tempo. Covid-19 ha determinato una crisi sanitaria senza precedenti ma, allo stesso tempo ha sottolineato la gravità della crisi ambientale che stiamo attraversando, rendendo ogni giorno il pianeta più fragile e acuendo le nostre stesse fragilità. Approcciare correttamente la crisi, agire subito e con i mezzi adeguati è l’unica strada che abbiamo per cambiare paradigma, per scegliere un nuovo modello di sviluppo, per modificare il rapporto tra uomo e natura. Per determinare il futuro.
La strada della biodiversità
Abbiamo la risposta, e si chiama “biodiversità”. Come è possibile nutrire il pianeta garantendo a tutti un cibo buono, pulito e giusto? Come possiamo impegnarci per invertire un modello di sviluppo che genera disastri ambientali e sociali, erodendo il capitale naturale? Secondo Slow Food l’unica strada è ripartire dalla biodiversità in tutte le sue accezioni: dal livello invisibile dei batteri a quello delle specie, dei saperi e delle culture. La nostra proposta è più che mai attuale e urgente.
Per portarla avanti, riteniamo che Terra Madre, come ce la siamo immaginata, sia necessaria. Sarà l’edizione più grande di sempre: per numero di paesi coinvolti, di partecipanti, per quantità di “azioni per il cambiamento” che verranno messe in campo da centinaia di migliaia di attivisti in tutto il mondo.
Dopo i sei mesi del percorso di evento saremo profondamente cambiati, avremo assunto più consapevolezza del nostro potenziale e saremo diventati più incisivi sul futuro del cibo in ogni angolo del pianeta. Entreremo in una nuova dimensione di Slow Food e dell’evento e trasformeremo la tragedia della pandemia nella più grande spinta al cambiamento della nostra storia.
Una nuova geografia per leggere la realtà
Non dobbiamo più considerare la terra come una mappa piatta su cui tracciare confini, uno spazio da conquistare, gestire, controllare, percorrere nel minor tempo possibile. Nella nuova geografia di Terra Madre la terra è un globo fatto di suoli, acqua, aria, luoghi e relazioni: fra donne e uomini, fra specie (fra esseri umani, animali, piante), fra comunità.
Non c’è solo la dimensione orizzontale, ma anche quella verticale (l’altitudine), che diventa la più importante. I confini politici (stati e regioni) passano in secondo piano, e puntiamo l’attenzione sugli ecosistemi. Analizziamo le fragilità, i problemi, le soluzioni e le opportunità, non in quanto italiani o francesi, ugandesi o argentini, ma in quanto abitanti di montagne, colline, pianura, isole, città…
Terre alte
La cura del territorio come opportunità per riattivare le economie locali. Nelle Terre alte sono protagonisti i prodotti delle aree montane e collinari: i mieli di montagna e i formaggi da erba, ma anche i tuberi e le radici (dalle patate andine alle rape), i legumi e i cereali di montagna (i ceci, l’amaranto, il teff) e i pani prodotti in quota (con farina di segale, di farro), e ancora le erbe selvatiche, le castagne, le mele, l’agave dell’altopiano messicano, i caffè.
Mostriamo come i sistemi di gestione e cura del territorio (terrazzamenti, alpeggi, gli andenes in Perù, la milpa messicana) rappresentino un’opportunità per riattivare le economie locali e una risposta a problematiche diffuse, quali lo spopolamento, il dissesto idrogeologico, la crisi delle produzioni agricole e della pastorizia.
Terre d’acqua
Il benessere dell’ecosistema passa dalla constatazione che oceani, mari, acque interne e risorse idriche sono un bene comune. Appartengono a tutti, e tutti dobbiamo prendercene cura. Nelle Terre d’acqua portiamo i progetti di pesca sostenibile – dal Mediterraneo ai Mari del Nord ai Caraibi – e per la tutela del mare, degli oceani e delle acque interne. E allarghiamo lo sguardo ai sali, gli oli, le alghe e, ovviamente, il riso che è la coltura acquatica più importante.
Mettiamo al centro la riflessione sull’acqua e sugli oceani intesi come beni comuni a rischio e la necessità di tutelarli sviluppando aree protette, valorizzando il lavoro delle piccole comunità costiere, ma anche mostrando come tutti dovremmo occuparci della sua salute, impegnandoci a non inquinarla e a non sprecarla.
Terre Basse
L’ecosistema in cui si affrontano due sistemi di produzione nettamente contrapposti. Da un lato, le monocolture e gli allevamenti intensivi; dall’altro le fattorie diversificate e di piccola scala, simbolo di rigenerazione.
Nelle terre basse l’agroecologia viene proposta come soluzione al dilagare dell’agricoltura intensiva, alle monocolture, alla desertificazione e ai problemi connessi. Al tempo stesso, la riduzione del consumo di carne e la promozione di un allevamento sostenibile e attento al benessere animale sono l’alternativa che Slow Food propone agli allevamenti industriali e alla deforestazione.
Terre e città
Un ecosistema equo e inclusivo, dove l’informazione e la consapevolezza dei cittadini possono fare la differenza. Terre e città è un ecosistema che non può mancare nella nostra rappresentazione, per il semplice fatto che oggi più della metà della popolazione mondiale vive in aree urbane e che questa percentuale è destinata ad aumentare ulteriormente.
Se da un lato le città sono fra le principali responsabili della crisi climatica, dall’altro possono diventare le principali fucine per l’innovazione, sperimentando nuovi modelli di convivenza e sviluppo, promuovendo politiche integrate del cibo volte a mitigare gli effetti ambientali e orientare i consumi collettivi.